Febbraio 2014 – Far conoscere la storia, insegnare la “memoria”

sara valentina“Se questo è un bambino. Infanzia e Shoah” è la domanda retorica da cui prende inizio, mutuando il famoso titolo di Primo Levi, il libro e l’insieme di incontri che Sara Valentina di Palma, giovane storica che si occupa fin dalla tesi di shoah e bambini, ha condotto nelle scuole medie di Ficarolo, Melara e a Stienta.

Grazie alla sua relazione i ragazzi hanno conosciuto come i loro coetanei, nei regimi nazista e fascista, abbiano subito privazioni, violenze e siano stati mandati a morte.

La capacità della storica ha condotto il pubblico attraverso gli orrori della persecuzione dei bambini, senza che fossero i dettagli violenti ad emergere. Per capire la shoah non serve esagerare i numeri o descrivere l’orrore nei dettagli, meglio far emergere come una società evoluta ha potuto concepire la messa al bando di indivudui innocui fino alla loro distruzione. L’obiettivo è quello di far pensare i ragazzi, dare loro gli strumenti per un pensiero autonomo non pilotato da propaganda o opinioni non suffragate da documenti certi.

Certo la miriade di manifestazioni più o meno approfondite e la superficialità con cui vengono diffuse nozioni, spesso confuse o imprecise, non aiuta ad ottenere gli obiettivi di chi in Europa, oltre che in Italia, intende preservare e diffondere la conoscenza della storia recente.  In Italia in particolare, per una sorta di legge del contrappasso, ad una memoria della “shoah” deve seguire il ricordo delle “foibe” .  Ad una celebrazione dei martiri della violenza nazista, perchè quella fascista viene spesso tenuta sottotono, deve subito corrispondere una celebrazione dei “martiri della violenza comunista

costa di rovigo

Ed ecco che con analoghe e numerose manifestazioni, si parla di fatti in cui le vittime, spesso appartenenti a gruppi etnici diversi presenti nei territori del confine orientale, sono state uccise in momenti diversi e per motivi diversi ma si sovrappongono le une alle altre. 

Spesso le storie delle prime celebrazioni si mescolano a quelle delle seconde con l’unico risultato di metter tutto sullo stesso piano in un processo di omologazione che non produce niente di buono. Anche la stretta successione temporale che la legge ha previsto per le due giornate non aiuta a far chiarezza. 

Un’assessore della Lombarda si è lamentata, nei giorni scorsi, dei troppi soldi spesi per parlare di shoah.

Se per qualcuno ogni giornata del calendario è occasione per trovare un lavoro che altrimenti non c’è, non crediamo che sia lo scopo dei più.  Sull’affermazione in sè potremmo, anche,  essere daccordo se attenzione si facesse su tutto quel che si spende per “propaganda”.

Quando si fa storia, e soprattutto in modo appropriato, i soldi spesi non sono mai troppi, e sull’utilità di fare storia abdicheremo il giorno che negli stadi, sui muri, nelle dichiarazioni dei politici di tutta Europa il “daglie all’ebreo” non sarà più il facile leitmotiv quando mancano le parole per comunicare ma soprattutto i concetti da esprimere.

M.Chiara Fabian