27 gennaio 2013 –

Olére Auschwitz

Come faccio a cantare? Come rovescio gli occhi

E la mia testa in su? Una lacrima rigida di ghiaccio

Mi si  è incollata all’occhio, si vorrebbe staccare,

strappare via dall’occhio e non riesce a cadere.

Dio, mio Dio

 

Canta, canta, alza nei cieli il tuo sguardo accecato

Come se là nei cieli ci fosse un Dio, fagli l’occhiolino

Come se rilucesse, c’illuminasse ancora una gran

sorte

Siedi sulle macerie del popolo messo a morte e

canta

Come faccio a cantare se per me il mondo è

Vuoto?

Come posso suonare con le mani spezzate?

Dove sono i miei morti? Cerco i miei morti, dio,

in ogni letame,

in ogni mucchio di cenere, ditemi dove siete.

 

Gridate da ogni sabbia, da sotto ogni pietra,

da tutte le polveri gridate e da tutte le fiamme e

da ogni fumo.

C’è il vostro sangue e succo, c’è il midollo delle

vostre ossa,

c’è vostra carne e vita. Gridate forte, in alto.*


 
* “Dos Lid” di Itzak Katznelson, Polonia ottobre 1943

 
La distruzione degli ebrei d’Europa non si può accostare a nessun’altra strage, per numero e sistema. Ogni comparativo è un torto. Solo il poeta è adatto ad essere storico, solo la sua frase arriva a narrare.

 Erri de Luca prefazione a “Canto del popolo yiddish messo a morte” di Itzak Katznelson, ed. Mondadori, 2009

 

 

7 giorno – il viaggio

Luciano Bombarda a Parigi

Luciano Bombarda amava i viaggi che avevano come obiettivo incontrare persone. Ogni tragitto con lui sembrava un viaggio straordinario, portare un ospite da Stienta a Ferrara era come farlo entrare nel paese delle meraviglie. Nessuno poteva sfuggire alla sua descrizione delle particolarità di questa terra che a noi pare desolata.

Ogni chiesetta, ogni villa grande o piccola, ogni ansa del Po e curva dei canali rivelava un segreto, e fino al profondo Delta del Fiume “ogni cosa era illuminata”.

Pur non avendo bisogno di viaggiare perché era sempre vicino ai suoi amici, ogni viaggio era comunque importante… dalla spiaggia di Milano Marittima, al Rothschild Boulevard di Tel Aviv. Dal suo incontro con i “fratelli” della shoah sono nati viaggi memorabili.

Del viaggio a Salonicco con Shlomo Venezia, si è già detto, a questo seguì il viaggio in Polonia verso Cracovia e il suo quartiere ebraico, viaggio ripetuto tre volte perché ogni viaggio ad Auschwitz faceva tappa nella bellissima città polacca.

Memorabile è un viaggio a Berlino per incontrare Sandy e Sam da New York e Zvi Nathan Buchaster da Tel Aviv, insieme nel luogo da cui erano partite le famiglie disperse dalla persecuzione nazista .  L’occasione della posa delle “pietre d’inciampo” lo portò a Lipsia nel centro dell’Europa e anche lì non si sottrasse al suo compito di diffondere allegria, cantando tutto il suo repertorio di canzoni italiane classiche, tra un caffè e una fetta di torta, per la gioia dei compassati ospiti del più antico caffè della città.

E poi Israele! La terra del mito, della cultura che aveva prodotto l’ebreo errante di cui Luciano si era innamorato, o forse più semplicemente la terra in cui la sua amata Estika, partita bambina da Zagabria, passata da Costa, aveva poi formato la sua famiglia! E quale migliore guida dei “fratelli” Reuma e Zohar per girare la Galilea e i punti più remoti e più veri di questo straordinario e impossibile paese. E in ogni luogo Luciano godeva di tutto, della musica, del clima, dei dolci delle pasticcerie più rinomate, dei succulenti falafel, delle chiacchiere con gli amici di cui non poteva fare a meno, pur parlando solo una lingua.

Due i viaggi in Israele, per conoscere il paese e le sue contraddizioni, ma soprattutto per incontrare i personaggi delle sue storie, Joseph Papo un ragazzo di villa Emma, Shoshana Alkalay internata a Crespino e ora in casa di riposo, Adina Hass nata a Castelmassa e portata in Israele all’età di tre anni dalle truppe della Brigata Ebraica e Itzak Reichenbaum sopravvissuto a tre selezioni ad Auschwitz. 

Era strano per Luciano non poter parlare come d’abitudine per le difficoltà della lingua, che superava aiutandosi con la gestualità e l’intuizione, ma era esilarante vederlo metter piede in aereo e attaccarsi al primo italiano che incontrava per farne la vittima sacrificale mitragliandolo per tutto il volo di quel che aveva visto, finalmente padrone della sua lingua!

E ancora i viaggi a Parigi! La realizzazione di un sogno, istruirsi alla fonte della scuola che insegnava la storia: il Mèmoriale de la Shoah. Essere nel cuore della “memoria” era per lui fonte di gioia difficilmente comprensibile per una persona comune.

Altro viaggio importante quello nella Bosnia Erzegovina, passando per la Croazia e i luoghi dei suoi ebrei, Zagabria, Prjedor, Jasenovac ma anche i luoghi dell’ultimo grande sterminio di una guerra, ancora una volta imbevuta di razzismo e pulizia etnica, Sarajevo e Mostar.

Viaggi per conoscere e per capire non per tornare uguale, ma anche viaggi per godere di tutto ciò che lo circondava…

L’ultimo viaggio l’ha fatto da solo.

La memoria è labile e legata a chi la tramanda, abbiamo fatto di questo il nostro credo come “Associazione Il Fiume” e per questo abbiamo provato a fissare la memoria di Luciano fin da questi primi sette giorni.

Lui: Non mi sento a casa né in una sinagoga, né tanto meno in una chiesa. Non so chi sono e da dove vengo.  Ho paura.    Ho paura di sparire senza lasciare traccia.

Lei: Ecco, è per questo che ci siamo incontrati

Ultima scena di “Tangos lesson”, Sally Potter , 1997 

6 giorno – L’impegno intellettuale

Luciano Bombarda

Luciano Bombarda ha concepito l’Associazione il Fiume per dare un senso all’essere cittadino in un paese fatto di “otri pieni d’aria” che non dicono nulla se non l’ovvio o quello che la gente vuol sentirsi dire. Accusato da politucoli locali di “fare politica” attraverso l’Associazione quando presentò, in tempi non sospetti, il libro sul malaffare della Lega Nord, iniziò la serata a Stienta con una veemenza che non metteva spesso nelle sue introduzioni, affermando che politica l’aveva fatta attivamente e senza doversene mai vergognare dentro un partito.  Ribadì , però, che politica era anche avere a cuore il bene pubblico e l’esercizio della democrazia come diritto di critica.

A testa alta e senza timore ha invitato magistrati, che arrivavano a Stienta con lampeggianti e scorte, politici del livello di Veltroni per parlare di shoah e del sacrificio dei bambini, giornalisti e registi sotto minaccia di frange estremiste, accorgendosi solo dopo, che la Digos era allertata e sorvegliava la riunione.

Candido e trasparente faceva quel che credeva in perfetta buona fede ma con intelligenza e preparazione culturale, soffrendo a volte, per eccessiva modestia, di una inferiorità che nessuno degli interlocutori notava perché Luciano era sempre preparato e serio, a dispetto dell’apparenza da burlone.

Affrontò la shoah con serietà anche maggiore, lasciando alla commozione uno spazio necessario, ma inferiore a quello destinato alla preparazione storica. Da subito iniziò a seguire seminari di approfondimento che lo portarono alla collaborazione con il CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano) e con il Memoriàle de la Shoah, tanto che l'”Associazione Il Fiume” è stata citata come esempio di ricerca storica minore che oggi può aggiungere valore alla ricerca degli Istituti e degli storici istituzionali.

Mi chiedo che c’entro io, Luciano Bombarda, che vendo calce e cemento, con questi studiosi” era solito dire, quasi a ridimensionarsi. Luciano era grande e, nemmeno volendo, riusciva a ridimensionarsi.

Memorabili resteranno i suoi rapporti con i testimoni delle vicende che scopriva confrontando racconti orali e documenti d’archivio.  Di tutti loro Luciano diventò il figlio, il fratello, il confidente, la persona gentile che si ricordava di inviare l’sms “sabbat shalom” ogni venerdì e gli auguri nel giorno del compleanno.  

Luciano era lo stesso anche con gli altri suoi ospiti, attaccato alla loro umanità, sensibile ai loro bisogni, prodigo di lettere, telefonate, biglietti di auguri a Natale o nelle date dei riti di religione diversa.

Tutta questa pienezza ora si è trasformata in un grande vuoto, un grande freddo nella vita di tutti.  Quello che con Luciano era eccezione, la vita, ora diventa la regola, la normalità.

Nella foto Luciano Bombarda con il professor Boris Pahor in uno dei loro tanti incontri

5 giorno- Il commiato

         luciano Bombarda
 
Luciano Bombarda è stato accompagnato da una folla di amici nel suo ultimo viaggio, martedì 22 gennaio 2013, dopo una cerimonia civile tenutasi nel Palazzetto dello Sport di Ficarolo

Una cerimonia semplice a cui molti amici hanno partecipato, ma molti altri ancora, sparsi per il mondo, non sono riusciti a salutare Luciano, pur essendo presenti con il cuore e con la mente. Hanno parlato di lui il sindaco di Ficarolo, i Sindaci di Stienta e di Costa Fabrizio Fenzi e Antonio Bombonato, legati a lui dalla condivisione delle ricerche e dell’attività de “Il Fiume”.   Il fratello Antonio ha ringraziato chi si è impegnato nelle ricerche dopo la scomparsa e chi ha dato sostegno alla famiglia.

Non si è sottratta al ricordo della personalità di Luciano nemmeno Tiziana Virgili, Presidente della Provincia di Rovigo, vicina a Luciano per le molte iniziative pubbliche condivise e, per finire, il presidente dell’Archivio di Rovigo, Luigi Contegiacomo ne ha tracciato la figura di appassionato e rigoroso ricercatore, seppur senza titoli accademici e investiture ufficiali.

L’accento è stato messo su Luciano e il suo rapporto con la “Shoah”, ma è stato anche citato, forse non abbastanza, il suo contributo alla vita politica e culturale di questa parte di territorio in cui ha portato Don Andrea Gallo, Antonio Ingroia, Vittorio Agnoletto, Giancarlo Caselli, Piero Grasso, Walter Veltroni, Paolo Rumiz, Marco Travaglio, Boris Pahor e tantissimi altri scrittori, storici, giornalisti a presentare i loro lavori.    Citarli tutti è difficile e l’ultima, in ordine di tempo è stata Luciana Castellina che, purtroppo,  lo ha conosciuto solo attraverso le e-mail che si sono scambiati nel corso di un anno di “corteggiamento”.

Il suo scopo era risvegliare le coscienze distratte e sopite da anni di delusioni e di riflusso, a qualsiasi forma di lotta pacifica contro una società malata di qualunquismo ed egoismo.  

Prestando ascolto qua e là, tra i gruppetti, è emerso che ciascuno dei presenti aveva un pezzo del suo Luciano e forse perché diviso in tante parti, tra i suoi amici, sembrava impossibile che potesse essere racchiuso in quella semplice bara coperta dalla bandiera della pace e da un drappo di Emergency.

Le note di “La vita è bella”, hanno chiuso il rito, ma forse la vita è bella per chi, come la maggior parte delle persone, non è così sensibile e si fa corazza di un po’ di egoismo ed ignoranza.

Peccato che Luciano non sia stato così.

Luciano a Berlino nel Holocaust Mahnmal

4 giorno – Emergency

Luciano Bombarda

Luciano Bombarda ha fatto politica come militante del PCI impegnandosi fino al midollo, in un paese che piano piano ha girato la barra a destra. La sua delusione per non poter migliorare la società nemmeno nel suo piccolo, lo ha portato, come tanti, a scegliere la strada dell’impegno nell’associazionismo. Ha iniziato a partecipare e a promuovere iniziative pubbliche per la pace, i diritti civili e la difesa delle garanzie per i più deboli e, tra le molte associazioni possibili, ha scelto Emergency.  Con Nunzia Baglivo e Luigi Liaci è stato uno dei primi aderenti al Gruppo Emergency di Rovigo e fin da subito ha trainato e animato le riunioni in memorabili testa a testa con il capo di turno, sempre critico ma allo stesso tempo propositivo e lavoratore. Si propone come relatore nelle scuole dove si divertiva a sottolineare il contrasto tra un “Bombarda” che parlava di mine e poi invitava alla pace. 

Se qualcuno aveva dubbi e incertezze era compito suo dare la spinta, facendosi carico con forza e determinazione della maggior parte del lavoro per non lasciar cadere i progetti e arrivare all’obiettivo.

Aveva scelto Emergency perché organizzazione snella, senza pesi amministrativi e burocratici, in cui ognuno metteva del suo senza chiedere niente, con tutto il ricavato che va nei progetti, e in questo Emergency gli calzava perfettamente.

Non gli interessava comparire e fare protagonismo, ma protagonista lo diventava comunque per la sua carica vitale e la comunicatività; fare i banchetti con lui era uno spasso, conosceva tutti e, se non offerte, finiva per recuperare attenzione e far conoscere l’Associazione.

Il suo ultimo impegno è stata l’organizzazione della cena con Cecilia Strada, rincorsa per un anno e finalmente ospitata ad ottobre 2012 a Castelmassa assieme all’Associazione Accendere. Come sempre Luciano aveva portato gli ospiti alla cena, chiamandoli e invitandoli ad uno ad uno, anche dai posti più lontani, per l’atto fondamentale della condivisione e della convivialità.

Nella foto Luciano Bombarda circondato da alcune delle donne di Emergency, ad un memorabile banchetto a Villa Beatrice nel luglio del 2011 per lo spettacolo di Marco Paolini.