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17 marzo 2012- Al di là del caos. Cosa resta dopo Srebrenica

elvira mujcic

AL DI LA’ DEL CAOS

Srebrenica è stata una delle pagine più buie della storia recente. Dopo il genocidio del Ruanda, compiutosi nel luglio del 1994, lontano ma ancora vivo nella sua drammaticità, ancora una volta l’Europa è stata al centro di uno sterminio di massa.

Nel luglio del ’95, le forze serbo-bosniache di Ratko Mladic, nonostante la presenza di Forze di protezione olandesi dell’ Unprofor, massacrarono circa 8000 uomini e ragazzi bosniaci.

Cifre e fatti agghiaccianti, ma quel che atterrisce di più, oltre alla vicinanza all’occidente civilizzato, è la inutile presenza e la totale inefficacia degli eserciti dell’UE e dell’ONU.

Sia in Ruanda che in Bosnia-Erzegovina, l’intervento delle forze di interposizione, o come si vogliano chiamare, non ha avuto nessun effetto pratico sulle violenze contro i civili.

Questa evidenza non ha portato a una revisione e riformulazione dei protocolli di intervento o se lo ha fatto non è la cosa che più risalta, mentre sconvolge il fatto che i soldati di stanza a Srebrenica siano stati insigniti dall’Olanda, con l’avvallo della commissione Europea, di una onorificenza per il coraggio dimostrato.

Elvira Mujcic, nel 93 fuggì da Srebrenica prima del massacro, ma lo visse a distanza con tutto l’orrore che lo accompagnò.

Oggi giovane donna, ma soprattutto scrittrice, Elvira Mujcic vive a Roma ed è una delle voci culturalmente attive nella promozione della conoscenza della sua patria d’origine, ancora in bilico tra la nostalgia di ciò che era ‘Ex-Jugoslavia e l’incertezza ciò che la Bosnia-Erzegovina diventerà, a fronte di un presente in cui niente è chiaro, se non la pericolosa divisione istituzionale del paese.copertina libro

“Al di là del caos” è il primo libro che Elvira ha scritto e che presenterà per “Il Fiume” sabato 17 marzo, a  Ferrara (ore 17.00 in libreria Feltrinelli) e a Stienta nella Sala Consigliare (ore 20.45), per Infinito edizioni ha pubblicato un nuovo libro quest’anno ” E se Fuad avesse avuto la dinamite” .

1 marzo 2012 – TAV in Val di Susa una “partita persa” contro un “partito preso”

 

Tema importante per il nostro Paese la decisione di realizzare l’Alta Velocità tra Torino e Lyone, un’opera che dovrebbe garantire un collegamento preferenziale e veloce verso il nord-ovest, per i fautori, non determinante per i collegamenti e per la crescita economica, oltre che troppo costosa e soggetta ad appetiti mafiosi, per i detrattori.

Come per le centrali nucleari, per la riconversione a carbone della centrale di Polesine Camerini, i temi sono molto importanti e non è facile formulare un si o un no decisi, quando le ragioni stanno da entrambe le parti.

Il rischio che, nel momento difficile che stiamo vivendo per l’economia occidentale, queste ragioni si trasformino in slogan e portino a contrapposizioni e scontri anche tragici, è palpabile e va scongiurato, ma la sensazione è che, comunque vada,  non sarà un successo.

Bene ha descritto la situazione Concita de Gregorio nell’articolo di ieri su Repubblica che riportiamo in parte:

Si può morire per una partita persa, sì. Il partito preso contro la partita persa. È una storia antichissima. Ascoltare Brecht, pensare a noi. Ieri sera a poche centinaia di chilometri dalla Val di Susa è andata in scena a Milano la “Santa Giovanna dei Macelli” diretta da Ronconi.
Coi No-Tav nelle valli a darsi il turno sulla trincea di un pericolosissimo confronto con l’ esercito in forze, un confronto dove faccia a faccia, casco a passamontagna, occhi negli occhi basta niente – una frase, un gesto, un insulto, una stupida provocazione – a far partire le mani, e le armi, e la tragedia, ecco proprio nelle stesse ore sul palco del Piccolo Teatro risuonavano le medesime parole che leggiamo sui giornali ogni giorno. E cosa fare, adesso? Quale soluzione se fin dal principio il dialogo fra i due opposti schieramenti – la popolazione, l’ istituzione – è stato negato? Un testo scritto nel 1929, i giornali di oggi. Giovanna Dark, la versione novecentesca di Giovanna d’ Arco, muore per una
causa persa, impossibile da far valere contro le ragioni del “partito preso“.”

“Le ragioni del popolo e quelle di chi governa l’ economia. La salute contro gli interessi, la tutela dell’ ambiente contro le ragioni di Stato, degli Stati. La promessa di un lavoro in cambio della resa. Ci vuole un martire, sempre, per l’ epica. Un uomo, una donna simbolo. La Val di Susa ora ha eletto il suo, caduto da un traliccio dove era salito a gridare. A teatro Giovanna Dark, una magnifica Maria Paiato, non muore sul rogo ma di stenti. È l’ eroina degli ultimi, degli operai della fabbrica di carne che chiude – c’ è la crisi, siamo nel ‘ 29 – e chiude perché nessuno ha più i soldi per comprare quella carne. Ma se gli operai non avranno lavoro né dunque denaro chi mai potrà più comprare le merci? L’ operaio di Ronconi, il volto ottocentesco di Gianluigi Fogacci replicato in centinaia di cloni sugli schermi, le sue parole sui diritti, sulla giustizia, sulla libertà degli uomini che non hanno voce in cosa sono diverse da quelle di chi combatte oggi contro il partito preso delle grandi opere, sempre dispensatrici di denari a chi ne dispone già in quantità, sempre terreno fertile di corruzione, di delitto, di ingiustizia? E la vedova dell’ uomo caduto nel tritacarne e diventato egli stesso carne in scatola, la signora Luckerniddle (Francesca Ciocchetti, in scena) può forse essere rimproverata di rinunciare a denunciare la fabbrica in cambio di venti pasti caldi? A noi che non abbiamo risposte ma solo domande, oggi, su come uscire dalla polveriera disinnescando le micce, Brecht e Ronconi dicono questo: tutti sono un poco corrotti o corruttibili, tutti hanno le loro ragioni, tutti si tengono. Dei giusti, degli eroi si narra l’ ingenuità, e sempre infine la cattiva sorte. Dei padroni l’ impossibilità – l’ incapacità – di rompere un sistema del quale non sono infine che ingranaggi. Il padrone della fabbrica di carne, il signor Mauler, con la voce e coi potenti gesti di Paolo Pierobon, sul finire dello spettacolo dice così: «È solo con misure estreme che potranno parere dure perché colpiamo qualcuno, o anche molti, a farla breve i più o quasi tutti, solo così potrà salvarsi questo sistema di libero scambio che esiste qui tra noi». Ci si può salvare solo con misure estreme, una frase attuale. Questo “sistema di libero scambio” che esiste qui tra noi, però, non è un buon sistema. È un sistema che ignora le ragioni di milioni di uomini e ne provoca la miseria, la disperazione. «Non c’ è qualcuno che organizzi qualcosa?», chiede Giovanna Dark? «Sì, i comunisti», le risponde l’ operaio. «Ma non è quella gente che inciti a commettere delitti?». I disoccupati della fabbrica, stesi a terra senza forze, non possono neanche sorridere di scherno. Chi commette il delitto, in questa storia? Contro chi? «Bisogna fare attenzione, perché potrebbe anche esplodere una rivoluzione», recitano gli attori di Ronconi. Basta che Giovanna muoia perché l’ esercito delle partite perse si ribelli a quello del partito preso, e per le lacrime sarà troppo tardi. Basta una scintilla sotto le ceneri a incendiare il cantiere. Mai parole, in platea, suscitarono tanta impressione.”

Articolo tratto da Repubblica, 1 marzo 2012

2 febbraio 2012 – Canaro: La memoria è…non dimenticare

i relatori in comune a Canaro

Anche a Canaro, uno dei 20 paesi del Polesine interessati dall'”Internamento libero” degli ebrei stranieri nei primi anni ’40, c’è una storia da raccontare.  Assieme a Il Fiume si sono prestati gentilmente la signora Cosetta Ferrante e il Marito Sergio Maestri per una serata che è stata descritta dal signor Mario Tosatti, come segue.

“Si può perdonare, ma non dimenticare”. In queste semplici, ma profonde parole del consiglio comunale dei ragazzi, c’è la sintesi della serata organizzata in occasione della “

01 febbraio 2012 – Rinasceva una piccola speranza

libro voigtNell’incontro al Liceo “L. Ariosto” di Ferrara lo storico tedesco Klaus Voigt ha presentato un libro di recente pubblicazione,  su quello che viene definito l'”esilio” degli intellettuali di area tedesca in Italia.

“Rinasceva una piccola speranza. L’esilio austriaco in Italia (1938 – 1945)” (Forum Editrice Universitaria Udine, 2010), è una raccolta di saggi di autori e autrici italiani e austriaci, curata insieme alla storica Christine Koestner, in cui vengono analizzate le testimonianze e i diari di alcuni intellettuali costretti a fuggire per la loro ebraicità.

Una ebraicità più forzata dall’emanazione delle leggi razziali, che reale, molti , infatti, provenivano da famiglie assimilate, ormai parte della borghesia tedesca o mitteleuropea, e si sentivano pienamente tedeschi.

In particolare viene analizzata la vicenda di Herman Hakel, poeta e scrittore viennese, morto nel 1987, che percorse tutti i gradi dell’internamento in Italia, dal carcere di San Vittore al campo di Ferramonti di Tarsia in Calabria, all’internamento nel campo più piccolo di Campagna, nel Salernitano, fino al domicilio forzato nel comune di Rotonda in Basilicata.

Un caso, quello di Hakel, studiato dalla dottoressa Renate Lunzer, emblematico delle condizioni in cui si trovarono circa 7000 ebrei stranieri transitanti per l’Italia mussoliniana durante la II guerra mondiale, ma utile soprattutto per i dati che fornisce,  a caldo, sulle condizioni del nostro paese e sulle caratteristiche del fenomeno, ancora allo studio,  dell'”internamento libero”.

Nonostante la specificità dell’argomento i ragazzi del Liceo Classico ferrarese hanno dimostrato una grande attenzione e capacità di comprendere i passaggi storici che ne erano sottintesi, e questo fa ben sperare sull’uso della “Giornata della Memoria”.

KLAUS VOIGT ha conseguito un dottorato presso la Freie Universität di Berlino. Da diversi anni ricerca sul tema dell’esilio verso Francia e Italia. Tra le altre cose è stato docente presso le Università di Bologna, Trento e Parigi. Vive a Berlino dove lavora come storico.

CHRISTINA KÖSTNER ha studiato germanistica e romanistica presso le Università di Vienna e Torino completando gli studi con una tesi di dottorato sulla storia della Biblioteca Nazionale Austriaca ai tempi del nazionalsocialismo. Ha collaborato con numerose case editrici e lavora tuttora come bibliotecaria e ricercatrice nell’ambito degli studi di provenienza presso la Biblioteca Universitaria di Vienna (sezione romanistica).

presentazione al liceo ariostoliceo ariosto

31 gennaio 2012 – Carlo Spartaco Capogreco e Klaus Voigt parlano dell’ internamento civile in Italia dal 1940 al 1943


Per fare nuova luce sull’internamento civile nell’Italia degli anni ’40, oggetto della ricerca de “Il Fiume” ancora in corso, si deve partire dalla conoscenza dell’istituto del “confino politico” e della pratica del domicilio coatto, sperimentata dal fascismo già ai suoi albori.

Per far questo l’Associazione Culturale “Il Fiume”, ha organizzato uno straordinario appuntamento con Carlo Spartaco Capogreco e Klaus Voigt, i due maggiori esperti in campo storiografico dell’internamento civile, dalla fine degli anni ’30 al 1945.

Il professor Voigt, della Technische Universitat Berlin, è stato l’antesignano degli studi sull’esilio degli ebrei tedeschi in Italia dopo le leggi razziali di Norimberga, per primo ha scandagliato l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, aprendo le porte a tutti gli studiosi che, in momenti successivi, hanno indagato e portato alla luce questa storia dimenticata.

archivio storico rovigoCarlo Spartaco Capogreco, presidente della “Fondazione Internazionale Ferramonti”, docente all’Università di Napoli,  in origine medico pediatra, ma con una grandissima passione per la storia, ha percorso l’Italia in lungo e in largo per apporre sulla cartina geografica le tante bandierine dei campi di concentramento fascisti e delle località di internamento, fino alla realizzazione del suo libro “I campi del Duce- L’internamento civile nell’Italia Fascista (1940-1943)”, in cui fa una mappatura dei campi ed in particolare del principale di Ferramonti di Tarsia (CS).

Grazie alla collaborazione in atto da anni con l’Archivio Storico di Rovigo, il suo direttore Luigi Contegiacomo e gli storici che lo supportano, quest’anno l’incontro clou con i due esperti, legato alla “Giornata della Memoria”, si è tenuto martedì 31 gennaio 2012 alle ore 17.00 nella bella Sala Sichirollo dell’Archivio.

I due storici hanno illustrato le condizioni dell’internamento nei campi e le disposizioni che colpivano i reclusi, la diversità degli invii “al confino” nel corso degli anni, col passaggio dagli oppositori politici, agli esuli dalla Germania e per finire ai profughi ebrei dei paesi dell’est e dell’Ex-Jugoslavia.

In particolare il prof. Voigt ha fatto un dettagliato excursus sulla storiografia in materia, dal suo libro ormai introvabile “Il rifugio precario”, fino agli ultimi saggi di recente pubblicazione sull’internamento civile nelle provincie di Vicenza e di Treviso, oltre che di San Donato Val Cimino della prof. Annamaria Pizzuti.

Un’occasione davvero unica nella provincia di Rovigo, salutata anche dall’assessore provinciale  Leonardo Raito, egli stesso uno storico.

Il prof. Voigt è poi rimasto con  “Il Fiume” per il secondo appuntamento che lo ha portato al Liceo Classico “L. Ariosto” di Ferrara, nella mattinata di mercoledì 1 febbraio, grazie al supporto organizzativo dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e della sua direttrice Prof. Anna Quarzi.

ferraraGiornata memorabile anche per l’accoglienza che Ferrara ha fatto al professore, avvolta nella tormenta di neve che ha dato l’inizio alle perturbazioni dell’ultima settimana.  Da vero “Ost-Deutsch” il professore imperturbabile ha affrontato la nevicata con disinvoltura e ha raccontato agli attenti studenti del prestigioso Liceo Classico, la storia della vera e propria diaspora dell’intellighentia ebraica, dalla Germania nazista verso l’Italia, ben descritta nel libro “Rinasceva una piccola speranza – L’esilio austriaco in Italia (1938-1945)” (co-autrice Christina Koestner).

All’incontro prestigioso, sono seguiti nei giorni successivi gli appuntamenti dell’Associazione con il Circolo Auser di Castelguglielmo e con il Comune di Canaro, in cui è stata presentata la ricerca in atto e alcuni casi emblematici di famiglie ebree internate nei comuni della provincia di Rovigo.