Non capita spesso che una cittadina come Stienta sia fatta segno di attenzioni come è accaduto sabato 24 maggio.
Alla presenza di un pubblico numeroso ed entusiasta, sul palco del teatro parrocchiale, messo a disposizione da Don Giancarlo, hanno conversato Boris Pahor, nato a Trieste nel 1913, uno dei maggiori scrittori sloveni viventi, e Giuseppe Sgarbi, nato a Stienta 93 anni fa e autore di un solo libro in cui scorre comunque tutto il ‘900 dei nostri luoghi.
Nella foto sopra il cinema teatro Cazzoli a Stienta, oggi chiuso e abbandonato, che nel libro di Giuseppe Sgarbi vive come nostalgia, al quale fa da contraltare il centro culturale sloveno Narodni Dom, che Pahor vide bruciare nella Trieste percorsa dal fascismo nascente. Due poli di una storia che viaggia su due binari paralleli e che i libri “Così ho vissuto. Biografia di un secolo” (T.Rojc e B.Pahor, ed. Bompiani Overlook, 2013) e “Lungo l’argine del tempo. Memorie di un farmacista” (G.Sgarbi, Skira editore, 2014) ben sanno rappresentare, lasciando a noi lettori i collegamenti tra le due vite.


Sia Pahor che Sgarbi, quasi coetanei, vivono i momenti della formazione, degli studi, della interruzione terribile della guerra, ma l’uno nell’atmosfera ovattata anche se partecipe, della provincia agricola del Polesine, l’altro nell’ombelico del secolo, nella Trieste di confine che vive e suscita le due guerre mondiali dell’Europa. A stimolare ed aiutare i due autori a parlare delle loro vicende hanno pensato due voci di affianco, il dottor Stefano Bighi e la studiosa slovena Tatjana Rojc autrice del libro in cui gli scritti del professor Pahor vanno in parallelo con l’inquadramento delle vicende storiche e biografiche.
E’ stato un piacevole “quartetto da camera” che nell’atmosfera intima creata dall’allestimento del Teatro a cura de Il Fiume e dell’Amministrazione Comunale di Stienta, nella figura di Fabrizio Fenzi, ha suonato le lodi del piccolo paese sulla riva del Po ma ha anche parlato di temi e valori universali.
I due protagonisti hanno dato una testimonianza di rettitudine morale e di amore verso la cultura che si legano l’un l’altro e soli possono dare linfa alla democrazie e all’umana convivenza. Esempi di forza attraverso il valore delle idee e non nell’espressione arrogante e urlata. La loro vita e le loro scelte sono la miglior espressione di superiorità umana che si nutre di conoscenza e non di altro.
Difronte alle vicende della storia ed alla tristezza del presente, ascoltare chi ha studiato ed ha combattuto senza tradire e senza strafare, di chi ha lavorato per la “giusta mercede”, di chi ha sofferto ingiustamente la persecuzione politica ed ha amato perchè questo è il vero senso della vita, ha gratificato il pubblico.
Per i presenti un grande sorso di aqua fresca nel paese reale. Ed era il “Paese reale” come istallazione artistica che scorreva alle spalle degli ospiti illustri, ossia quell’opera d’arte totale che il giovane artista di Stienta Piermaria Romani sta realizzando da anni, disegnando i cittadini di Stienta come emblema del vivere di una comunità che è essa stessa opera d’arte.
Troppo lungo sarebbe raccontare quanto Pahor, in primis, con la sua forza oratoria inesauribile, e poi Sgarbi con i due relatori, hanno raccontato dei due libri che si presentavano al pubblico di Stienta, meglio rimandare alla lettura degli stessi.
“Anche se tra Stienta e Ro ci sono meno di 30 km, per percorrerli ho impiegato anni. E anche se non è così, ancora oggi mi sembra che la mia vita scorra lontanissimo dalla casa in cui sono nato e nella qualo ho lasciato la parte più grande del cuore. Un cuore che, malgrado gli anni, è rimasto fanciullo e non ha mai smesso di emozionarsi per le cose semplici e vere della terra: un filare d’uva, un campo appena arato, i riflesi d’argento tra le foglie dei pioppi, un tramonto sul fiume.” (Lungo l’argine del tempo)
