Giornata della Memoria 2012- Il lungo percorso de Il Fiume

In queste sere nebbiose d’inverno, il cammino della Memoria è ripreso con tanti piccoli e grandi incontri che, per smentire l’appunto sentito talvolta sulla Giornata della Memoria, per “Il Fiume” non sono solo una giornata nel corso di un’ anno.

E’ toccato a Ficarolo aprire le giornate di conoscenza, grazie all’intervento  nelle scuole medie, di Maria Pia Bernicchia che ha presentato la vicenda dei “20 bambini di Bullenhuserdamm”, sacrificati dai Nazisti per esperimenti medici di dubbia utilità, e dei quali la ricercatrice di Verona ha indagato la sorte con passione materna. 

il rabbino Caro Il rabbino di Ferrara Luciano Caro, con la verve e la vivacità che lo contraddistinguono, ha invece intessuto con i ragazzi della Scuola Media San Bonifacio di Rovigo, un dialogo sul pregiudizio di grande efficacia.

A Polesella, la dottoressa Francesca Panozzo, ha fatto una carrellata sul percorso che ha portato dalle leggi razziali, e quindi dalla perdita dei diritti civili della popolazione ebraica italiana, alla Shoah che non ha risparmiato né gli ebrei stranieri rifugiatisi in Italia negli anni ’30, né gli inconsapevoli ebrei italiani, spesso appartenenti al Partito Fascista fin dalla prima ora.

Appuntamento importante con la scrittrice Daniela Padoan, che ha presentato a Costa di Rovigo, nella biblioteca “M. Buchaster” il suo libro, Come una rana d’inverno (ed. Tascabili Bompiani), intervista a Liliana Segre, Goti Bauer e Giuliana Tedeschi, tre donne internate ad Auschwitz e sopravvissute, ciascuna col proprio portato speciale di esperienze ed emozioni.
La “shoah delle donne” non è meno dura di quella degli uomini, semmai è diversa e sicuramente più ricca di sfumature, che segneranno le sopravvissute per tutta la loro vita, e che solo una grande sensibilità dell’intervistatrice, può aprire e mettere a nudo.

La narrazione ha bisogno delle domande solo come sostegni formali, eppure tutto è fuorché un monologo. E’ piuttosto un serrato dialogo con il silenzio dell’altro, il silenzio parlante di colui che ascolta. Senza la domanda muta – quella domanda che non può essere contenuta nelle misere formulazioni di un’intervista (come non vergognarsi ogni volta che si nomina l’innominabile, quello che non avrebbe mai dovuto essere?)- il racconto non va avanti. Il narrante chiede un’autorizzazione  all’altro che ascolta e al tempo stesso ne saggia ad ogni passo l’affidabilità o, per meglio dire, la decenza.”

Però bisogna esserci e chiedere. E’ stata l’assenza di domanda a tenere le donne confitte nel silenzio, per tanti anni(“Come una rana d’inverno”)

La bellezza dell’intervento di Daniela Padoan sta molto in questa analisi dell’approccio al testimone che è ben descritta nella parte conclusiva del suo libro, ma anche in molti momenti della sua conversazione con il pubblico.  Per avvicinarsi alla drammaticità della Shoah, ci vuole disposizione d’animo di chi ascolta, volontà di “fare spazio dentro di sé” per accogliere l’altro e il suo strazio.

Non facile emozione, dunque, e non solo lucidità dello storico, come approccio alla Shoah, ma anche una terza via, quella del rispetto e dell’affetto verso chi è sopravvissuto, per una sorta di risarcimento morale mai conclusivo.

E’ la via del Fiume, che in questi anni di ricerche ha cercato di trovare un modo giusto per confrontarsi con l'”enormità del male”, grazie all’aiuto ed al contributo di tutti gli ospiti che man mano si sono avvicinati e avvicendati ai nostri incontri.