15 ottobre 2011- Roma brucia

 

Mentre l’Associazione il Fiume si avvia a organizzare il secondo incontro autunnale con gli scrittori e attivisti Vittorio Agnoletto e Lorenzo Guadagnucci, dedicato alla ricorrenza del decennale della repressione delle proteste durante il G8 di Genova, l’attualità mette ancora una volta in luce i pericoli che corre la democrazia.

E se gli autori parlano di “eclisse della democrazia” analizzando come il comportamento repressivo e violento delle forze dell’ordine è stato favorito e coperto dalla protezione politica, i fatti di Roma di venerdì 15 ottobre hanno reso l’incontro drammaticamente attuale.

Ancora una volta il cittadino “indignato” scopre di non avere mezzi per esprimere il suo dissenso o per cambiare l’ordine delle cose.

Non può farlo con la stampa, perché pochi e inascoltati, sono i giornali liberi di esporre le opinioni di tutti senza il ricatto della proprietà, non può farlo attraverso la televisione, che relega i temi più scottanti a orari impossibili o a brandelli di servizi in mezzo alle opinioni ammaestrate.

Non può farlo con la politica votando propri candidati e chiedendo loro conto di quello che accade.    Non può farlo, ormai, nemmeno scendendo pacificamente in piazza.

Il cittadino per bene non può manifestare in piazza il suo dissenso pacifico ed argomentato perché una minoranza di estrazione “varia ed eventuale”, mette sempre fine alla parata civile con atti che suscitano interventi delle forze dell’ordine, ai limiti dell’impreparazione e della sconsideratezza.

Gli attori della tragedia sono accomunati da una sorte che li colloca, comunque,  dalla parte dei perdenti, costretti a combattere tra loro. Gli uni, i giovani e I cittadini inermi, senza nessuna colpa, gli altri, i poliziotti, senza nessuna voglia, in mezzo i “black blok”, chiamiamoli così, perché non si riesce a capire il loro ruolo, ma, sopra tutti loro, un piccolo gruppo di “invisibili” che non sono toccati da niente di quello che accade.

Gli “invisibili” non li tocca la crisi, sulla quale veleggiano con navi potenti tra un’isola e l’altra in cui godere il profitto dello sfruttamento degli altri, non li tocca la carenza di risorse energetiche, forti del possesso di giacimenti e ampi territori, non li toccano le proteste popoli, proprio perché sono invisibili ai molti.

Non li tocca la morte degli innocenti nel mondo perché si nascondono dietro al “così è sempre stato”.

“In un mondo insicuro, il gioco si chiama sicurezza. La sicurezza è lo scopo principale del gioco e la sua posta suprema. E’ un valore che, se non in teoria almeno nella pratica, schiaccia e nasconde alla vista tutti gli altri valori, compresi quelli più cari a “noi” e più invisibili a “loro”, e per questo indicati come principale ragione del “loro desiderio di colpirci e del “nostro” dovere di sconfiggerli.

Z. Bauman “Vite che non possiamo permetterci”, Editori GLF Laterza, 2011