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Negare l’esistenza dell’Olocausto significa uccidere una seconda volta vittime innocenti. Cancellare la memoria è tipico dei regimi totalitari. Bisogna reagire contro queste pratiche con la massima energia.
Nicolai Lilin

Silvana Calvo a Stienta e Rovigo per la Giornata della Memoria 2015

E’stato molto interessante il doppio incontro con Silvana Calvo, l’insegnante di Locarno che negli anni della pensione si è dedicata a studiare la storia di aspetti importanti della  politica svizzera negli anni ’30 e ’40.  I temi trattati, presenti in testi svizzeri di lingua tedesca ma non sviscerati in tutti i loro aspetti, hanno fornito ad appassionati e studiosi alcuni dati importanti.

1938 anno infame libro di silvana calvo
1938 anno infame libro di silvana calvo

Nel libro presentato, ma anche nel precedente “1938 Anno infame”, l’autrice analizza i documenti degli archivi cantonali e centrali dello stato (per lo più in rete e facilmente consultabili in Svizzera) e ne filtra le disposizioni sull’accoglienza ai profughi ebrei e non, mettendovi a fianco la lettura dei quotidiani della svizzera italiana.

A leggere ora quegli articoli dei quotidiani si ha l’impressione che tutto fosse conosciuto, specie nella Svizzera tedesca che aveva più accesso ai documenti e alle fonti tedesche dirette. Tutti sapevano delle persecuzioni e dei massacri ma la paura di essere coinvolti nella mattanza teneva i cittadini e i governanti del piccolo stato, attaccati strenuamente ad una neutralità che era più di facciata che di sostanza. La Svizzera faceva in realtà da fabbrica di armi per la Germania, faceva da portafoglio per i marchi tedeschi e garantiva le transazioni con l’estero anche se in teoria c’era una sorta di embargo verso la Germania. Non ultimo in Svizzera la Germania  inviava i beni, le opere d’arte il denaro derubato agli ebrei e gli ebrei stessi erano costretti a svendervi i loro beni per evitare di perderli del tutto.

E’ storia nota, certo, ma leggere gli articoli dei giornali fa muovere un parallelo con quanto succede anche oggi.                 Leggiamo tutti i giorni le stragi di Boko Aram, vediamo in diretta le decapitazioni dell’ISIS e ci sentiamo impotenti perché invochiamo la pace e la diplomazia come strumento necessario per ottenere una pace giusta. Inoltre ci chiediamo se, e con che diritto, governi di uno stato si possano intromettere in dinamiche interne ai conflitti etnico-religiosi di altri stati senza che sia visto come ingerenza indebita.

Fossimo oggi davanti ad un governo come quello nazista cosa faremmo che non sia stato fatto allora?

Davanti agli integralismi e ai conflitti attuali cosa stiamo facendo?

le ragazze in gita al Praticello del Gruetli lago dei quattro cantoni
le ragazze in gita al Praticello del Gruetli lago dei quattro cantoni

Interrogativi che hanno risposte complesse e articolate, forse ma che nella Svizzera del 1942, anno in cui Hitler pianificò l’uccisione sistematica di 6.000.000 di persone, suscitò l’indignazione di 22 ragazzine di scuola media che presero carta e penna e scrissero al loro capo dello stato.

Saper leggere la storia non insegna a trovare risposte univoche ma almeno consente di mettere in luce le dinamiche, prevedere le reazioni e, chissà, migliorare piano piano le coscienze dei ragazzi che almeno un po’ di cultura possono permettersela.

Consigli per la lettura:

Silvana Calvo, “ 1938 Anno Infame  Antisemitismo e profughi nella stampa ticinese” , I libri di Olocaustos, Edizioni Dell’Arco , 2005

“Ad un passo dalla salvezza. La politica svizzera di respingimento degli ebrei durante le persecuzioni 1933-1945” ,  Silvio Zamorani Editore, Torino 2010

Febbraio 2014 – Far conoscere la storia, insegnare la “memoria”

sara valentina“Se questo è un bambino. Infanzia e Shoah” è la domanda retorica da cui prende inizio, mutuando il famoso titolo di Primo Levi, il libro e l’insieme di incontri che Sara Valentina di Palma, giovane storica che si occupa fin dalla tesi di shoah e bambini, ha condotto nelle scuole medie di Ficarolo, Melara e a Stienta.

Grazie alla sua relazione i ragazzi hanno conosciuto come i loro coetanei, nei regimi nazista e fascista, abbiano subito privazioni, violenze e siano stati mandati a morte.

La capacità della storica ha condotto il pubblico attraverso gli orrori della persecuzione dei bambini, senza che fossero i dettagli violenti ad emergere. Per capire la shoah non serve esagerare i numeri o descrivere l’orrore nei dettagli, meglio far emergere come una società evoluta ha potuto concepire la messa al bando di indivudui innocui fino alla loro distruzione. L’obiettivo è quello di far pensare i ragazzi, dare loro gli strumenti per un pensiero autonomo non pilotato da propaganda o opinioni non suffragate da documenti certi.

Certo la miriade di manifestazioni più o meno approfondite e la superficialità con cui vengono diffuse nozioni, spesso confuse o imprecise, non aiuta ad ottenere gli obiettivi di chi in Europa, oltre che in Italia, intende preservare e diffondere la conoscenza della storia recente.  In Italia in particolare, per una sorta di legge del contrappasso, ad una memoria della “shoah” deve seguire il ricordo delle “foibe” .  Ad una celebrazione dei martiri della violenza nazista, perchè quella fascista viene spesso tenuta sottotono, deve subito corrispondere una celebrazione dei “martiri della violenza comunista

costa di rovigo

Ed ecco che con analoghe e numerose manifestazioni, si parla di fatti in cui le vittime, spesso appartenenti a gruppi etnici diversi presenti nei territori del confine orientale, sono state uccise in momenti diversi e per motivi diversi ma si sovrappongono le une alle altre. 

Spesso le storie delle prime celebrazioni si mescolano a quelle delle seconde con l’unico risultato di metter tutto sullo stesso piano in un processo di omologazione che non produce niente di buono. Anche la stretta successione temporale che la legge ha previsto per le due giornate non aiuta a far chiarezza. 

Un’assessore della Lombarda si è lamentata, nei giorni scorsi, dei troppi soldi spesi per parlare di shoah.

Se per qualcuno ogni giornata del calendario è occasione per trovare un lavoro che altrimenti non c’è, non crediamo che sia lo scopo dei più.  Sull’affermazione in sè potremmo, anche,  essere daccordo se attenzione si facesse su tutto quel che si spende per “propaganda”.

Quando si fa storia, e soprattutto in modo appropriato, i soldi spesi non sono mai troppi, e sull’utilità di fare storia abdicheremo il giorno che negli stadi, sui muri, nelle dichiarazioni dei politici di tutta Europa il “daglie all’ebreo” non sarà più il facile leitmotiv quando mancano le parole per comunicare ma soprattutto i concetti da esprimere.

M.Chiara Fabian

 

17-18 gennaio 2014 Marika Venezia e la fatica di vivere del testimone

Fabian con panozzo e marika venezia

Nei primi due appuntamenti dell’Associazione il Fiume per il “27 gennaio”, data che David Bidussa definisce il “giorno della memoria per i vivi, non della commemorazione dei morti” (dal suo libro “Dopo l’ultimo testimone” , Einaudi 2009), si è parlato ampiamente della funzione e del ruolo che il testimone ha avuto negli anni recenti, ma soprattutto di cosa potrà sostituirne il ruolo nel futuro.

Il caso di Shlomo Venezia, deceduto ad ottobre 2012, uno degli ultimi membri del terribile Sonderkommando di Auschwitz, è emblematico.

Di lui restano le numerose testimonianze portate nelle scuole del Veneto per Il Fiume, così, con l’aiuto della giovane storica Francesca Panozzo e della speciale presenza di Marika Venezia, la moglie di Shlomo per 57 anni, abbiamo potuto ricostruire le ansie e le sofferenze di chi, subito dopo la guerra, non è stato ascoltato da un mondo che non voleva sapere. 

Da Primo Levi a numerosissimi altri testimoni, l’angoscia di aver vissuto l’indicibile e non aver parole per descriverlo, si è mescolata alla mancanza di un pubblico che volesse sentire e conoscere, nell’ansia della ricostruzione, e nell’omologazione di quel dolore speciale alle privazioni e i lutti che la guerra aveva causato un pò a tutti.

“Shlomo era un uomo buono”, dice Marika, “non covò rancore nel corso della sua vita minata nel fisico dalle torture del campo, ma non riteneva di dover perdonare, non poteva farlo lui per i milioni di morti, nè per rispetto alla perdita di metà della sua famiglia”.

Da Marika è venuto il ricordo degli incubi che popolavano le notti di Shlomo, è venuto anche il racconto della sua rabbia nel vedere riaffiorare il razzismo attraverso i cori degli stadi, le scritte sui muri, le svastiche dipinte dappertutto.

Per la paura che il passato ritornasse con tutto il suo carico di orrore, Shlomo trovò la forza di le relatrici al Polo Tecnico di Adriafarsi avanti e “dare una mano” alle associazioni di ex-deportati e a chi si occupava di diffusione della memoria. Così, piano piano, gli storici si sono accorti che in Italia c’era ancora chi aveva visto con i suoi occhi l'”inferno in terra”.

La storia degli ultimi vent’anni della vita di Shlomo da testimone, si incrocia con le migliaia di persone che hanno potuto sentirne la testimonianza, con gli storici e gli sceneggiatori che ne hanno usato la memoria precisissima per ricostruire la vita e le istallazioni del campo di Auschwitz e con quella di Associazioni e Istituzioni pubbliche che lo hanno voluto, voce narrante, nei numerosi convegni e incontri.

Marika ne ha accompagnato la vita con il sostegno e l’appoggio, sempre pronta a tenere i contatti con tutti quelli che  sono diventati i suoi figli e figlie adottivi e ora si accingono a portare avanti il suo impegno nell’era della “post-memoria”, quando anche l’ultimo testimone ci avrà abbandonato.

Lì si porrà il problema del rapporto tra testimonianza e storia” scrive sempre Davide Bidussa” Quando i testimoni oculari saranno scomparsi, quando quelle voci non avranno più voce, ciritroveremo con un archivio definito di storie, che racconteranno scenari e situazioni. Si tratterà allora di far lavorare quelle storie narrate come “documenti”. In quel momento avverrà , consapevolmente per noi, il passaggio irreversibile fra ‘900 e attualità“.

 

Gennaio 2014 – Giornata della Memoria

volantino

Mettere assieme per la Giornata della Memoria un ciclo di incontri con persone autorevoli, nel campo dello studio della Shoah, non è un’impresa facile soprattutto perchè in Italia tutto si concentra nel mese di gennaio, mentre il resto dell’anno le iniziative sono sporadiche.

Nel nostro paese si usa vivere alla giornata e quindi oggi c’è la Shoah, domani il Giorno del Ricordo, poi verrà la I Guerra Mondiale, ecc ecc 

Per fortuna in altri paesi vi sono delle Istituzioni che fanno storia tutto l’anno e la mettono a disposizione di studenti e docenti, in una formazione “in progress” che si mette a diposizione anche della società civile (vedi la Polizia di Parigi che frequenta i corsi per capire le radici del razzismo).

Per parte nostra non possiamo che dare un piccolissimo contributo, una goccia nel mare di quel che si dovrebbe fare e partiamo da un incontro con Marika Kauffmann Venezia che tornerà a Stienta senza Shlomo Venezia, ma sarà disponibile a farci capire cosa significa essere “un sopravvissuto”

“Nel caso del genocidio ebraico, conservare storie non coinvolge solo la salvaguardia del loro contenuto verbale, ma anche le sensazioni, i gesti, i suoni. La moltiplicazione delle forme documentali vorrebbe includere tutti questi aspetti e dunque permettere la loro permanenza. Tuttavia così non sarà.” (D. Bidussa, Dopo l’ultimo testimone)

Quando anche l’ultimo testimone ci avrà lasciato, toccherà elaborare quel vuoto. Per ora noi proviamo a ricordare Shlomo con le sue interviste, ma accanto a questo avremo la possibilità di fare a Marika domande essenziali per capire come un’evento così sconvolgente possa venire elaborato da una persona per diventare, se non accettabile, sopportabile.

Doppio appuntamento a Stienta venerdì 17 in Aula Magna delle scuole medie, piazzale COOP (causa lavori di restauro della Sala Consigliare), ore 20.45 e  ad Adria tra i ragazzi del Polo Tecnico, sabato 18 alle ore 10.30.