Quando al G20 sulla Siria hanno fatto la conta delle nazioni schierate con Obama e di quelle che concordavano con la posizione opposta sostenuta da Putin, un solo Paese si è ritrovato inserito in entrambi gli elenchi. Inutile scriverne il nome. Lo conoscete dai tempi della scuola, dai libri di storia dove leggevate di questo popolo di mercanti e mediatori apparentemente astutissimi che non aveva mai finito una guerra, un conflitto, un litigio per il parcheggio dalla stessa parte in cui lo aveva iniziato. La terza guerra di indipendenza, per dirne una, fu un tripudio di equilibrismi e giravolte come non se ne vedono neanche al Cirque du Soleil. Alla fine, pur perdendo tutte le battaglie, riuscimmo nell’impresa di riportare a casa il Veneto. L’imperatore francese Napoleone III commentò sprezzante: «Ah, gli italiani, ancora una sconfitta e mi avrebbero chiesto Parigi!» Dopo Caporetto e la «vittoria mutilata» che ne seguì, saltò su un dittatore smanioso di trasformarci in antichi romani. Ci trascinò in una catastrofe e non trasformò un bel nulla. La mattina di settant’anni fa, il re che da poco lo aveva fatto arrestare ricevette l’ambasciatore nazista per rassicurarlo sulla fedeltà all’alleanza con la Germania: il giorno seguente sarebbe stato l’Otto Settembre. Considerati i precedenti, la partita doppia sulla Siria rappresenta una bazzecola. Siamo d’accordo con Obama nel ritenere Assad un criminale di guerra e siamo d’accordo con Putin nel non volerlo bombardare. È così complicato? A me sembra di una chiarezza cristallina. Ma non faccio testo: sono un italiano. M.G.
Non ce ne voglia Massimo Gramellini se riportiamo integralmente il suo breve pezzo su La Stampa che, riferito all’odierno clima di guerra, riporta l’attenzione sulla data dell’8 Settembre, una data emblematica che ricorda come l’Italia entri ed esca dalle guerre senza che chi la guida abbia la giusta capacità di valutarne le conseguenze.
L’Italia entra in Guerra nel giugno del 1940 perché Mussolini illude un popolo che una guerra è salvifica e corroborante del carattere italico (quale?), sa che gli italiani hanno bisogno di sentirsi forti, specie con i deboli e specie dietro le corazze di qualcun altro. Sa che gli Italiani seguono qualunque bugiardo, strafottente che rubi, ma alla grande, e si presenti bene. E’ storia vecchia e ricorrente a parte qualche parentesi in epoca romana di qualche tribuno che aveva a cuore il buon governo, per il resto sono i più strafottenti ad avere la meglio sui giusti e corretti.
L’Italia esce dalla guerra l’8 settembre del 1943 dopo che il Fascismo era imploso dall’interno per incapacità di sostenere ancora il peso di una guerra che stava massacrando il paese, ma lo fa con un voltafaccia verso gli alleati tedeschi che porta a conseguenze disastrose. Dopo l’armistizio firmato da Badoglio con le Forze Alleate, la guerra continua altri due anni ma contro i tedeschi che compiono ogni sorta di nefandezze tra le quali quella di intensificare lo sterminio degli ebrei italiani e di quelli stranieri che in Italia avevano trovato provvisorio e “precario rifugio”.
Da qui inizia la ricerca de “Il Fiume” sull’Internamento libero, perché da questo momento le storie delle famiglie internate in Polesine prendono vie diverse con esiti opposti. C’è chi si salva per fortuna, coraggio e sostegno degli italiani onesti, c’è chi soccombe, arrestato da tedeschi e fascisti per essere condotto ai campi di sterminio.
Non solo gli ebrei vedono cambiare il loro destino, una pagina dolorosa è quella che racconta degli IMI ovvero gli Internati Militari Italiani che dopo l’armistizio rifiutarono di combattere con la Germania, lasciati soli e confusi nelle isole della Grecia o nelle steppe dell’Est e vennero uccisi sul posto o deportati nei campi di prigionia.
Celebrare i 70 anni da quell’8 settembre, oggi per noi significa contrastare tutti coloro che cercano di far rivivere quei miti e ideologie che si nutrono menti deboli, confuse da birre e alcol ed educate all’odio dalla crisi economica dell’occidente industrializzato.
Chi pagò le conseguenze di quell’8 settembre ha sofferto inutilmente, senza riuscire ad insegnare che la guerra è una cosa orribile per tutti, che la patria e la ragione sono mobili, non stanno mai in un posto fisso e combattere, armi alla mano, per l’una o l’altra parte è una sconfitta per l’umanità.