1 marzo 2012 – TAV in Val di Susa una “partita persa” contro un “partito preso”

 

Tema importante per il nostro Paese la decisione di realizzare l’Alta Velocità tra Torino e Lyone, un’opera che dovrebbe garantire un collegamento preferenziale e veloce verso il nord-ovest, per i fautori, non determinante per i collegamenti e per la crescita economica, oltre che troppo costosa e soggetta ad appetiti mafiosi, per i detrattori.

Come per le centrali nucleari, per la riconversione a carbone della centrale di Polesine Camerini, i temi sono molto importanti e non è facile formulare un si o un no decisi, quando le ragioni stanno da entrambe le parti.

Il rischio che, nel momento difficile che stiamo vivendo per l’economia occidentale, queste ragioni si trasformino in slogan e portino a contrapposizioni e scontri anche tragici, è palpabile e va scongiurato, ma la sensazione è che, comunque vada,  non sarà un successo.

Bene ha descritto la situazione Concita de Gregorio nell’articolo di ieri su Repubblica che riportiamo in parte:

Si può morire per una partita persa, sì. Il partito preso contro la partita persa. È una storia antichissima. Ascoltare Brecht, pensare a noi. Ieri sera a poche centinaia di chilometri dalla Val di Susa è andata in scena a Milano la “Santa Giovanna dei Macelli” diretta da Ronconi.
Coi No-Tav nelle valli a darsi il turno sulla trincea di un pericolosissimo confronto con l’ esercito in forze, un confronto dove faccia a faccia, casco a passamontagna, occhi negli occhi basta niente – una frase, un gesto, un insulto, una stupida provocazione – a far partire le mani, e le armi, e la tragedia, ecco proprio nelle stesse ore sul palco del Piccolo Teatro risuonavano le medesime parole che leggiamo sui giornali ogni giorno. E cosa fare, adesso? Quale soluzione se fin dal principio il dialogo fra i due opposti schieramenti – la popolazione, l’ istituzione – è stato negato? Un testo scritto nel 1929, i giornali di oggi. Giovanna Dark, la versione novecentesca di Giovanna d’ Arco, muore per una
causa persa, impossibile da far valere contro le ragioni del “partito preso“.”

“Le ragioni del popolo e quelle di chi governa l’ economia. La salute contro gli interessi, la tutela dell’ ambiente contro le ragioni di Stato, degli Stati. La promessa di un lavoro in cambio della resa. Ci vuole un martire, sempre, per l’ epica. Un uomo, una donna simbolo. La Val di Susa ora ha eletto il suo, caduto da un traliccio dove era salito a gridare. A teatro Giovanna Dark, una magnifica Maria Paiato, non muore sul rogo ma di stenti. È l’ eroina degli ultimi, degli operai della fabbrica di carne che chiude – c’ è la crisi, siamo nel ‘ 29 – e chiude perché nessuno ha più i soldi per comprare quella carne. Ma se gli operai non avranno lavoro né dunque denaro chi mai potrà più comprare le merci? L’ operaio di Ronconi, il volto ottocentesco di Gianluigi Fogacci replicato in centinaia di cloni sugli schermi, le sue parole sui diritti, sulla giustizia, sulla libertà degli uomini che non hanno voce in cosa sono diverse da quelle di chi combatte oggi contro il partito preso delle grandi opere, sempre dispensatrici di denari a chi ne dispone già in quantità, sempre terreno fertile di corruzione, di delitto, di ingiustizia? E la vedova dell’ uomo caduto nel tritacarne e diventato egli stesso carne in scatola, la signora Luckerniddle (Francesca Ciocchetti, in scena) può forse essere rimproverata di rinunciare a denunciare la fabbrica in cambio di venti pasti caldi? A noi che non abbiamo risposte ma solo domande, oggi, su come uscire dalla polveriera disinnescando le micce, Brecht e Ronconi dicono questo: tutti sono un poco corrotti o corruttibili, tutti hanno le loro ragioni, tutti si tengono. Dei giusti, degli eroi si narra l’ ingenuità, e sempre infine la cattiva sorte. Dei padroni l’ impossibilità – l’ incapacità – di rompere un sistema del quale non sono infine che ingranaggi. Il padrone della fabbrica di carne, il signor Mauler, con la voce e coi potenti gesti di Paolo Pierobon, sul finire dello spettacolo dice così: «È solo con misure estreme che potranno parere dure perché colpiamo qualcuno, o anche molti, a farla breve i più o quasi tutti, solo così potrà salvarsi questo sistema di libero scambio che esiste qui tra noi». Ci si può salvare solo con misure estreme, una frase attuale. Questo “sistema di libero scambio” che esiste qui tra noi, però, non è un buon sistema. È un sistema che ignora le ragioni di milioni di uomini e ne provoca la miseria, la disperazione. «Non c’ è qualcuno che organizzi qualcosa?», chiede Giovanna Dark? «Sì, i comunisti», le risponde l’ operaio. «Ma non è quella gente che inciti a commettere delitti?». I disoccupati della fabbrica, stesi a terra senza forze, non possono neanche sorridere di scherno. Chi commette il delitto, in questa storia? Contro chi? «Bisogna fare attenzione, perché potrebbe anche esplodere una rivoluzione», recitano gli attori di Ronconi. Basta che Giovanna muoia perché l’ esercito delle partite perse si ribelli a quello del partito preso, e per le lacrime sarà troppo tardi. Basta una scintilla sotto le ceneri a incendiare il cantiere. Mai parole, in platea, suscitarono tanta impressione.”

Articolo tratto da Repubblica, 1 marzo 2012