Lo spirito della legge voluta nel 2004 ha lo scopo di “commemorare le vittime delle foibe, l’esodo dei cittadini di Istria, Fiume e Dalmazia e la complessa vicenda del confine orientale”.
In sintesi si ricordano sempre gli italiani infoibati ossia uccisi e gettati nelle profonde cavità carsiche quando le sorti della seconda guerra mondiale si sono volte al peggio per le forze dell’Asse Germania e Italia e soprattutto quando le forze alleate e i partigiani Jugoslavi hanno raggiunto e conquistato i territori che erano sotto dominio fascista. Lo sguardo si allarga poi all’esodo delle popolazioni costiere italiane che dovettero scegliere se rimanere nella Jugoslavia di Tito e accettare di cambiare lingua e regime o rifugiarsi in Italia che raggiunsero come profughi. Alla fine si fa cenno alle complesse vicende del confine orientale.
Come invece non partire dalle complesse vicende del confine orientale e poi analizzare quello ne fu la conseguenza?
Lo abbiamo fatto con storici come Fabio Todero (2013) , Sandi Volk (2010), Alessandra Kersevan (2011), Federico Tenca Montini (2023), Stefan Cok (2024) e negli anni in cui non era ancora perseguitato per le sue puntualizzazioni sulle foibe ma aveva già scritto testi sulla occupazione italiana dei Balcani, Eric Gobetti.
Ma soprattutto abbiamo sentito più volte e portato con noi nelle scuole, il prof. Boris Pahor letterato triestino ma di cultura slovena. che nelle sue opere ha illustrato il clima delle terre in cui il fascismo si espresse nei termini più duri.
Abbiamo anche fatto conoscere ai ragazzi delle scuole la storia degli esuli attraverso il libro sotto forma di graphic novel di Caterina Sansoni e Alessandro Tota, “Palacinche”.
Recentemente, per restare nel nostro territorio, abbiamo incontrato casualmente nella lettura del testo di Gino Bedeschi sulla Repubblica Sociale nel Polesine, una frase estrapolata dalla corrispondenza di un soldato polesano* impegnato nelle retrovie del fronte jugoslavo, che ci ha illuminato ancor più su questo tema.