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24 settembre 2022 – Abbiamo perso Estica, la nostra Anna Frank a lieto fine

Alle soglie del Capodanno ebraico di questo 5782, anno  2022 dell’era cristiana,  abbiamo perso un’altro testimone della Shoah e della persecuzione antiebraica.   La piccola “Estiza” fuggita a 13 anni da Zagabria e portata da una signora a Trieste e poi a Rovigo, fino a raggiungere gli zii a Costa di Rovigo per sfuggire a deportazione ad Auschwitz, è mancata sabato 17 settembre.
Come Anna Frank ma a lieto fine, dopo aver trascorso un anno e mezzo a Costa di Rovigo come internata ebrea straniera,  era fuggita ancora dopo l’8 settembre 1943 e ed era stata  nascosta a Pontemanco (Due Carrare in provincia di Padova) in una soffitta a casa della famiglia Brunazzo.  Nella soffitta era riuscita a nascondersi con gli altri sei familiari fino al 27 aprile 1945.
A guerra finita, senza genitori (la madre uccisa ad Auschwitz e il padre partigiano disperso)  e ormai adolescente, aveva preso in mano la sua vita scegliendo l’emigrazione in Palestina e vivendo nel kibbutz Mehravia una vita serena e operosa anche se in un paese entrato subito in guerra e diventato Israele.
Dopo molti anni, grazie all’amore dei figli e dei nipoti, era stata portata a ripercorrere le tracce della sua vita in Europa incrociando così la ricerca di Luciano Bombarda sull’internamento libero degli ebrei stranieri in Polesine.

La ricostruzione delle vite degli ebrei internati in provincia di Rovigo aveva messo insieme le tessere di un mosaico che riportò Estica Danon Ayalon a Costa di Rovigo nel 2007 in una commossa rievocazione delle sue avventure.    Ci piace riportare il commiato di Reuma Harpaz la figlia che l’ha accompagnata nel suo viaggio a ritroso.

“Mia madre ha chiuso gli occhi e ha detto addio al mondo. Nata a Zagabria figlia unica con un’infanzia felice fino a 11 anni e poi fuga con  sconosciuti e senza genitori in una terra straniera piena di guerra e sopravvivenza annegata in ogni cellula del suo corpo.  E poi Aliàh, kibbutz, lavoro, matrimonio, nuova vita. E arrivammo noi tre figli, una piccola famiglia tutta sua che era tutto il suo mondo. Mia madre ci ha insegnato cos’è la saggezza della vita, donare e amore incondizionato, accettare l’altro, felicità e tristezza, soddisfazione delle piccole cose della vita, amore umano e aiuto del prossimo, compassione, semplicità, modestia, calore e al posto dell’ invidia tanta sensibilità. Pezzi di parole in jugoslavo,  deliziosi e confortanti cibi casalinghi, canzoni in ladino e italiano…
Cara amata donna riposa in pace insieme a mio padre.   (Reuma Ayalon Harpaz)

Immagini di Estica al lavoro nel kibbutz Merhavia e con la famiglia

Un abbraccio da tutti coloro che l’hanno conosciuta e hanno conosciuto l’umanità della sua famiglia è doveroso.
E che si abbracci anche con Luciano, Shlomo, Itzak e tutti gli altri amici del Fiume purtroppo scomparsi.

Agosto 2009 incontro a Merhavia di Luciano Bombarda, Estica e Chiara Fabian

 

La fatica di pubblicare un libro parte seconda

luciano bombardaAbbiamo scelto di pubblicare il libro sulla storia della famiglia dei Buchaster, ebrei polacchi internati a Costa di Rovigo durante gli anni dal ’41 al 44 perché è una storia epica ed esemplificativa.
Epica perché è l’epos di una famiglia ebrea perseguitata dai nazifascisti che ha avuto un fine tragica ma anche la capacità di sopravvivere gettando il proprio seme in una terra nuova nella quale è fiorito e ha dato nuova vita.
Esemplificativa perché attraverso le sue peregrinazioni ci ha consentito di ripercorrere le tappe e approfondire la storia della persecuzione degli ebrei di matrice fascista prima che nazista.
Scrivere è stato il momento finale di un lavoro che ha appassionato un gruppo di amici ma che, attraverso l’Associazione il Fiume, ha collegato tre continenti, Europa, Asia e Nord America.
Pubblicare ha significato allargare ancor più il cerchio e mettersi in gioco coinvolgendo oltre agli amici anche gli amici degli amici.
Questo coinvolgimento a cerchi come dal sasso gettato in acqua è avvenuto utilizzando la raccolta fondi allargata cosiddetta del crowdfunding (finanziamwento collettivo) attaverso un sito (kapipal) ed una pubblicizzazione con social media ed una pagina dedicata su facebook chiamata “Aiuta il Fiume raccontare la storia dei Buchaster”.
Fra pochi giorni abbandoneremo la pagina perché abbiamo stabilito di terminare la raccolta il 16 dicembre 2014 una data importante per gli amici del Fiume.
Vogliamo rendere significativa la chiusura di questa raccolta fondi che ha messo in gioco tutti noi e ci ha avvicinato a tantissime persone conosciute ma a moltissime sconosciute.
Al termine della raccolta pubblicheremo in una sezione speciale del sito tutti i nomi dei donatori ai quali andranno le ricompense previste ma la nostra grande riconoscenza.

Gli internati a Fiesso Umbertiano

Il nucleo familiare degli SCHLOSS proviene dalla Germania, è di nazionalità tedesca ed è composto dal padre, Hermann, figlio di Bernard e di Teresa Hirschberg, nato a Norimberga, in Baviera, il 19 agosto 1884; dalla madre, Lilli Sander detta Babette, figlia di Alfredo e di Emma Kahn, nata ad Augusta, in Baviera, il 13 marzo 1892; e da un unico figlio, Hans Werner, nato a Francoforte sul Meno, in Assia, il 26 novembre 1921. 

herman schlossFuggono dalla Germania nel 1938, probabilmente usufruendo degli ultimi permessi di emigrazione di cui possono ancora avvalersi gli ebrei sotto il nazismo.

Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, gli Schloss subiscono le conseguenze delle Leggi razziali promulgate dal fascismo nel 1938 e da Milano, loro prima tappa in Italia, vengono internati nel più grande campo di concentramento italiano, a Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza, il 9 agosto 1941.

Dal campo di concentramento calabrese vengono trasferiti al domicilio coatto presso il Comune di Fiesso Umbertiano il 28 novembre del 1941, dopo che il Podestà aveva tentato di dissuadere la Prefettura lamentando la mancanza di alloggi.

La famiglia Schloss è in condizioni di indigenza, il padre ha diversi problemi fisici e richiede spese mediche che assorbono il modesto sussidio concesso dal ministero, così vivono in un appartamento in cui anche gli arredi sono forniti dal Comune.

Nel 1942 gli Schloss iniziano a percepire la diaria, quel sussidio giornaliero che lo Stato paga agli internati per la sopravvivenza, 8 lire per ogni uomo adulto, 5 lire per ogni donna, 3 per ogni bambino e 4 per ogni figlio adulto che conviva con il nucleo familiare di appartenenza, anche se Werner, diventato maggiorenne il 26 novembre 1941, avendo compiuto i 21 anni, dovrebbe avere diritto al sussidio da adulto, la diaria così modificata non arriva, nonostante la richiesta venga ripresentata più volte, il 4 dicembre 1942 e ancora il 21 gennaio 1943.lily sander schloss

Fortunatamente, Werner riesce a ottenere il permesso di poter lavorare, richiesta inoltrata il 23 luglio 1942 ed esaudita il giorno dopo. Così dal 24 luglio 1942 inizia a fare il levigatore di piastrelle in una ditta del paese. L’autorizzazione al lavoro rispetta le disposizioni emanate dal questore Lazio che il 14 luglio 1942 comunica a tutte le Province di autorizzare che gli internati ebrei lavorino “purché ciò non danneggi la mano d’opera locale” e senza superarne il salario, “onde evitare che i predetti trascorrano nell’ozio il periodo di confino o dell’internamento…“.

Intanto gli Schloss si sono trasferiti dalle due stanze in centro di Fiesso Umbertiano alla campagna circostante, e sono alloggiati presso la casa colonica della famiglia Bombonati.

Il nucleo familiare dei Bombonati è composto da due fratelli, Mario e Aldo, e dalla moglie di uno dei due. Gli Schloss e i Bombonati diventano amici e quei mesi trascorsi insieme sono di serenità per gli Schloss, che nel frattempo cercano di far avere loro notizie e chiedere aiuto a qualche parente lontano.

Attraverso la Croce Rossa, Lilli Sander riceve una lettera del fratello dall’Ohio, ma riesce solo a comunicare che sono in buone condizioni e nient’altro (settembre del 1942).

Dopo il fatidico 8 settembre la famiglia non fugge, non ha evidentemente la percezione del pericolo e così, un paio di mesi dopo, ‘8 dicembre 1943, Hermann, Lilli e Werner Schloss vengono arrestati e portati nelle carceri di Rovigo, dove rimangono fino al 22 giugno del ’44.
In carcere, Werner si presta a fare da scrivano per i compagni che non sanno scrivere in italiano, e la sua calligrafia dà voce alle parole di tutti. Lui stesso intraprende una corrispondenza con Mario Bombonati, e nelle sue lettere leggiamo che domanda i sandali, del cibo semplice, pagnotte, cipolline, formaggio, qualche indumento, le poche cose che i fratelli Bombonati potevano racimolare per aiutare quanto possibile l’amico incarcerato e anche gli altri.

werner schlossIl 25 giugno 1944 Werner scrive per l’ultima volta ai Bombonati: la lettera arriva dal campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, in Emilia: “Tra poco partiremo per ignota destinazione…” ,  Werner e i suoi genitori sono arrivati a Fossoli il giorno prima, il 24 giugno 1944, e partono per Auschwitz il giorno dopo, il 26 giugno 1944, con il convoglio 13 (secondo la convenzione numerica dell’ordine dei convogli stabilita dalla professoressa Liliana Picciotto della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea).

Ad Auschwitz, Hermann, il padre, molto debilitato, viene ucciso subito; della madre Lilli non si conosce la sorte ma si può presumere.

Werner, il figlio, supera la prima selezione e gli viene assegnato il numero di matricola A15812. Sopravvive tre mesi. Viene ucciso il 30 settembre 1944; probabilmente durante una specie di decimazione che le SS compiono sugli internati, contando i prigionieri fino a cinque e sparando al quinto.

Fiesso Umbertiano viene liberato dai nazifascisti dalle truppe inglesi nell’aprile del 1945.