Riprendiamo e divulghiamo un articolo scritto dalla giornalista Nicole Corritore sul sito dell’Oservatorio Balcani e Caucaso, un bel sito che giornalmente tiene informati sulle vicende culturali, politiche e sociali dell’area calda nel cuore dell’Europa e ai confini con l’estremo Est. Nell’articolo si parla di Prijedor una cittadina tra Zagabria e Mostar in cui solo 20 anni fa si è consumato uno dei tanti massacri della guerra nell’ex-Jugoslavia.
“Il 31 maggio del 1992 le autorità di Prijedor obbligano tutti i cittadini non serbi a segnare le proprie case con una bandiera o uno straccio bianco. Fuori di casa sono obbligati a portare al braccio una fascia bianca. Nei mesi che seguono migliaia di cittadine e cittadini di Prijedor vengono rinchiusi nei lager. I giovani della società civile bosniaca li ricordano con l’iniziativa “Perché mi riguarda”
Durante la guerra vengono rinchiusi nei lager di Prijedor 31.000 civili, 3.173 vengono uccisi e 53.000 persone sono vittime di persecuzione e deportazione. “Ventuno anni dopo, alle vittime di Prijedor non è ancora riconosciuto il diritto alla memoria. I loro diritti riguardano tutti noi”, è la scritta che campeggia nel video-messaggio di Miroslav Živanović, come di molti altri giovani che hanno aderito all’iniziativa “Jer se mene tiče”.
“Il 31 maggio 2013 saremo a Prijedor per celebrare la Giornata delle fasce bianche. “Perché ci riguarda”, è il messaggio conclusivo delle testimonianze postate sul profilo Facebook dell’iniziativa e che ha fatto non solo il giro della rete, ma anche dei media bosniaci.
“L’iniziativa Perché mi riguarda ha richiesto al sindaco di Prijedor di poter celebrare il 31 maggio la Giornata internazionale delle fasce bianche, per lanciare all’Europa il messaggio che questa è una città in cui si nega il genocidio nonostante durante la guerra siano state tantissime le vittime civili” scrive il media bosniaco Blic. “Il segretario del gabinetto del sindaco, Dragutin Rodić, ha risposto che a Prijedor non è stata perpetrata alcuna violenza e che continuare a insistere su questo significa minare la sicurezza in città”, conclude Blic. Ne segue l’appello. “Partecipate, affinché possiate dimostrare la vostra solidarietà alle vittime delle violenze di massa perpetrate in questa città, come in tutta la Bosnia Erzegovina. In modo che con la vostra presenza, e indossando una fascia bianca al braccio, possiate dire che non condividete alcun tipo di segregazione o altre forme di discriminazione”. (N.C.)
In tempi di negazionismo si riesce a negare anche i fatti più vicini e documentati da reportage e testimonianze. La volontà di pacificazione non può mai prescindere dalla conoscenza e dall’ammissione dei fatti o dei misfatti che sono stati compiuti, altrimenti la pace sarà sempre traballante.