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BUONA PASQUA 2011


Pasqua è voce del verbo ebraico “pèsah”. Passare.

Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste.

Chi crede è in cerca di un rinnovo quotidiano dell’energia di credere, scruta perciò ogni segno di presenza.
Chi crede, insegue, perseguita il creatore costringendolo a manifestarsi.

Perciò vedo chi crede come uno che sta sempre su un suo “pèsah”, passaggio.

Mentre con generosità si attribuisce al non credente un suo cammino di ricerca, è piuttosto vero che il non credente è chi non parte mai, chi non s’azzarda nell’altrove assetato del credente.

Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme.
Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un’altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione.

Pasqua/pèsah è sbaraglio prescritto, unico azzardo sicuro perché affidato alla perfetta fede di giungere. Inciampo e resto fermo, il Sinai e il Golgota non sono scalabili da uno come me, che pure in vita sua ha salito e sale cime celebri e immense. Restano inaccessibili le alture della fede.

Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace.

Erri de Luca

Costituzione della Repubblica Italiana – Disposizione transitoria XII

l'ultima pagina della Costituzione

Sei sono i Titoli della Costituzione Italiana, e 139 i suoi Articoli.
Poi troviamo le Disposizioni Transitorie e finali che sono 18, alla fine le firme di Enrico de Nicola, Umberto Terracini e Alcide De Gasperi, la data è 27 dicembre del 1947.

Oltre a queste firme va ricordata la composizione dell’Assemblea Costituente, il fior fiore delle forze politiche di schieramenti diversi, unite nella comune opposizione ad una dittatura, il fascismo, che aveva decretato la distruzione del paese con l’entrata nella seconda guerra mondiale.

La Costituzione ebbe il compito di tracciare le linee guida per l’ordinamento dello Stato, in modo da scongiurare il più possibile la tentazione di governi autoritari, affidando al Parlamento l’esercizio delle principali funzioni democratiche.

Per quanto, oggi, la pratica metta in secondo piano la dinamica democratica e tenda a forzare le prerogative del Parlamento, c’è la Disposizione Transitoria n. XII che recita:

“E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”

Lo scorso 29 marzo a firma dei senatori del Pdl Cristiano De Eccher, Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e del senatore Fli Egidio Digilio (poi ritiratosi) è stato presentato un DDL Costituzionale volto ad abolire questa disposizione, nonché il reato di apologia del fascismo.

Firme illustri le prime che abbiamo citato, di persone che avevano combattuto e rischiato la loro vita nella lotta di resistenza al nazifascismo. 

Firme di qualche politico dell’ultima ora, le seconde.  Politici della Seconda Repubblica, che corrono l’unico rischio non essere rieletti alla prossima tornata elettorale.

E sulle motivazioni?  Meglio non indagare perché, abbiam capito che i treni partivano in orario, che le paludi sono state bonificate, e che la storia è diversa a seconda della prospettiva da cui la guardi, ma non possiamo privilegiare la prospettiva di chi ha preso il potere con la violenza, in un momento di latitanza della politica e dello Stato, con conseguenze gravissime per il paese e per il mondo.

Non può essere la fortuna o la sfortuna a decretare la bontà di un sistema politico, ma l’oggettività della sua azione, così il fascismo non sarebbe stato positivo se solo la Germania avesse vinto la guerra!

Non si cancellano i crimini della storia, certo si può relativizzarli, ma la sostanza resta e nel caso dell’esperienza dell’Italia fascista, il peso è di quelli che curvano le spalle e che ancora oggi ci fanno tenere la faccia a terra, incapaci di essere guida di un’Europa che arranca.

Terremo alta la guardia e sottolineeremo i nomi dei firmatari del decreto, in attesa di trovarli e contrastarli, nelle liste di chi si propone come portavoce dei diritti dei cittadini e del progresso della Nazione.

 

wendy di paoli

                                    Università di Bologna, concorso fotografico “Scatti di Democrazia”
                                                             Wendy De Paoli “Non sempre”

24 MARZO 2011 – SIAMO IN GUERRA!

“Ci è chiarissimo che le ragioni autentiche dell’intervento militare in Libia non sono di natura umanitaria: le ricchezze energetiche, gli assetti di potere dei blocchi mondiali, persino l’ansia da prestazione del presidente francese. Tutto chiaro. E l’articolo 11 della nostra Costituzione, e il diritto all’autodeterminazione.

Ma il rispetto della sovranità nazionale della Libia e il ripudio della guerra come si sposa, nelle coscienze durissime e purissime, con l’invocazione di aiuto rivolta proprio a noi da quella gente su cui Gheddafi reclama il diritto di disporre facendone se crede, visto che è roba sua, carne da macello?

Non si doveva arrivare alla guerra: giusto. Bisognava combattere Gheddafi prima e con altre armi: sacrosanto. Lo chiediamo da anni. Questo governo invece lo ha trattato da statista e ha occultato i suoi crimini. Oggi lo combatte, ed è un voltafaccia disgustoso. Spara contro le armi che gli ha venduto.”

Così scrive Concita de Gregorio nell’editoriale “In coscienza e nel dubbio” e  prosegue, infine, sostenendo che l’intervento a difesa degli  insorti va condotto,  mettendo le mani nel sangue e nel fango, perché troppo comodo è starne fuori e pontificare.

E’ vero che starne fuori è comodo ma nel “dubbio” che la giornalista cita, ci sta anche la mancanza di chiarezza su tutto quel che riguarda questa guerra in cui ci siamo svegliati, un giorno di primavera, sorpresi e attoniti, nonostante tutti i nostri mezzi di informazione.

Il Raìs spara sui suoi concittadini, ma chi fa una rivolta mette in conto anche questo, di certo il Raìs sparava anche sui profughi che ributtava dai centri di raccolta nel deserto, perché non venissero in Italia.

Non è chiaro a nessuno, ci pare nemmeno all’Alleanza, quando e perché si deve intervenire in un paese sovrano, perché tanti ce ne sono a sparare sulle folle che manifestano.

Non è chiaro nulla, ma è vergognoso tutto, e nel frattempo in Palestina, che per la prima volta viene lasciata a se stessa dal mondo arabo, Al Fatah e Hamas sono in contrasto tra loro e si dividono anche il controllo di Gaza e Cisgiordania, mentre il Governo di Israele, per non sbagliare spara e colpisce civili e il terrorismo palestinese risponde con le bombe alle fermate dei bus.

In mezzo a tutta questa confusione gli unici inascoltati sono quelli che da tutte le parti chiedono la pace, ma la pace non rende, a dispetto della Ragione.

La guerra invece ha un sacco di vantaggi, tra i quali anche quello di distrarre …

18 marzo 2011 – UN ITALIANO DIVERSO – Giacomo Matteotti

libro di romanato


La data del 17 marzo 1861, proclamazione del Regno d’Italia,  viene celebrata quest’anno per il valore simbolico legato ai 150 anni dell’unità del nostro paese.

L’unità dell’Italia che oggi conosciamo, si compirà molti anni più tardi, addirittura nel dopoguerra.

La celebrazione è di carattere storico ma assume anche un valore civile e politico in relazione alle dichiarazioni anti-unitarie di una parte delle forze presenti nel parlamento e nella società civile.

Che Italia sarebbe un’Italia fatta solo di Veneto? E se il Trentino chiedesse l’annessione all’Austria? E se Sardegna e Sicilia facessero da se?

Che Italia sarebbe senza le figure degli italiani che l’hanno costruita, con il loro impegno e con la loro vita?

Il “Fiume” nell’appuntamento di venerdì 18 marzo, alle ore 20.30, nella Sala Consigliare del Municipio di Stienta (Ro), presenta, per l’occasione,  la biografia scritta da Gianpaolo Romanato, di Giacomo Matteotti che fu un rivoluzionario e protagonista di un’Italia divisa tra fascismo e sete di giustizia sociale.

“Uomo del post-risorgimento, estraneo alle mitologie dell’unificazione, Matteotti appartiene alla generazione dei Prezzolini, dei Papini, di coloro cui importava il futuro, non il passato.  Scontenti, ribelli, inquieti. Aveva la stoffa e la preparazione dell’intellettuale, con solidi studi di diritto e di economia.

Ma in lui era più forte la sensibilità del politico, dell’uomo d’azione. Viveva in una provincia povera, depressa, dove i contrasti fra miseria e ricchezza erano sfrontati e i rapporti sociali dominati dall’ingiustizia e dalla prepotenza.

La sua famiglia aveva accumulato in pochi anni una notevole fortuna, che gli avrebbe permesso di vivere agiamente di rendita. E invece divenne socialista. Allora il socialismo era sinonimo di lotta di classe, di rivoluzione. E Matteotti fu un rivoluzionario. Contro suoi interessi e contro la sua classe d’appartenenza, che non glielo perdonerà più”


12 marzo 2011 – TUTTA L’ITALIA IN PIAZZA

piazza del popolo roma

12 marzo 2011, nelle piazze delle maggiori città italiane, ma anche nei centri minori, si è svolta una grande manifestazione popolare dell’Italia che onora la Costituzione e difende la Scuola Pubblica.

Non possiamo che ribadire quanto le autorevoli voci di milioni di italiani hanno urlato, e cantato nelle piazze d’Italia; la Costituzione è valore fondante della nostra Repubblica Democratica.

La Democrazia si esprime con il voto, ma non può ignorare la libera manifestazione della volontà popolare, specie se è non violenta. Chi fa finta di non vedere il dissenso delle piazze si comporta come i governi tirannici che stanno cadendo nel Nord Africa.

Andare in piazza è giusto perché lì le persone sono vive,  si possono contare e contano, come i voti su una scheda elettorale, a volte contraffatta, o come le firme astratte su una lista.

Un paese democratico non può prescindere dal diritto allo studio qualificato per tutti i suoi cittadini e, quindi, la Scuola Pubblica va curata con amore e rafforzata.

Costituzione e Scuola Pubblica,  contengono valori compromessi da provvedimenti che anzichè potenziarne gli effetti, li sviliscono, e se già il Lavoro ha fatto una brutta fine, speriamo che rispetto a Costituzione e Scuola, l’intelligenza e la voglia di garantire un futuro al nostro Paese, prevalgano rispetto agli interessi di pochi.