11 settembre 2011- A dieci anni dal crollo del World Trade Center a New York

A 10 anni dall’11 settembre 2001 si sono spesi fiumi di parole, a noi sono piaciute quelle di Obama a Ground zero, ma registriamo anche che  George W. Bush è stato applaudito dai presenti.

L’America è tutto e il contrario di tutto, ma vogliamo sottolinearne le cose positive e allora approviamo l’orgoglio di Obama che rivendica la capacità che il Paese ha saputo dimostrare di andare avanti, secondo i suoi principi e citiamo:

“I nostri cittadini hanno ancora piena libertà di esprimere le loro opinioni, le nostre anime continuano a trovare sollievo nelle chiese come nelle sinagoghe, come nelle moschee. In questi anni – ha aggiunto Obama – si sono rafforzati i legami tra tutti gli americani, non siamo stati vittime del sospetto e della sfiducia. Gli immigrati continuano a venire da ogni parte del globo, e in tutte le nostre scuole, nei nostri posti di lavoro, convivono persone di tutte le razze e religioni”

“Gli americani di domani, tra qualche decennio – ha concluso il presidente – vedendo i memorial inaugurati oggi, riconosceranno che niente può spezzare la volontà profonda degli Stati Uniti d’America: ricorderanno che abbiamo battuto la schiavitù, la guerra civile, il fascismo, la recessione e le rivolte, il comunismo e anche il terrorismo. Anche a loro diranno che non sono perfetti, ma anche che la nostra democrazia, seppur imperfetta, è imperitura, stabile”.

Ci piace anche ricordare l’11 settembre del 1973 quando in Cile un governo democraticamente eletto venne aggredito dalle forze reazionarie dell’esercito con la compiacenza e l’appoggio della CIA.

Ci piace allora citare anche le parole del presidente Salvator Allende, asserragliato nel palazzo del Governo poche ore prima di essere ucciso dai colpi dei militari del suo stesso paese, per aver tentato di introdurre una maggiore giustizia sociale.

“La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell’anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell’apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative.

Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.

Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito.   Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi.

Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita”

 In Cile sappiamo com’è andata e quanti anni di sofferenza quel giorno sia costato ai cileni.