La data del 17 marzo 1861, proclamazione del Regno d’Italia, viene celebrata quest’anno per il valore simbolico legato ai 150 anni dell’unità del nostro paese.
L’unità dell’Italia che oggi conosciamo, si compirà molti anni più tardi, addirittura nel dopoguerra.
La celebrazione è di carattere storico ma assume anche un valore civile e politico in relazione alle dichiarazioni anti-unitarie di una parte delle forze presenti nel parlamento e nella società civile.
Che Italia sarebbe un’Italia fatta solo di Veneto? E se il Trentino chiedesse l’annessione all’Austria? E se Sardegna e Sicilia facessero da se?
Che Italia sarebbe senza le figure degli italiani che l’hanno costruita, con il loro impegno e con la loro vita?
Il “Fiume” nell’appuntamento di venerdì 18 marzo, alle ore 20.30, nella Sala Consigliare del Municipio di Stienta (Ro), presenta, per l’occasione, la biografia scritta da Gianpaolo Romanato, di Giacomo Matteotti che fu un rivoluzionario e protagonista di un’Italia divisa tra fascismo e sete di giustizia sociale.
“Uomo del post-risorgimento, estraneo alle mitologie dell’unificazione, Matteotti appartiene alla generazione dei Prezzolini, dei Papini, di coloro cui importava il futuro, non il passato. Scontenti, ribelli, inquieti. Aveva la stoffa e la preparazione dell’intellettuale, con solidi studi di diritto e di economia.
Ma in lui era più forte la sensibilità del politico, dell’uomo d’azione. Viveva in una provincia povera, depressa, dove i contrasti fra miseria e ricchezza erano sfrontati e i rapporti sociali dominati dall’ingiustizia e dalla prepotenza.
La sua famiglia aveva accumulato in pochi anni una notevole fortuna, che gli avrebbe permesso di vivere agiamente di rendita. E invece divenne socialista. Allora il socialismo era sinonimo di lotta di classe, di rivoluzione. E Matteotti fu un rivoluzionario. Contro suoi interessi e contro la sua classe d’appartenenza, che non glielo perdonerà più”