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8 marzo 2014 – La donna del fiume

josefa idem

josefa idem

 

 

 

 

 

 

 

Sara’ perchè Josefa Idem ha trascorso la maggior parte della sua vita a pelo dell’acqua del fiume, sarà perchè è una donna completa, olimpionica, moglie, mamma e parlamentare.

 

Sarà perchè Luciano Bombarda l’ha inseguta per due anni ma un impegno diverso ogni volta l’aveva tenuta lontano, sarà per questo e tanto altro che l’8 marzo del Fiume quest’anno verrà festeggiato con Josefa Idem. 

 

La canoista, per otto volte presente alle olimpiadi con un medagliere di tutto rispetto, è un esempio di come una donna possa impegnarsi su più fronti e riuscire bene in tutti per la sua caparbietà e determinazione.

 

la sua figura è anche un esempio di come le cose fatte insieme, tra uomini e donne, siano quelle che riescono  meglio. Lei a pagaiare mentre il marito la supportava nell’allenamento e nei compiti della crescita dei figli, in una intercambiabilità dei ruoli che è il segreto alla base delle società evolute. 

La sua carriera sportiva è straordinaria per durata e risultati. Esaltante ma allo stesso tempo molto sofferta perchè non sono mancate le “cadute” nell’acqua e nella delusione seguita ad attacchi di chi, nel mondo dello sport e della politica, ha il gusto di demolire. Ogni caduta è stata però l’occasione per ripartire. 

Accusata ingiustamente di doping, dopo l’oro di Sidney, deve far fronte ad un periodo difficile, ma riparte e lavora per i 4 anni successivi, il periodo che nella vita di un atleta sta tra una Olimpiade e l’altra. per Josefa, infatti, non sembra mai avvicinarsi l’ora dell’abbandono, e questa sfida alle leggi della biologia nasce da un grande processo logico maturato assieme al marito allenatore.

“Il carico di lavoro durante una stagione e di stagione in stagione, era sempre cresciuto in modo graduale. Non avevo mai chiesto al mio corpo più di quanto mi potesse dare, pronta addirittura a rinunciare ad una competizione se questa rischiava di sovraccaricarlo. Inoltre avevo sempre trovato il tempo per esercizi che non servivano tanto a potenziarmi, per la prossima gara, quanto a preservare i miei muscoli, nel tempo, da sforzo e stress.” (J.Idem  Partiamo dalla fine)

La presenza di Josefa Idem è prevista per lunedì 10 marzo, alle ore 10.00 al liceo Paleocapa di Rovigo, e sarà una bella mattinata di scuola di vita cui ha voluto aderire la Provincia di Rovigo con gli assessori alla cultura, Laura Negri, e allo sport, Leonardo Raito.

 

Febbraio 2014 – Far conoscere la storia, insegnare la “memoria”

sara valentina“Se questo è un bambino. Infanzia e Shoah” è la domanda retorica da cui prende inizio, mutuando il famoso titolo di Primo Levi, il libro e l’insieme di incontri che Sara Valentina di Palma, giovane storica che si occupa fin dalla tesi di shoah e bambini, ha condotto nelle scuole medie di Ficarolo, Melara e a Stienta.

Grazie alla sua relazione i ragazzi hanno conosciuto come i loro coetanei, nei regimi nazista e fascista, abbiano subito privazioni, violenze e siano stati mandati a morte.

La capacità della storica ha condotto il pubblico attraverso gli orrori della persecuzione dei bambini, senza che fossero i dettagli violenti ad emergere. Per capire la shoah non serve esagerare i numeri o descrivere l’orrore nei dettagli, meglio far emergere come una società evoluta ha potuto concepire la messa al bando di indivudui innocui fino alla loro distruzione. L’obiettivo è quello di far pensare i ragazzi, dare loro gli strumenti per un pensiero autonomo non pilotato da propaganda o opinioni non suffragate da documenti certi.

Certo la miriade di manifestazioni più o meno approfondite e la superficialità con cui vengono diffuse nozioni, spesso confuse o imprecise, non aiuta ad ottenere gli obiettivi di chi in Europa, oltre che in Italia, intende preservare e diffondere la conoscenza della storia recente.  In Italia in particolare, per una sorta di legge del contrappasso, ad una memoria della “shoah” deve seguire il ricordo delle “foibe” .  Ad una celebrazione dei martiri della violenza nazista, perchè quella fascista viene spesso tenuta sottotono, deve subito corrispondere una celebrazione dei “martiri della violenza comunista

costa di rovigo

Ed ecco che con analoghe e numerose manifestazioni, si parla di fatti in cui le vittime, spesso appartenenti a gruppi etnici diversi presenti nei territori del confine orientale, sono state uccise in momenti diversi e per motivi diversi ma si sovrappongono le une alle altre. 

Spesso le storie delle prime celebrazioni si mescolano a quelle delle seconde con l’unico risultato di metter tutto sullo stesso piano in un processo di omologazione che non produce niente di buono. Anche la stretta successione temporale che la legge ha previsto per le due giornate non aiuta a far chiarezza. 

Un’assessore della Lombarda si è lamentata, nei giorni scorsi, dei troppi soldi spesi per parlare di shoah.

Se per qualcuno ogni giornata del calendario è occasione per trovare un lavoro che altrimenti non c’è, non crediamo che sia lo scopo dei più.  Sull’affermazione in sè potremmo, anche,  essere daccordo se attenzione si facesse su tutto quel che si spende per “propaganda”.

Quando si fa storia, e soprattutto in modo appropriato, i soldi spesi non sono mai troppi, e sull’utilità di fare storia abdicheremo il giorno che negli stadi, sui muri, nelle dichiarazioni dei politici di tutta Europa il “daglie all’ebreo” non sarà più il facile leitmotiv quando mancano le parole per comunicare ma soprattutto i concetti da esprimere.

M.Chiara Fabian

 

12 febbraio 2014 – Alla Biblioteca “Buchaster” di Costa di Rovigo Alessandra Kersevan parla di Confine Orientale

giorno del ricordoSe si affidano ai trattati le definizioni dei confini prima o poi qualcuno si ritrova dalla parte sbagliata e tenta con la guerra di ribaltarne le conclusioni.

Le guerre poi sono un macello globale che non mette pace, ma crea ingiustizie e nuove rivendicazioni.

Slovenia, Croazia, Italia tra i territori dell’Istria e Dalmazia sono un intrico di popoli e culture che hanno cercato di prevalere gli uni sugli altri a prezzo di violenze ripetute e diffuse.

Gli italiani, i meno numerosi, punteggiano le coste, sloveni e croati a costituire le classi subalterne di contadini e operai, tra loro una lotta che prima è di cultura e poi si fa di classe.

Il fascismo si impone, dal primo dopoguerra con carateri ferocissimi e per venti anni spadroneggia sperimentando sugli slavi il sistema concentrazionario, poi cade ed in un mese si consumano parte delle vendette. Arrivano i tedeschi e contro di loro e dei Repubblichini si scatena la forza di coesione del partito comunista yugoslavo e italiano. Prevale lo slavo e si consumano ulteriori vendette, ma gli alleati occidentali non ci stanno, e contrastano l’occupazione delle terre che il nazionalismo italiano voleva facessero parte della Patria.

L’Italia non ha voce in capitolo, ha perso la guerra, e sembra destinata a perdere anche i territori, poi però si profila il pericolo del blocco comunista ed allora, da parte degli attori, si cambia tattica.

E’ una storia infinita e dolorosa, attorno alla quale stanno le foibe, cavità profonde e fenditure carsiche nelle quali ognuno butta quel che ritiene scarto, soprattutto scarti di umanità.

La storia va insegnata, non sono le corone d’alloro che fanno luce sulle vicende nè sul dolore dei popoli, per questo nell’incontro organizzato in Biblioteca “Buchaster” con l’Amministrazione comunale di Costa di Rovigo e la storica Alessandra Kersevan, vogliamo mettere l’accento non sui numeri, per fare la contabilità dell’orrore, ma sulle vicende, usando i documenti.

Per questo crediamo che la Legge Italiana abbia istituito il giorno del Ricordo, perchè si spieghi cos’ha significato per quelle terre sentirsi passare un confine sopra la pelle con il carico di violenze di volta in volta ciascuno legittimava.

 

 

27 gennaio 2014 – Contro il giorno della memoria

locandina originaleDice Elena Loewenthal (Contro il giorno della Memoria) che …”c’è la vaga consapevolezza che, in fondo l’Europa abbia ancora da fare i conti con quella memoria. Che non è degli ebrei, perchè gli ebrei ci hanno messo “soltanto” i morti, in questa storia. La memoria della shoah è di tutti gli altri, fuorchè degli ebrei.”

In sostanziale accordo con questa asserzione continueremo a parlare di storia dell’Europa del ‘900 negli incontri che elenchiamo di seguito in sintesi per gli amici che vorranno seguirci.

27.01.2014 Castelmassa – Biblioteca Comunale ore 21.00. Presentazione del sito “I nomi della shoah italiana a partire dalla storia della famiglia Haas” a cura di M.Chiara Fabian

28.01.2014 Stienta – Aula magna scuole medie ore 21.00. La storica Sara Valentina di Palma presenta il suo libro “Se questo è un bambino. Infanzia e Shoah”.

29.01. Ficarolo – Aula magna scuola media “A.Frank” ore 9.00 e Melara – Sala Verdini ore 11.30 la dottoressa Sara Valentina di Palma parlerà ai ragazzi delle scuole del tema “Infanzia e Shoah”

18.02.2014 Casa circondariale di Rovigo – ore 15.00. A.Tincani e M.Chiara Fabian presenteranno il film “L’oro di Roma”

febbraio 2014 . Polo Tecnico IIS Adria . Matteo Marani presenterà il libro “Dallo scudetto ad Auschwitz” storia dell’allenatore ebreo Arpad Weisz ucciso ad Auschwitz con la famiglia.

 

 

 

17-18 gennaio 2014 Marika Venezia e la fatica di vivere del testimone

Fabian con panozzo e marika venezia

Nei primi due appuntamenti dell’Associazione il Fiume per il “27 gennaio”, data che David Bidussa definisce il “giorno della memoria per i vivi, non della commemorazione dei morti” (dal suo libro “Dopo l’ultimo testimone” , Einaudi 2009), si è parlato ampiamente della funzione e del ruolo che il testimone ha avuto negli anni recenti, ma soprattutto di cosa potrà sostituirne il ruolo nel futuro.

Il caso di Shlomo Venezia, deceduto ad ottobre 2012, uno degli ultimi membri del terribile Sonderkommando di Auschwitz, è emblematico.

Di lui restano le numerose testimonianze portate nelle scuole del Veneto per Il Fiume, così, con l’aiuto della giovane storica Francesca Panozzo e della speciale presenza di Marika Venezia, la moglie di Shlomo per 57 anni, abbiamo potuto ricostruire le ansie e le sofferenze di chi, subito dopo la guerra, non è stato ascoltato da un mondo che non voleva sapere. 

Da Primo Levi a numerosissimi altri testimoni, l’angoscia di aver vissuto l’indicibile e non aver parole per descriverlo, si è mescolata alla mancanza di un pubblico che volesse sentire e conoscere, nell’ansia della ricostruzione, e nell’omologazione di quel dolore speciale alle privazioni e i lutti che la guerra aveva causato un pò a tutti.

“Shlomo era un uomo buono”, dice Marika, “non covò rancore nel corso della sua vita minata nel fisico dalle torture del campo, ma non riteneva di dover perdonare, non poteva farlo lui per i milioni di morti, nè per rispetto alla perdita di metà della sua famiglia”.

Da Marika è venuto il ricordo degli incubi che popolavano le notti di Shlomo, è venuto anche il racconto della sua rabbia nel vedere riaffiorare il razzismo attraverso i cori degli stadi, le scritte sui muri, le svastiche dipinte dappertutto.

Per la paura che il passato ritornasse con tutto il suo carico di orrore, Shlomo trovò la forza di le relatrici al Polo Tecnico di Adriafarsi avanti e “dare una mano” alle associazioni di ex-deportati e a chi si occupava di diffusione della memoria. Così, piano piano, gli storici si sono accorti che in Italia c’era ancora chi aveva visto con i suoi occhi l'”inferno in terra”.

La storia degli ultimi vent’anni della vita di Shlomo da testimone, si incrocia con le migliaia di persone che hanno potuto sentirne la testimonianza, con gli storici e gli sceneggiatori che ne hanno usato la memoria precisissima per ricostruire la vita e le istallazioni del campo di Auschwitz e con quella di Associazioni e Istituzioni pubbliche che lo hanno voluto, voce narrante, nei numerosi convegni e incontri.

Marika ne ha accompagnato la vita con il sostegno e l’appoggio, sempre pronta a tenere i contatti con tutti quelli che  sono diventati i suoi figli e figlie adottivi e ora si accingono a portare avanti il suo impegno nell’era della “post-memoria”, quando anche l’ultimo testimone ci avrà abbandonato.

Lì si porrà il problema del rapporto tra testimonianza e storia” scrive sempre Davide Bidussa” Quando i testimoni oculari saranno scomparsi, quando quelle voci non avranno più voce, ciritroveremo con un archivio definito di storie, che racconteranno scenari e situazioni. Si tratterà allora di far lavorare quelle storie narrate come “documenti”. In quel momento avverrà , consapevolmente per noi, il passaggio irreversibile fra ‘900 e attualità“.