SIATE AFFAMATI, SIATE FOLLI

steve jobs

Davanti ai giovani laureati di Stanford, alcuni anni fa, Steve Jobs fece un discorso memorabile che concluse con una frase, coniata negli anni ’70 da un gruppo di intellettuali usciti dalla bellezza dirompente degli anni ’60, che aveva fatto propria, quasi uno slogan: siate affamati, siate folli.

L’invito di un uomo straordinario che, nella sua breve vita è riuscito a far compiere un grande passo all’umanità, lo facciamo nostro e lo rivolgiamo a chi segue le attività della nostra Associazione.

Cerchiamo di fare quello che facciamo con passione, guardando all’indietro per poter nel futuro collegare i puntini del gioco e dare un nuovo senso alla vita e al nostro agire.

 

8 ottobre 2011 – La vergogna e la fortuna. Storie di rom

il libroIl popolo del vento, l’unico che non ha mai fatto una guerra nella sua storia, il popolo che è termometro del disagio di un periodo storico e di una società, sotto la penna di Bianca Stancanelli diventa qualcosa di più conosciuto.

I nomi e le storie di bambini, uomini e donne diventano l’occasione per testare la nostra umanità e svelare l’ipocrisia di tanta parte della “società maggioritaria” in cui “i nomadi” si aggirano in silenzio. 
Il silenzio domina  finchè qualche paladino dell’ordine e della sicurezza, non fa del “popolo senza terra” l’occasione per farsi pubblicità, e, per conquistare consenso, lo porta alla ribalta della cronaca.

Bianca Stancanelli è giornalista dalla penna ispirata, per questo il suo libro “La vergogna e la fortuna. Storie di rom” merita una attenzione particolare sia per l’importanza del tema, che per la delicatezza, mai pietistica o sentimentale, con cui l’autrice raccoglie le storie dei personaggi con cui entra in contatto.

Il Fiume riprende la sua attività con il primo di una serie di appuntamenti sui temi salienti della nostra attualità, e quello con Bianca Stancanelli è il primo incontro che avrà luogo nella Sala Consigliare del municipio di Stienta alle ore 20.45 di sabato 8 ottobre.  La scrittrice sarà affiancata da Graziano Halilovic, segretario della Federazione Nazionale Rom e Sinti, uno dei rappresentanti del popolo rom e sinti presso le istituzioni.

Come spesso avviene per gli incontri de Il Fiume, l’appuntamento avrà un’anteprima a Ferrara presso la libreria Feltrinelli, dove l’autrice incontrerà i lettori, sempre sabato ma alle 17.30, nello spazio dedicato, al piano terra.

9 settembre 2011- Rachel Kopp ospite de “Il Fiume “

La preparazione all’11 settembre de “Il Fiume” è passata attraverso un’incontro straordinario quello con una giovane americana, avvocato di Philadelphia, Rachel Kopp, anni 33, figlia di Teodor Kopp, nato a Papozze, da Eduard Kopp e Rosalia Katz provenienti da Lubiana ed internati a Papozze, cittadina vicino ad Adria (Ro), dal giugno del 1942.

Rachel e il marito Terry, in viaggio in Italia, hanno inserito nella loro vacanza l’incontro con la storia della loro famiglia per capire e ricostruire i fili e gli intrecci che consentono ad una vita di nascere e ad altre di terminare o di non essere mai.

Dalla metropoli della Pensilvanya la giovane ha contattato la nostra Associazione e ben volentieri le abbiamo spiegato e mostrato i luoghi in cui i suoi nonni Eduard e Rose, ebrei di origine tedesca arrivati dalla Jugoslavia per sfuggire alla persecuzione nazista, sono stati internati dal giugno del ’42 fino all’8 settembre del ’43.

Confinati a Costa, vengono indirizzati a Papozze dove la famiglia Modonesi, padre, madre e 5 figli, vive in una grande casa dentro la golena del Po, in cui in una stanza vengono alloggiati i Kopp e nell’altra i Moskovic, padre e due figli sempre dalla jugoslavia.

La vita dei confinati si svolge tranquilla per circa 2 anni e, nella casa di Papozze, nasce anche il piccolo Theodor, 21 luglio 1943, giusto in tempo per affrontare con i genitori la fuga dopo l’8 settembre.

i fratelli Modenesi e Rachel KoppLe sorelle Maria e Amalia Modonesi ed il fratello Gentile accolgono la giovane americana, figlia del piccolo Teodor, confondendo i legami parentali, ma riconoscendo in lei alcuni tratti dei nonni, che per anni, dopo la guerra, sono rimasti in contatto epistolare con la famiglia Modenesi .  

Con simpatia ed affetto raccontano di come il nonno Edo si fosse integrato così bene nella comunità da parlare addirittura il dialetto papozzano, mentre la nonna, una giovane delicata viennese, andava a Po a prendere il sole con l’amica moglie del farmacista.

Le sorelle Amalia e Maria, con l’aiuto del fratello Gentile, raccontano e Rachel si sforza di capire, nel suo italiano appreso in 5 mesi di studio a Firenze, ma sufficiente a creare un contatto con la famiglia della sperduta provincia italiana che ha fatto parte della sua storia. 

Il viaggio e l’incontro sono di quelli tra mondi distanti nel tempo e nello spazio ma che lasciano grande emozione. Dopo Papozze l’obbligo è la visita a Venezia ma, durante il viaggio, a Rachel e Terry piace guardarsi attorno e sprofondare nel paesaggio dell’Italia minore, dei borghi e delle campagne in questo settembre così afoso. 
Alla fine del viaggio Rachel e Terry hanno raggiunto l’America ricchi di maggiori conoscenze, ma soprattutto di emozioni e di voglia di tenere aperto questo legame con l’Europa e l’Italia che si è aperto  straripante grazie al” Il Fiume”.

Eduard e Rose Kopp nelgli anni '50Rachel Kopp con la famiglia ModenesiEduard e Rose Kopp negli anni ’50

Rachel e Terry con la famiglia Modonesi – settembre 2011

11 settembre 2011- A dieci anni dal crollo del World Trade Center a New York

A 10 anni dall’11 settembre 2001 si sono spesi fiumi di parole, a noi sono piaciute quelle di Obama a Ground zero, ma registriamo anche che  George W. Bush è stato applaudito dai presenti.

L’America è tutto e il contrario di tutto, ma vogliamo sottolinearne le cose positive e allora approviamo l’orgoglio di Obama che rivendica la capacità che il Paese ha saputo dimostrare di andare avanti, secondo i suoi principi e citiamo:

“I nostri cittadini hanno ancora piena libertà di esprimere le loro opinioni, le nostre anime continuano a trovare sollievo nelle chiese come nelle sinagoghe, come nelle moschee. In questi anni – ha aggiunto Obama – si sono rafforzati i legami tra tutti gli americani, non siamo stati vittime del sospetto e della sfiducia. Gli immigrati continuano a venire da ogni parte del globo, e in tutte le nostre scuole, nei nostri posti di lavoro, convivono persone di tutte le razze e religioni”

“Gli americani di domani, tra qualche decennio – ha concluso il presidente – vedendo i memorial inaugurati oggi, riconosceranno che niente può spezzare la volontà profonda degli Stati Uniti d’America: ricorderanno che abbiamo battuto la schiavitù, la guerra civile, il fascismo, la recessione e le rivolte, il comunismo e anche il terrorismo. Anche a loro diranno che non sono perfetti, ma anche che la nostra democrazia, seppur imperfetta, è imperitura, stabile”.

Ci piace anche ricordare l’11 settembre del 1973 quando in Cile un governo democraticamente eletto venne aggredito dalle forze reazionarie dell’esercito con la compiacenza e l’appoggio della CIA.

Ci piace allora citare anche le parole del presidente Salvator Allende, asserragliato nel palazzo del Governo poche ore prima di essere ucciso dai colpi dei militari del suo stesso paese, per aver tentato di introdurre una maggiore giustizia sociale.

“La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell’anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell’apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative.

Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.

Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito.   Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi.

Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita”

 In Cile sappiamo com’è andata e quanti anni di sofferenza quel giorno sia costato ai cileni.

 

11 luglio 2011- Sono trascorsi 16 anni dal massacro di Sebrenica

una delle donne di Sebrenica che piange i suoi morti

Il massacro di Srebrenica è stato un genocidio e crimine di guerra, consistito nel massacro di migliaia di musulmani bosniaci nel luglio 1995 da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, nella zona protetta di Srebrenica che si trovava in quel momento sotto la tutela delle Nazioni Unite.

Il massacro è considerato uno dei più sanguinosi stermini avvenuti in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale: secondo fonti ufficiali, le vittime del massacro furono 8.372, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime affermino che furono oltre 10.000. Al momento, grazie al test del DNA, sono state identificate circa 6.000 vittime, mentre migliaia di altre salme esumate dalle fosse comuni attendono ancora di essere identificate.

L’11 luglio scorso, è stato il sedicesimo anniversario del massacro e la scrittrice bosniaca Azra Nuhefendic, che ha raccontato la guerra nell’ex Jugoslavia nel suo libro “Le stelle che stanno giù”, in alcune corrispondenze dei giorni scorsi per conto di radio e giornali ha dichiarato ” quando si smette di parlare di un genocidio, significa che se ne sta preparando un altro” .

La voce e l’attenzione devono esser tenute alte perché “senza chiarire il passato non si può andare avanti, soprattutto i giovani” afferma ancora Azra, che sarà ospite dell’Associazione Il Fiume nel prossimo autunno.

A noi  piace citare un bellissimo libro di Ivo Andric, premio Nobel per la letteratura nel 1961, nel quale si raccontano una decina d’anni dei consolati francese e austriaco nel mezzo di quelli che allora erano domini turchi in cui convivevano non senza frizioni, mussulmani bosniaci, mussulmani turchi, ortodossi, cristiani ed ebrei.

Nel dialogo tra il giovane console francese Des Fossès e il cattolico fra Julijan, a proposito delle condizioni della Bosnia di allora, e siamo nel 1806, si legge:

D.F.Certo anche il vostro paese un giorno entrerà a far parte dell’Europa, ma può accadere che vi entri diviso e oppresso dall’eredità di concezioni ed abitudini e impulsi altrove superati da tempo che, come fantasmi, ne impediranno il normale sviluppo e ne faranno un mostro d’altri tempi, preda di qualsiasi occupante come lo è oggi del turco. Questo popolo non se lo merita. Come vede nessun popolo, nessun paese in Europa fonda oggi il suo ordinamento su basi religiose…”

Il frate contrappone alle argomentazioni illuministe l’idea che invece bisogna restare fedeli alla religione dei padri, e allora il giovane francese continua:

 D.F. ” Così lei pensa davvero che i popoli della Bosnia, che oggi sono sotto il dominio turco e che si chiamano con nomi diversi e seguono fedi religiose diverse, non potranno un giorno, quando l’impero ottomano cadrà e i turchi abbandoneranno queste regioni, trovare una base comune alla loro esistenza, una formula più larga, migliore, più razionale e umana …”

F.J.” Noi cattolici questa formula l’abbiamo da tempo: è il Credo della chiesa cattolica romana. Non abbiamo bisogno di niente di meglio”

D.F.”Ma lei sa che non tutti i suoi conterranei in Bosnia e nei Balcani seguono la Chiesa Cattolica, né mai tutti la seguiranno. Nessuno in Europa si unisce più su queste basi, occorre cercare un altro denominatore comune.”[1]

Parole profetiche e non ancora messe in atto nella Europa, in cui tutti chiedono di entrare, ma nessuno  sa quale sia il vero denominatore comune!

 


[1] Ivo Andric,  La cronaca di Travnik, ed. A. Mondadori Editore, Milano  2001 , pag 349-350