“FOR FERRAMONTI” LA RETE DEGLI STORICI PER IL CONVEGNO INTERNAZIONALE SUL CAMPO DI CONCENTRAMENTO FASCISTA DI COSENZA

il tavolo dei relatori

“Uno strano posto fu Ferramonti. E nessuno di tutti coloro che sono stati laggiù lo ha mai dimenticato. Per ognuno naturalmente fu qualcosa di diverso, per ognuno il “proprio Ferramonti” ebbe un aspetto diverso. Per me Ferramonti fu un pezzo di vita vissuta. Fu la mia università. Mai, né prima né dopo, ebbi l’occasione di osservare e conoscere le persone così a fondo e così da vicino”   (Nina Weksler, “Con la gente di Ferramonti. Mille giorni di una giovane ebrea in un campo di concentramento”, Editoriale progetto 2000).

Quello di Ferramonti d Tarsia, paesino di poca rilevanza in provincia di Cosenza, è stato un campo paradigma di come si diversificasse la persecuzione razziale in Italia rispetto alla Germania,  un campo che, senza gli approfondimenti della Fondazione Ferramonti, nata nel 1988, rischiava di alimentare la mitologia degli “italiani brava gente” e allontanare nel tempo il lavoro storico di analisi sul fascismo e il suo rapporto con la shoah.

Il convegno cui hanno partecipato nomi storici della storiografia sul periodo 1940-1945 in Italia quali Spartaco Capogreco, Klaus Voigt, Liliana Picciotto ai quali si sono aggiunti i contributi di Mario Toscano, Università di Roma, Luigi Maria Lombardi Satriani, Università di Napoli, James Walston, Università Americana di Roma, Metka Gombac, Archivio di Stato Sloveno di Lubjana e molti altri, ha messo in risalto come da Ferramonti siano scaturiti ricerche ed approfondimenti su temi diversi affidate sia alla storiografia ufficiale, che a quella non ufficiale affermatasi negli ultimi decenni in Italia.

Ecco che allora diventano fondamentali i contributi di Anna Pizzuti, autrice di un poderoso database sugli ebrei stranieri internati in Italia (www.annapizzuti.it), di Mario Rende studioso di Ferramonti, di Gianni Orecchioni autore di ricerche sui campi in Abruzzo, di Paolo Veziano, esperto delle espulsioni dalla liguria e, non ultimi anche noi dell’Associazione il Fiume, con la ricerca sulle famiglie ebree straniere internate a Rovigo e provincia.

Nel “laboratorio Ferramonti” si sono sviluppati studi su come vada trasmessa la Memoria a fronte di una banalizzazione della shoah che si registra spesso per il necessario fiorire di iniziative, non sempre supportate da preparazione adeguata, sotto l’urgenza della “Giornata della Memoria”.
miriam meghnagiMiriam Meghnagi, interprete della musica yiddish ma anche ricercatrice delle tradizioni musicali sefardite del nord africa, ha sottolineato interpretando alcune intense canzoni il passaggio tra gli interventi del mattino e quelli del pomeriggio.

Sempre dall’esempio di Ferramonti e a seguito del restauro di parte del campo, si è passati a interrogarsi su come si possa evidenziare l’importanza storica dei luoghi trovando una loro giusta conformazione che non sia né la trascuratezza dell’abbandono, né la loro trasformazione in villaggi del turismo della memoria.  La riflessione è importante in un panorama generale in cui, la mancanza di approfondimento storico, rischia di legittimare memoriali come quello di Affile (FR) al generale Graziani, che utilizzò i gas contro le popolazioni dell’Africa occupata, che stanno sullo stesso piano del Museo Virtuale di Ferramonti, ricco di contenuti saccheggiati dal lavoro altrui, o di partenariati millantati e non reali.

Entrambi i casi, realizzati con ampio dispendio di contributi pubblici, non aiutano certo le giovani generazioni a mettere ordine con conoscenza di causa tra vicende storiche che hanno dato origine alle attuali istituzioni italiane ma anche a quelle europee.  Questo conferisce particolare merito ad iniziative come questa che la Fondazione Ferramonti ha realizzato senza fondi pubblici, ma con la sola forza della passione di chi vive la storia come un dovere civile.