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Settembre 1938-2018 – Il razzismo in cattedra

Trieste è una citta emblema del ‘900 italiano.

Divisa tra Italia,  Austria e mondo slavo, come terra di confine e importante porto sull’Adriatico è stata contesa tra l’Impero Austro-Ungarico, l’Italia che vinse la prima Guerra Mondiale e la Jugoslavia di Tito che in quelle terre si voleva insediare per diritto del vincitore stavolta della seconda Guerra Mondiale.

La città ha sofferto ogni crisi e cambiamento dei rapporti di forza in campo, così ogni volta che la convivenza tra le sue molte anime si stabilizzava, qualche conflitto finiva per rimettere in discussione quella convivenza.

Voci autorevoli hanno parlato di Trieste e del clima che vi si viveva negli anni tra otto e novecento, uno su tutti Boris Pahor, rappresentante della comunità e della cultura slovena perseguitato da nazisti e fascisti, deportato nei campi di concentramento tedeschi e sopravvissuto tra i più longevi dall’alto dei suoi 105 anni appena compiuti.

Allo scrittore sloveno si deve la descrizione delle violenze del primo fascismo soprattutto in quest’area di confine in cui gli “slavi” furono le prime vittime della nascente dittatura.

Ma a volerla vedere dalla parte degli italiani sono stati gli studenti del “Liceo Petrarca” della città. Nell’ambito di un progetto di alternanza scuola –lavoro hanno condotto una ricerca accurata nell’archivio di Trieste e hanno preparato per il triste anniversario una mostra sulle “leggi Razziali” nella città.

A partire dall’annuncio di Mussolini in Piazza Unità proprio nel settembre del 1938, l’applicazione delle leggi razziali ebbe il suo rapido svolgimento in tutti i settori ed in tutto il paese e i primi ad essere colpiti furono insegnanti e studenti espulsi dalle scuole del regno a partire dall’anno scolastico 1938-39.

Storia, non fantasia. Storia documentata da lettere, decreti, gazzette ufficiali, testimonianze e prime pagine dei giornali dell’epoca.

Proprio una pagina de “Il Piccolo” di Trieste è stata scelta dagli studenti del Liceo Petrarca per sovrapporla all’immagine di ragazze felici cui poi è stato negato il diritto all’istruzione, per il manifesto della mostra patrocinata dal Comune.

La storia purtroppo non soddisfa più la politica, o almeno la politica che amministra oggigiorno, e quindi il sindaco Dipiazza ha sollevato obiezioni sull’opportunità del manifesto ritenuto “troppo forte”(citazione).

Il manifesto è quello che vediamo e lasciamo a tutti voi il giudizio sulla sua forza o debolezza.

La cosa più grave detta dal Sindaco però è l’affermazione secondo cui di fronte alla complessità del ‘900 dovremmo” metterci tutti sull’attenti e chiedere scusa: da una parte e dall’altra”(citazione).

A leggere queste parole si drizzano i capelli perché che scuse dovrebbero chiedere gli ebrei di Trieste e del resto d’Europa ai nazifascisti che li hanno bruciati in Risiera?

Quali scuse signor Sindaco vanno a chi  ha assassinato?

E, inoltre, chi fa “da distributore di benzina” (sempre citazione), i giovani studenti topi d’archivio o altri topi meno nobili che hanno organizzato un raduno neofascista per il 3 novembre in piazza a Trieste?

Dilemmi incredibili del nuovo millennio

19 aprile 2018 – La ragazza con la Leica raccontata dall’autrice Helena Janeczek a Ferrara e Adria

Doppio incontro per Il Fiume , a Ferrara e Adria per presentare il libro “La ragazza con la Leica” di Helena Janeczek sulla figura di Gerda Taro, compagna e ispiratrice di Robert Capa.

Roberto Muroni, storico,  con Chiara Fabian in collaborazione con ISCOFE ne parlerà alle 17.00 nella Sala dell’Arengo presso il Municipio di Ferrara.

Alla 21.00 ad Adria presso il MAAD (Museo Arte di Adria e del Delta) in Corso V. Emanuele,  l’Associazione il Fiume  e i rappresentanti di importanti istituzioni ritroveranno l’autrice per altri spunti di riflessione.   A introdurre l’incontro segue una nota di Cristiana Cobianco collaboratrice di REM (Ricerca Esperienza Memoria) il periodico di cultura del Delta del Po.

“E’ di evidente attualità l’incontro con Helena Janeczek, autrice del libro “La ragazza con la Leica”, giovedì 19 aprile alle 21:00 presso il MAAD di Adria in Corso Vittorio Emanuele.    L’incontro organizzato dall’Associazione Il Fiume” (http://www.associazioneilfiume.it/) in collaborazione con MAAD (http://www.museomaad.it/), Fondazione Bocchi (http://www.fondazionecarlobocchi.it/la-fondazione/), Voci per la Libertà Amnesty Rovigo (http://www.vociperlaliberta.it/) e l’Associazione Nazionale Partigiani sez. di Rovigo si inserisce in un momento storico particolare in cui temi quali guerra civile, rifugiati, giornalismo d’indagine e fotografia di guerra sono ancora di grande attualità. A partire dal passato la vicenda di Gerda Taro ci aiuta ad affrontare il presente.

L’Associazione “Il Fiume” è da anni impegnata a raccontare la grande storia partendo dalle storie individuali per ragionare e cercare di capire anche il nostro presente; Amnesty international cerca puntando i riflettori sui singoli di far valere i diritti universali dell’uomo; l’Associazione Nazionale Partigiani cerca di non farci dimenticare il coraggio della resistenza ai fascismi che in Spagna ha visto i primi caduti. Tutti insieme si sono dati appuntamento al MAAD con la scrittrice Helena Janeczeck, intellettuale che ha nella cassetta degli attrezzi molte storie individuali e autobiografiche per aiutare la comprensione di meccanismi umani, troppo umani fino a diventare eroici.

La scrittrice e’ cofondatrice della rivista culturale “Nazione Indiana” e collabora con la rivista letteraria fondata da A. Moravia e P.Pasolini “Nuovi Argomenti”. Sicuramente da leggere anche “Le rondini di Montecassino” libro precedente è un mosaico di storie e tempi che aiutano a comprendere da più punti di vista la situazione storica della seconda guerra mondiale  in Italia partendo da una battaglia. Ne “La ragazza con la Leika” , invece, si parte da alcuni fotogrammi che Helena Janeczek descrive e compara all’inizio delineando pian piano il ritratto di una donna coraggiosa, artista nel senso più alto del termine, di quando l’arte serviva a far crescere e a svegliare le coscienze.

Gerda Taro frequenta gli intellettuali antinazisti nella Francia degli anni venti e giovanissima parte per la Spagna per testimoniare i coraggiosi che al fascismo tentano di resistere. “Da vicino” Gerda voleva fotografare da vicino con la sua Leica, perchè le foto venivano meglio e per questo era disposta a rischiare anche la vita. E così andò che la foga di documentare le costò il respiro, schiacciata sotto un carrarmato nell’epica battaglia di Brunete.

Foto che riuscivano con sensibilità a cogliere la guerra vista anche dai civili, dai bambini e non solo dagli eroi combattenti. L’inferno vissuto assieme al compagno Robert Capa, con cui in quegli anni condivise lavoro, vita, pericoli e arte. Ma forse proprio questa morte prematura a ventisette anni non ha permesso che Gerda trovasse una sua autonomia storica e artistica, tanto che Helena Janeczek decide di farcela raccontare da altri due uomini Willy Chardack lo spasimante borghese, Georg Kuritzkes il fidanzato rivoluzionario. La guerra di Spagna vede le donne scendere in campo, non solo Gerda Taro ma anche una delle prime corrispondenti di guerra Martha Gellhorn. Anche lei, sempre associata ai cinque anni di matrimonio con Hemingway, è uno sguardo diverso alle vicende degli ultimi, dei civili. Donne che hanno affascinato artisti, intellettuali, rivoluzionari per il loro coraggio e per il loro talento.     Dal Medio Oriente, ai diritti umani dei rifugiati, dalla guerra vista dai civili all’autonomia e indipendenza artistica femminile, di tutto questo approfondiremo al MAAD con l’autrice presentata da Chiara Fabian instancabile ricercatrice di storie di passaggi. E ci piace concludere proprio con una citazione dal libro frutto della ricerca dell’Associazione il Fiume “… Siamo qui solo di passaggio” perchè pensiamo che incontri e libri di questo tipo servano proprio a renderci tutti più civili.              “Vedi, ci sono ancora deboli residui di civilizzazione rimasti in questa barbara carneficina che un tempo era conosciuta come umanità.”

“Grand Hotel Budapest”, dal film di Werner del 2014 ispirato all’opera di Stefan Zweig

Per approfondire consigliamo il sito della scrittrice con le foto e il materiale relativo alla ricerca su Gerda Taro http://www.helenajaneczek.com/

Cristiana Cobianco

28 marzo 2018 – L’uomo è animale politico – Aristotele 340 a.c.

All’esame di maturità mi toccò in sorte il greco come seconda prova e in particolare la versione presa dal testo  “La Politica” di Aristotele che titolava  “l’uomo è animale politico” , per questo  e forse anche per l’esito non proprio felice della traduzione dal greco, la definizione mi è rimasta impressa.  Marzo 2018 è stato il mese delle elezioni politiche e la politica riguarda la nostra vita quotidiana, investe il nostro impegno culturale, determina l’indirizzo della nostra istruzione, condiziona le scelte del tempo libero e quindi non fare politica è come non –vivere.

L’esito del voto ha premiato le forze di centro-destra, poco male, nella dialettica politica ci sta l’alternanza, ma quel che preoccupa è che entro queste forze sono confluite con regolari formazioni, simboli e programmi le forze che si ispirano al fascismo.   Come è stato possibile nonostante una Costituzione, difesa ad oltranza nell’ultimo referendum da una strana accoppiata destra-sinistra estrema, che esplicitamente vieta la ricostituzione del partito fascista o di partiti ad esso ispirati?   Non lo so.

Accanto alla destra un Movimento 5 Stelle, nato come rottura, al grido simbolico di “vaff..” ha preso un terzo dei voti e con l’euforia di chi non ha niente da perdere ma tutto da conquistare, nonostante le prove al di sotto della sufficienza dei suoi sindaci finora eletti, si propone alla guida del paese.

La Sinistra “…che parla sempre di tasse e di regole e con la sua petulante ossessione per la cultura, la sinistra mai semplice, mai alla mano…” come scrive il noto commentatore Michele Serra, non è utile al nostro paese, anche e forse perché nella sua ultima versione pur provando ad uniformarsi a certo pensiero economico di destra non ha convinto quasi nessuno.

Ora la formazione del Governo è affidata all’unione delle due forze politiche, apparentemente opposte, che hanno ottenuto la maggioranza. A Roma, nei giorni dell’euforia, è apparso un murales che mostra i due leader uniti da un bacio appassionato, non il bacio di Giuda, ma proprio un bacio appassionato.

Un murales accanto a quello con una Giorgia Meloni anti-migranti con un bel negretto in braccio. Bei murales molto ironici che sono stati subito cancellati … con la destra non si scherza! Peccato che, nell’era dei social la foto di questi murales abbia fatto il giro del mondo e rimarrà ad imperitura memoria e ad emblema della politica da ora in poi.

Una politica di cambiamenti repentini, di coincidenza degli opposti per opposti motivi, detta fatta e cancellata subito dopo, messa in streaming al bisogno e chiusa nelle segrete stanze all’occorrenza. Una politica senza partiti ma con società finanziarie alle spalle che accumulano somme enormi e gestiscono dati di milioni di persone che li affidano allegramente per poi lagnarsene subito dopo.

E’ comprensibile l’entusiasmo dei tanti giovani del Movimento 5 Stelle, che non avrebbero avuto nessuna possibilità in partiti tradizionali dove si richiedevano impegno a indire riunioni, trovare le sedi, affiggere manifesti, organizzare feste di finanziamento, mentre ora da casa con un clic al pc riescono a catapultarsi a Roma.

E’ comprensibile l’inebriante senso di “finalmente è possibile”, e che arrivare allo scopo prefisso si può passar sopra a quanto detto, scritto, giurato e spergiurato. Speriamo solo che l’incoerenza e il vendere la dignità porti a qualche beneficio che non siano quattro soldi promessi per calmare masse senza speranza.

Speriamo di poter avere un paese più civile, più onesto, in cui le risorse siano distribuite equamente e le opere pubbliche realizzate se servono al paese non ai magnati delocalizzati. Speriamo che ci daranno un paese senza campi di concentramento per migranti, senza omicidi per mafia o senza spaccio di droga, in cui la crescita sia coniugata con il rispetto dell’ambiente e l’ecologia.

Ovviamente non c’è da aspettarselo dalla destra scompatta tutto questo, ma dal Movimento 5 Stelle si. Datecelo, ne avete i numeri e il mandato!

01 febbraio 2018 – Meglio non sapere? Il peso della conoscenza

Tatiana Bucci, Sergio de Simone e Andra Bucci all’epoca della deportazione

È meglio sapere anche se la verità fa male. Prendendo spunto dal titolo del libro della scrittrice napoletana Titti Marrone che ha raccontato la storia di Sergio De Simone e delle cugine Andra e Tatiana Bucci, deportati ad Auschwitz da Fiume con parte della famiglia, abbiamo voluto far sapere ai ragazzi di alcune scuole di Ferrara cosa significa essere stati bambini nell’inferno del campo di sterminio.

M.Chiara Fabian, Andra Bucci, Titti Marrone, Anna Quarzi, l’assessore Massimo Maisto e il rappresentante dela comunità ebraica di Ferrara assieme al signor Finzi

Andra Bucci ha portato per la prima volta a Ferrara la sua testimonianza grazie al  lavoro dell’Associazione Il Fiume, unito a quello dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e della sua Presidente Anna Quarzi.  Hanno avuto un grande ruolo anche le istituzioni e soprattutto l’Amministrazione comunale della città che diverrà sede del Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah.  Il  Sindaco e gli assessori Maisto e Corazzari,  hanno appoggiato l’iniziativa e compreso l’importanza di avere ancora testimonianze dirette di chi ha vissuto nel corpo e nell’anima l’esperienza della persecuzione antiebraica del fascismo e del nazismo.

Nonostante Titti Marrone abbia dato un taglio narrativo ma anche storico al racconto di Andra, e nonostante quest’ultima abbia sempre sottolineato che allora era bambina e i suoi ricordi sono piuttosto flash, frammenti di immagini mescolati a sensazioni, il pubblico ha provato emozioni molto forti.   Le emozioni che può dare una storia come quella di tre bambini catapultati un un mondo irreale in cui l’incubo era diventato vita quotidiana e giocare tra i grigi cadaveri era cosa normale.

Il libro “Meglio non sapere” (Edizioni Laterza. 2003) di Titti Marrone ha raccontato in maggior parte la storia di Sergio de Simone che era stato selezionato da Mengele, il “dottor Morte”, per esperimenti e venne accomunato nella triste sorte ad altri 19 ragazzini di tutta Europa, trasferiti  nel campo di Neuengamme per manipolazione inutili e poi uccisi nei sotterranei di una scuola di Amburgo poco prima dell’arrivo delle truppe liberatrici russe.

Ogni anno il 20 aprile in quella che ancor oggi è una scuola, si ricorda con una cerimonia molto toccante, la storia dei “20 bambini di Bullenhuserdamm” e anche questa vicenda è stata fortunatamente ricostruita da un ostinato giornalista tedesco Günther Schwarberg e, per l’Italia, dalla professoressa Maria Pia Bernicchia,  autrice del libro “Chi vuol vedere la mamma faccia un passo avanti” ( Proedi editore).

Accanto al racconto della vicenda di Sergio de Simone, Titti Marrone ha dipanato anche la vicenda delle cuginette Tati ed Andra che a sei e quattro anni sembravano gemelle e riuscirono a scampare alla selezione grazie all’aiuto di una kapò che le aveva prese a cuore. Di loro l’autrice racconta la memoria del campo ma soprattutto la difficoltà del ritorno alla vita normale e alla madre, che avevano cancellato dalla memoria.

Il loro è racconto esemplare di quello che avrebbero potuto raccontare migliaia di altri bambini in quelle condizioni se non fossero stati inviati direttamente al gas, un racconto che almeno un milione di loro non potè fare.

Andra Bucci e Titti Marrone difronte al castello di Ferrara

Un racconto che attraverso le loro parole pacate e sommesse ci emoziona e ci fa riflettere sulla brutalità del male ma anche sul destino che salva alcuni e condanna altri e tuttavia abbiamo la sensazione che la conoscenza paradossalmente non serva. Quanto è accaduto continua ad accadere anche oggi in luoghi in cui la vita umana, specie quella dei bambini vale meno di zero.

Ma l’ostinazione al male va pareggiata con l’ostinazione a combatterlo e la conoscenza è l’unico modo che sappiamo.

25 gennaio 2018 – I Giusti tra le Nazioni

Quest’anno abbiamo programmato per gli interventi nelle scuole una diversa  lettura della ricerca sull’internamento libero in Polesine. Abbiamo voluto mettere in risalto il ruolo svolto dai comuni cittadini nel far sentire i profughi sostenuti e appoggiati fino al punto da metterli in salvo a rischio della vita loro e delle loro famiglie. Lo scopo era quello di far capire ai ragazzi l’importanza delle scelte personali e la possibilità che queste “facciano la differenza” nel salvare vite umane.

A Montagnana abbiamo incontrato tre classi delle terze medie dell’Educandato San Benedetto, una grande struttura scolastica dotata di convitto e molto ben organizzata. Con la collaborazione e grazie alla volontà dell’ Anpi locale ai ragazzi è stato proposto un incontro durato più di due ore. Sorprendente l’attenzione dei ragazzi sicuramente frutto del lavoro degli insegnanti.  L’intervento si è focalizzato sulla salvezza di sette persone nascoste nella soffitta di Pontemanco dalla famiglia Brunazzo e dal riconoscimento che questo atto ha ricevuto dallo Yad Vashem.

Gli alunni hanno ascoltato in silenzio e , anche se gli argomenti non erano dei più facili, hanno capito il messaggio. Lo hanno confermato le domande e gli interventi di molti di loro. Hanno capito il senso e i protagonisti della storia e hanno tirato fuori dai loro vissuti familiari i racconti uditi ormai dai nonni e a volte dai bisnonni (se pensiamo che in terza media ci sono ragazzi nati nel 2005).

Il nostro grazie va all’ Anpi per aver voluto questa forma di trasmissione del giorno della Memoria, costruita per tempo e con la collaborazione del Memoriale de la Shoah, nella figura di Laura Fontana, che ci ha indicato come depositari di storie che possono essere utili anche ad affrontare meglio il presente.   Non abbiamo mostrato nemmeno una immagine di morte e orrore, ma pensiamo sia più importante aver fatto riflettere anziché emozionare.

25 gennaio 2018 – Costa di Rovigo.   In contemporanea ai ragazzi delle scuole medie di Costa di Rovigo abbiamo proposto un intervento del prof. Fausto Ciuffi, direttore della Fondazione Villa Emma di Modena.   In occasione della inaugurazione della mostra sul salvataggio a Nonantola di settanta ragazzi ebrei in fuga da Hitler nel ’43, che si può vedere per alcuni giorni all’archivio di Stato di Rovigo, il professor Ciuffi ha raccontato ai ragazzi la storia di un salvataggio clamoroso.    I nostri ragazzi hanno dimostrato oltre che interesse, anche una grande preparazione, non a caso Costa di Rovigo  da anni fa un lavoro di recupero della Memoria  in collaborazione con l’Associazione il Fiume, e ha posto in atto iniziative di grande spessore tra le quali, nel 2016, la posa delle “pietre d’inciampo” in nome della famiglia Buchaster.

La medaglia che lo Yad Vashem conferisce ai giusti tra le nazioni