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12 marzo 2011 – TUTTA L’ITALIA IN PIAZZA

piazza del popolo roma

12 marzo 2011, nelle piazze delle maggiori città italiane, ma anche nei centri minori, si è svolta una grande manifestazione popolare dell’Italia che onora la Costituzione e difende la Scuola Pubblica.

Non possiamo che ribadire quanto le autorevoli voci di milioni di italiani hanno urlato, e cantato nelle piazze d’Italia; la Costituzione è valore fondante della nostra Repubblica Democratica.

La Democrazia si esprime con il voto, ma non può ignorare la libera manifestazione della volontà popolare, specie se è non violenta. Chi fa finta di non vedere il dissenso delle piazze si comporta come i governi tirannici che stanno cadendo nel Nord Africa.

Andare in piazza è giusto perché lì le persone sono vive,  si possono contare e contano, come i voti su una scheda elettorale, a volte contraffatta, o come le firme astratte su una lista.

Un paese democratico non può prescindere dal diritto allo studio qualificato per tutti i suoi cittadini e, quindi, la Scuola Pubblica va curata con amore e rafforzata.

Costituzione e Scuola Pubblica,  contengono valori compromessi da provvedimenti che anzichè potenziarne gli effetti, li sviliscono, e se già il Lavoro ha fatto una brutta fine, speriamo che rispetto a Costituzione e Scuola, l’intelligenza e la voglia di garantire un futuro al nostro Paese, prevalgano rispetto agli interessi di pochi.

E-IL MENSILE


copertina 1 numero
Gianni  Mura :

Per il giornale, dico utile e bello. Utili i contenuti, belle le immagini ma anche la scrittura e prima ancora la pulizia della scrittura. Vorrei un giornale in cui tutti scrivono “qual è” senza apostrofo, in cui non si sbagliano le parole straniere, in cui c’è la stessa cura dei testi, dal grande reportage al piccolo box.

G, Strada

Aggiungo un altro aggettivo: intelligente. L’intelligenza non è una qualità innata, la si coltiva. Quindi io vorrei un giornale che si facesse leggere, che facesse riscoprire il piacere della lettura e dell’informazione.

Detto, fatto. Da queste due definizioni nasce un nuovo giornale nel panorama della stampa italiana, un mensile i cui contenuti sono scelti da Emergency.
L’impresa è ardua in un momento in cui tutto sembra soppiantare la carta stampata, ma il fatto che sia qualcosa che parte da Emergency, ci da fiducia e speranza nella riuscita.
E’ il giornale per “l’altra Italia”, quella che riesce ancora a distinguere il bello dal brutto, il bravo dall’incapace, il vero dal falso, il colpevole dall’innocente, il fedele dal leccapiedi, il buon governo dal malgoverno.

Seguendo i blog, saltando tra i social network, si ha l’impressione che quest’Italia esista, ma poi a prevalere è, invece, l’Italia che non legge, quella che non sa scrivere, quella dei poveri rinchiusi nella gabbia del Grande Fratello a ripetere le stesse vuote frasi tutto il giorno e a sbavare, l’uno sull’altro, con miseria.
Perché è questa Italia a prevalere?  Perché prostituirsi è diventato un vanto e una rivendicazione di libertà?

Non era questo il messaggio delle donne che chiedevano un giusto peso nella società negli anni ’60 e ’70, ma piano piano è stato trasformato in qualcosa che le tiene ancora ai margini.

Non uno stipendio uguale ai corrispondenti ruoli maschili, ma la possibilità di far fruttare al meglio le loro “qualità”, un po’ come i calciatori, per poco tempo possono sfruttare le loro doti e quindi il valore delle loro prestazioni va calcolato al massimo!
Poi quando la bellezza sfiorisce e le ossa scricchiolano, allora non resta che vivere di rendita o, al limite, fare politica.

Allora evviva l’intelligenza ed evviva la nuova sfida di Emergency, che ci ha dato lo spunto per ringraziare di esistere l’altra Italia e, se permettete, anche le sue donne!
8 marzo 11

La cotogna di Istanbul

rumiz e bombarda

“Ho una ammirazione sconfinata per chi riesce a scrivere delle storie come quella, soprattutto in quel modo. Ma nutro una vera e propria invidia per le donne che sanno ispirare delle opere così portentose!! “

Non c’è incipit migliore di questo commento fatto da una delle giovani donne presenti alla serata in cui Paolo Rumiz ha narrato di viaggi, di struggente malinconia, dell’anima cupa dei Balcani, ma anche di Mediterraneo, di Grecia e di sole che sostanzia un amore.

Il giornalista e scrittore triestino famoso per i suoi reportage di viaggi a tema per il giornale Repubblica, ha spiegato com’è nato il progetto di raccontare una storia di amore tragico nello sfondo dei Balcani, sotto forma di ballata e attraverso la metrica dell’endecasillabo.

Il ritmo del cammino, il passo regolare del viaggiatore, la tradizione nordica del “Wanderer” è mezzo straordinario per trasformare in racconto il respiro della vita.

E così, recuperando immagini, schizzi e frammenti di tanti viaggi, Paolo Rumiz narra della bella e intrigante Masha Dizdarevic’ che ha avuto tre uomini nella sua vita e ha percorso tanta storia, prima di terminare il suo cammino con struggente malinconia.

La storia d’amore è di quelle che conquistano, ma non va scordato lo sfondo in cui si svolge, quello del ventre dell’Europa che ancora una volta è protagonista della disgregazione di un mondo, quello dell’ex Jugoslavia, nello specifico, che si dissolve e mette a nudo la sacralità dei popoli  contro il sacrilegio dei governi.

Il viaggio che fa da filo rosso nella storia, è anche una lezione sul legame tra culture e luoghi che è bello distinguere ma anche tenere uniti nelle analogie di suoni, sentimenti e profumi.

L’incontro con Rumiz è stato una conferma, che il viaggio migliore è accompagnato dai “fiumi nomadi, cavalli e battellieri”, dal loro scorrere e confluire con affluenti e rigagnoli in quel grande mare dell’esistenza.

Il Fiume ha intuito questo e si è fatto corrente, per accompagnare le tante voci che hanno ancora qualcosa da dire al nostro mondo assopito.

rumiz

                                      Il sindaco di Stienta Fenzi presenta Paolo Rumiz, con Luciano Bombarda

sala consiglio a stienta 

Paolo Rumiz e Luciano Bombarda

26 febbraio 2011 – La cotogna di Istanbul – Sala Consigliare Stienta (Ro) ore 20.30

C’era qualcuno, si, che lo guidava:

lui non era più Max, era già Abramo,

e quella donna era soltanto un tramite,

per questo con in più tutti quegli anni

passò sulla battigia come un’onda,

meravigliato dalla propria forza, spingendo la

lentezza ad un tal limite

che la turca annegò senza parole.

“Che stai cercando tu dentro di me

tu che sei più vecchio di mio padre?”

domandavano gli occhi della bella

ch’era ancora affamata di racconto.

E intanto lui scese al fondo più oscuro

e più triste della felicità, da cui riemerse

tenendo tra i denti,

ansimando, il frutto dell’assenza:

esattamente quello che cercava.

la cotogna di istambul 

 

.

Adesso che ho concluso questa storia prigioniera di sillabe contate, mi son pentito già di averlo fatto perché nient’altro voi potrete aggiungere a questa cosa destinata a crescere come il Danubio che scende al Mar Nero gonfiato dal Tibisco, dalla Morava e dai fiumi gemelli di Slavonia.

Non da me (lo sapete) è stata scritta, ma da coloro che l’hanno ascoltata: e il solo modo perché non si fermi questa corrente che si è messa in moto è che voi nascondiate il manoscritto in uno sgabuzzino o in una cantina per recitarlo poi ad alta voce a quelli che ascoltare vi vorranno; soltanto così, vi prego di credermi, voi lo ripescherete dal ricordo proprio com’era, libero e leggero.

Nove mesi ci ho messo a costruirlo, il tempo necessario ad una creatura, e dunque è tempo che senza zavorre, con le sue gambe, anche lui se ne vada, questo racconto nato dal cammino, dal battito del cuore e dal respiro.

Paolo Rumiz

 

16 febbraio 2011- Venezia accoglie uno dei più lucidi testimoni della shoah

amos luzzato e shlomo venezia


Salomone Venezia figlio di Isacco
Venezia e Angel Doudoun, nato a Salonicco ma ebreo italiano con origine a Venezia, dove i suoi documenti sono conservati all’anagrafe del Comune, è tornato nella città che ha dato il nome alla sua famiglia, non come turista ma come membro della sua comunità grazie all’invito del prof. Shaul Bassi, e del Consiglio dell’Ateneo Veneto.

Dopo che il libro “Sonderkommando Auschwitz”, scritto con la giornalista Béatrice Prasquier, è stato tradotto in 23 lingue e dopo che l’Unesco ha celebrato la giornata della memoria 2011, invitando Shlomo Venezia come testimonial di eccellenza, finalmente anche la città di Venezia ha accolto la sua straordinaria voce nell’incontro di mercoledì 16 febbraio.

La sala dell’Ateneo nel Campo San Fantin, si è riempita di persone giovani e meno giovani, molti i membri della comunità ebraica di Venezia e tra tutti Amos Luzzato, attuale presidente della comunità.

Dal tavolo dei relatori Michele Gottardi, presidente dell’Ateneo, e Simon Levis Sullam, giovane storico di Cà Foscari, hanno introdotto la serata con i saluti e i ringraziamenti da parte del Sindaco e dell’assessore alla Cultura della città, oltre che con una presentazione molto precisa che ha sottolineato l’unicità della testimonianza di Shlomo Venezia.

i coniugi Venezia con luciano bombardaGli amici de “Il Fiume” sanno con quanta lucidità e forza instancabile Shlomo racconti le vicende della sua vita altrimenti oscura, se non fosse stato per l’accanimento nazista a sterminare metodo industriale facendolo diventare uno degli ingranaggi del sistema.

Il suo racconto è sempre il più scarno possibile, perché è difficile trovare le parole per dire quel che ha vissuto, e quando parla del compito cui era destinato deve usare la parola “lavoro” perché la più neutra da emozione e la più vicina a quello che i nazisti avevano creato. Una catena di montaggio dell’orrore in cui i membri del “sonderkommando” svolgevano un lavoro a “tempo determinato”, fino alla loro stessa uccisione perché testimoni scomodi.

Più volte abbiamo sentito la sua testimonianza ma questa volta la sua forza viene ravvivata dal luogo e dall’occasione. Per merito dei membri del Consiglio dell’Ateneo Veneto, prestigiosa istituzione culturale della città di Venezia, la testimonianza così unica ha avuto una cornice degna che nemmeno il tempo inclemente è riuscito a scalfire.

Così l’incontro ha tenuto incollati alla voce di Shlomo i molti presenti, attenti e partecipi fino alla fine, quando, dopo l’abbraccio di Amos Luzzato, tutti hanno avuto il tempo di salutare e avvicinare Shlomo per avere la sua firma sul libro, a suggello di una giornata particolare.

La pioggia insistente ha impedito ai coniugi Venezia, nel corso della giornata, di uscire e fare una visita alla città, in compenso l’instancabile Marika si è avventurata all’anagrafe di Cà Farsetti, dove un funzionario ha confermato che lo stato di famiglia di Shlomo Venezia è presente e annovera, accanto ai genitori Isacco e Angel, i figli Mosche (Moisè – Moritz, il fratello sopravvissuto ad Auschwitz), Salomone-Shlomo, Rachel (la sorella maggiore anche lei sopravvissuta al campo), le piccole Maria e Marta (uccise con la madre all’arrivo al campo).

Confermata dall’anagrafe veneziana, l’appartenenza alla città ora resterebbe da scoprire attraverso gli archivi storici o della comunità ebraica, quando dalla Spagna arrivò la famiglia dei perseguitati, senza cognome, che come altri cercò scampo e lo trovò, anche se provvisorio, nella Serenissima.    Chissà che questo ritorno non sia anche un riavvicinamento al lontano passato e non possa, col tempo, aggiungere un tassello alla storia di Shlomo Venezia.