Tutti gli articoli di chiara fabian

19 gennaio 2018- Ebrei in Piemonte e in Polesine storie diverse e uguali

19 gennaio 2018 – Costa di Ro (RO) Biblioteca Buchaster – ore 20.30, – Adriana Muncinelli   dell’ISRC presenterà il libro, “Oltre il nome.  Storia degli ebrei stranieri deportati dal campo di Borgo San Dalmazzo”, sulla vicenda della deportazione di oltre 355 ebrei stranieri da Borgo San Dalmazzo (CN).

Il libro frutto di una lunga e approfondita ricerca, è un affresco delle vicende delle terre di confine durante le due Guerre mondiali.  Oltre a ripercorrere le storie e gli spostamenti di 355 “persone” costrette ad essere sempre senza patria, il testo fa capire come in tutta Europa i paesi avessero lo stesso approccio alle politiche di accoglimento dei profughi, soggette a restrizioni e a repentini mutamenti che le trasformavano all’improvviso in politiche di respingimento.

Dossier stranieri e fascicoli nelle prefetture e nei Ministeri,  visti di ingresso, campi di raccolta e concentramento, i mezzi e le procedure in Belgio, Olanda,  Francia, Svizzera,  Italia erano gli stessi.   Una sorprendente uniformità tra paesi diversi, alcuni dei quali con la pretesa di essere baluardi della democrazia. E come esito finale la persecuzione di migliaia di famiglie innocue ed innocenti.  Come ogni anno l’Amministrazione di Costa di Rovigo si distingue per la voglia di approfondire le innumerevoli facce della persecuzione antiebraica confrontando quello che accadeva nei comuni del Polesine con il più vasto panorama che circondava l’Italia.

La professoressa Adriana Muncinelli darà voce ad una ricerca condotta con la collega e storica Elena Fallo, con una sensibilità molto femminile. Non per sostenere che esiste una storiografia di genere, ma per sottolineare come l’interesse sia stato dato ai piccoli ma significativi eventi famigliari che si susseguono anche in mezzo alle più terribili vicende della storia. Un affresco che ricorda le saghe dei fratelli Singer, e che sottolinea come la vita e la famiglia nella cultura ebraica prevalessero su ogni difficoltà.

Una storia che pone anche degli interrogativi: perché non lasciar migrare le persone senza visti, sulla base della loro capacità di lavorare e trovare una sistemazione, in modo che ciascuno trovi il suo posto sulla terra?


17 dicembre 2017- Lui ci parla ancora?

Sul suicidio se ne leggono tante. C’è chi lo considera un atto di eroismo, chi una semplice anticipazione quando non si sopporta più la difficoltà della vita. C’è chi dice che il suicidio è esaltante quando lo si conduce da intellettuale, consapevole della banale miseria della vita. Di sicuro vi è l’impossibilità di darne una spiegazione certa e univoca.
Un giorno con Luciano stavamo salutando un amico all’aeroporto e ci siamo sentiti dire “Ecco, ora potrei anche suicidarmi perchè sono felice e ho avuto tutto dalla vita”.
Il nostro affetto verso l’amico ci lasciò scioccati. L’idea di perderlo ora che il legame si era così cementato, era per noi insostenibile e ogni tanto riflettevamo sulla frase che sembrava anormale.

E poi Luciano, proprio lui, si lancia nella più classica delle contraddizioni e il 17 dicembre del 2012 con lucida determinazione si lascia cadere nell’acqua gelida del Po .

No, non è possibile, proprio lui.
In quanti ci siamo interrogati sul perchè Luciano ci ha lasciati senza un avviso e una richiesta di aiuto! Recentemente ho incontrato la frase di commiato di Cesare Pavese e l’ho sentita così calzante a quanto è accaduto che mi par di sentirla sulle labbra di Luciano.
“Vi perdono tutti perchè non avete capito senza che io ve lo dovessi spiegare…ma state tranquilli, non avete colpe, vi chiedo perdono per quello che non sono riuscito a fare e per l’aiuto che non sono riuscito a darvi”.

Ecco mi pare di sentirlo dire questo e anche …”non fate pettegolezzi!”.

20-27 AGOSTO 2017- Seminario per insegnanti italiani – Yad Vashem Gerusalemme

Pianta della Palestina del 1700

Gerusalemme, Al-Quds, Jerushalaim, chiamatela come volete ma alla fine si tratta sempre dell’ombelico del Mondo, o meglio di tre/quarti del mondo se escludiamo la grande area dell’Oriente buddista o della Cina “comunista”.

Dal 18 al 27 agosto sarò a Gerusalemme per un percorso di approfondimento della didattica della Shoah all’interno dell’istituto Yad Vashem, più noto come museo della Shoah dello Stato di Israele. Sarà anche l’occasione per entrare nello spirito della città che è forse tra le aree più contese nel mondo e che si contrappone in Israele alla laica Tel Aviv, alla medievale Akko, alla sionista Haifa, alla religiosa Hebron, alla mistica Safed.

Una città dalla storia millenaria ma per capire cosa è oggi è, forse, più importante conoscere le vicende dell’ultimo secolo. Interessante è scoprire come la dissoluzione dell’Impero Ottomano, l’intervento dell’Inghilterra, la stratificazione delle comunità religiose, la popolazione araba ed ebraica coesistenti da epoche immemori, siano state sopraffatte dalla forza della disperazione di un popolo salvatosi dalla distruzione progettata dalla Germania Nazista ed appoggiata dal resto dell’Europa.

Delle vicende drammatiche del secondo Novecento, ne hanno fatto le spese i Palestinesi, ossia la popolazione araba, mai costituita in nazione, ma stritolata tra i grandi movimenti di masse e politici nei quali gli arabi palestinesi non sono riusciti ad inserirsi se non attraverso una serie di “no” che hanno portato a guerre e sofferenze senza fine.

Il tempo di solito guarisce le ferite ma, in questo caso, il tempo non fa che rendere più difficile progredire verso la pace, come quando la calcificazione di una frattura rende difficile muovere un’ articolazione.

Il viaggio ed il Seminario per insegnanti che lo Yad Vashem organizza per gruppi di insegnanti di tutto il mondo ha lo scopo però di approfondire il tema della Shoah e di come si approfondisce e insegna. Perché approfondire un tema che sembra ormai noto e conosciuto?

L’importanza di questo studio è oggi sempre più evidente. Capire che la Shoah ha avuto una specificità ed una unicità fondamentale è cosa che abbiamo detto e si dice da molte parti. Insegnarlo ai non addetti ai lavori deve rendere ogni fatto storico contemporaneo importante per quello che è e per la dinamica che lo ha prodotto, altrimenti non riusciremo a trovare i metodi per combattere i conflitti del mondo.

“Combattere i conflitti”, quasi una figura retorica di cui non ricordo il nome. E’ un altro modo di dire “se vuoi la pace prepara la guerra”… non crediamo che si debba usare la guerra per avere la pace e lo dimostrano tanti conflitti contemporanei nati da azioni che in tempo di pace volevano sovvertire l’ordine di alcune aree del mondo per pori scopi di interesse o egemonia.

Non crediamo che Israele sia nato dalla Shoah, come hanno ribadito storici molto importanti, e non deve essere questa il parametro di giudizio della politica dello stato di Israele verso lo stato bi-cefalo della Palestina. Gli israeliani non stanno facendo ai palestinesi quello che i nazisti hanno fatto agli ebrei, questo collegamento  stabilito da più parti  va demolito e la politica israeliana e palestinese va ricondotta a quello che è, alle dinamiche politico amministrative nate a seguito di guerre ripetute, azioni di rivolta difficilmente condivisibili (il terrorismo degli anni ’70) , intifade più o meno disastrose per le conseguenze di ritorsione e ulteriore perdita di autonomia e credibilità.

Non se ne uscirà facilmente e soprattutto perché il resto del mondo è invischiato in altri problemi più grossi, ma dare alle cose il giusto nome e la collocazione più giusta è quello che dovremmo fare tutti.

21 luglio 2017- Tra Sabaudia, Littoria e Mussolinia si snoda la nostalgia fascista

Tempi duri per l’antifascismo.

Il nostro paese sta vivendo una costante e progressiva escalation dell’idea fascista. Si è partiti da un braccio alzato in un campo sportivo a festeggiare un gol, si è passati ai raduni di “Casa Pound” contro i migranti, per poi assistere in parlamento ad offese antisemite contro un deputato Emanuele Fiano figlio di un deportato ad Auschwitz. Non parliamo della melma maleodorante vomitata dai social network, ma di fatti reali che accadono tutti i giorni e mescolano la nostalgia del fascismo alla rabbia impotente verso dinamiche epocali della portata della “crisi del ’29”.  Crisi economica, globalizzazione, destabilizzazione di alcuni governi africani dittatoriali ma funzionali alla repressione in loco del malcontento per la povertà, sono il frullato che ha portato a una migrazione epocale.

Difficile risolvere in poco tempo problemi che richiederebbero maggior forza e coesione dell’Europa divisa tra paesi che ancora in Africa hanno il loro supermercato a prezzi stracciati e paesi che fanno da pattumiera dei residui del supermercato.

L’accoglienza ineludibile dei barconi pieni di migranti, profughi, rifugiati, chiamiamoli come vogliamo, si scontra con le reali difficoltà dell’ammasso di uomini in luoghi inadatti, privi di servizi adeguati, senza organizzazioni che diano loro uno scopo nella giornata.   L’emigrazione femminile dall’est è utile e necessaria è ha trovato i suoi canali, generando quel reddito  che sembra essere fondamentale per il nostro welfare.  Questa nuova e massiccia emigrazione per lo più maschile che non viene incanalata in nessun filone produttivo e rimane imbottigliata in Italia perché il resto dell’Europa non se ne vuol far carico, è la miccia che può scardinare la nostra democrazia.

Sabaudia città di fondazione fascista

Molte voci si levano a dire che l’Italia non ha fatto i conti col proprio passato fascista, ma in effetti non solo di passato si tratta. L’intima essenza dell’italiano è fascista, pronta a bacchettare gli altri ma indulgente con sé stessa, vogliosa di ordine imposto anche con la forza, ma incapace di educare i propri figli al rispetto degli altri.

Tuttavia non è contro l’essenza dell’italiano medio che si deve lottare, si deve contrastare l’apologia del fascismo e l’uso e abuso dei suoi simboli.   A quanto pare la maggioranza degli italiani che al referendum ha votato contro la modifica della Costituzione, quando è ora di applicarla non sa come fare.  Pazienza le forze di destra (strenui garanti della “Costituzione così com’è”, giusto per dar contro al Presidente del Consiglio un po’ trullallà), ma anche chi si propone come Movimento con “barra a dritta” non sa dire una parola forte contro la folla in piazza a Latina che inneggia al Duce e col braccio teso contesta l’intitolazione dei giardini pubblici a Falcone e Borsellino.  Orrore… Sembra che la mafia torni ad essere la maggiore alleata delle forze eversive che vogliono tenere lo Stato nel marasma per poter salire al potere e fare i propria affari indisturbati.

Il cartello voluto da Don Formenton, il parroco di un piccolo paese, dopo fatti di razzismo in molti paesi della provincia

Fatti emblematici gli sfregi ai busti e alle targhe in memoria dei magistrati che hanno combattuto la mafia, fatti gravi le spiagge con la simbologia fascista orgogliosamente in mostra, fatti gravissimi gli interventi assolutori del Vescovo locale (“sono goliardate” mons. Tessarollo), fatti inquietanti i tentativi di cambiar nome a Latina per tornare a Littoria o la polemica montata contro la presidente della Camera Boldrini accusata falsamente di voler abbattere le architetture razionaliste.   In mezzo ci stiamo noi che proviamo a raccontare ai ragazzi nelle scuole cosa è stato il fascismo, cosa vuol dire lotta alla mafia, qual è la differenza tra olocausto e crimini di guerra, tra shoah e foibe.   In mezzo ad un potere politico impotente e a un fascismo montante, ci siamo noi che abbiamo solo il potere della cultura e dell’esempio e siamo minoritari.

Facciamoci gli auguri

 

 

 

 

28 maggio 2017 – Come esser d’esempio

Abbiamo bisogno di esempi, abbiamo bisogno narrazioni positive, abbiamo bisogno di resistenza a tutto il negativo del mondo, abbiamo bisogno di qualcuno che insegni al nostro paese le cose che contano.      Abbiamo bisogno che i giovani imparino quel che è importante e quello che non lo è e dobbiamo usare tutti i mezzi per insegnarglielo.       Credo che l’addio al calcio di Francesco Totti  abbia insegnato molto a tanti giovani.  Una cerimonia retorica ma solo poco poco, in compenso tanto ricca di momenti epici.

Il giro del campo in silenzio, retorica del gesto, forse, ma di sicuro disponibilità e offerta di sé a tutti i presenti per i quali c’è stato un saluto, una foto, un abbraccio, la firma di un pallone. La giusta lentezza a cui oggi non siamo più abituati. Tutto va veloce, lo spettacolo ha i suoi ritmi. Il giro di campo di Totti è stato giustamente un momento lento e solenne.

La musica, tanta e riconoscibile, dall’inno della Roma alla colonna sonora de “il Gladiatore” a “La vita è bella”.  Musica che a tutti parlava in modo personale ma anche universale.

La famiglia accanto a sé.   Bella, importante, quasi all’antica.  Certo il campione ha sposato una soubrette (un tempo si chiamavano così) come tanti calciatori ma, a differenza di molti altri, con lei sola ha messo al mondo tre figli e li sta allevando tra uno strafalcione e l’altro nel suo italiano imperfetto, spesso sfruttato dalla pubblicità, ma genuino.

La lettera scritta in modo molto semplice che parte dall’umiltà del campione che confessa la sua unica abilità, “dare calci ad un pallone”, il lavoro che è anche un gioco, una delle cose bella della vita.  La confessione di chi non sa fare molte cose, ma quelle poche le fa bene e soprattutto le fa per un pubblico, per una società, per una città ma anche per il resto del mondo che assiste allo spettacolo.

Parole semplici, ammissione di paura di un futuro in cui non è semplice reinventarsi per chi sa far bene quelle poche cose. Ringraziamento a tutti, familiari, società, compagni di squadra. Ventotto anni sono un quarto della vita di una persona, e spesi nel mondo del calcio professionistico di alto livello significano tantissimi soldi. Ventotto anni in parte spesi a surfare tra una squadra e l’altra, a passare dall’Europa al mondo emergente del calcio, come fanno in molti,  avrebbero significato ancor più soldi, tanti più soldi!

La fedeltà: ma quanti soldi servono ad un uomo per vivere bene con una moglie e tre figli? Evidentemente quelli che Totti ha guadagnato senza tradire un pubblico, una città, una maglia, senza passare in un’altra squadra e segnare ai suoi ex-tifosi, sono abbastanza per far vivere tutti loro e per riuscire anche a distribuirne in beneficenza aiutando gli altri.

Riuscire a incidere per le sue tante doti positive nell’animo dei ragazzi che lo hanno ammirato da tifosi ma anche da tifosi della altre squadre, sarà un altro contributo che quest’uomo darà al nostro paese.  Certo uomini così ce ne sono tanti e la maggior parte restano oscuri ma non è un motivo per denigrare questa uscita dal calcio e far finta che sia una delle tante passerelle che il calcio propone da parte di uno dei suoi “eroi” viziati.   Non fosse altro per la misura delle parole e dei gesti.    Niente interviste prima, niente urla sataniche di commentatori stupidi, niente discorsi lunghi.   Già questo basterebbe se servisse da esempio anche a certa tv.  Possiamo criticare tutto e tutti, del resto Falcone, Borsellino e gli altri “eroi” loro malgrado non sono immuni da critiche, ma se anche solo un ragazzino sarà ispirato da quel che di buono ha fatto Totti, sarà un bene per tutti noi, genitori, insegnanti, politici, ecc ecc     Esser d’esempio finalmente, senza per forza dover morire, mi sembra una buona cosa.