21 febbraio 2019 – “La stella di Andra e Tati” quando un cartone animato aiuta a conoscere la storia

 

Da dx Tatiana ed Andra Bucci con M.Chiara Fabian all’incontro presso il teatro Ferrini di Adria

Con l’aiuto di un cartone animato si riesce a parlare anche di aberrazioni dell’umanità senza far perno sull’orrore, questo era l’obiettivo dell’incontro con Andra e Tatiana Bucci, le più giovani sopravvissute italiane di Auschwitz,   organizzato con l’aiuto del staff dell’Istituto  Cipriani di Adria per i ragazzi della scuola superiore.  Con la pacata signorilità che le due signore riescono a dare al loro racconto siamo riusciti a trasmettere a ragazzi, particolarmente attenti, alcuni importanti elementi della vicenda personale delle sorelle Bucci ma anche un quadro generale della persecuzione degli ebrei italiani. La Shoah ha colpito ebrei italiani, anche frutto di matrimoni misti come Andra e Tatiana  che avrebbero potuto essere risparmiate se il clima di violenza e la collaborazione con i nazisti, specie nelle zone di confine, non fosse stato così aspro e duro. La violenza, l’odio, il profitto legato ai tradimenti era tale che non dovrebbero stupire gli esiti successivi nel corso e alla fine della guerra.  I ricordi di Andra e Tati che avevano 4 e 6 anni al momento della loro cattura, sono quelli frammentari di bambine piccolissime che si adattavano ad ogni cambiamento, senza capire e pensare alle conseguenze. La loro esperienza passava dal gioco attorno ai cadaveri, alle attenzioni della blokova, all’apprendimento di lingue diverse in rapida successione. Una tempesta fisica, mentale e d emotiva che per fortuna nei bambini lascia spazio alla resilienza, ossia alla capacità del loro essere di ritornare, come una spugna dopo esser stata spremuta,  allo stato iniziale.

Il Teatro Ferrini con i ragazzi dell’Istituto alberghiero di Adria (RO)

I ragazzi hanno ascoltato in silenzio e hanno poi fatto le loro domande. Il messaggio che speriamo sia passato è stato l’appello delle più giovani sopravvissute ad Auschwitz a non odiare l’altro, a saper fare distinzione tra il bene e il male. Ci sono sempre meno sopravvissuti a testimoniare per questo Andra e Tatiana si sentono spinte a continuare a farlo nonostante la fatica. Piccole ebree deportate ma anche esuli delle terre Giuliano-dalmate con nostalgia ma senza voglia di revanche e di riconquista. 

Il viaggio è la testimonianza sono difficili e dolorosi ma doverosi.  Alla domanda di una docente su come lavorare con gli studenti per renderli più consapevoli, Tatiana risponde con l’invito a farli ragionare e discutere, cosa che dovrebbero fare le famiglie oltre che la scuola.  Sul tema della migrazione Tatiana ha sottolineato che la situazione è diversa ma l’analogia sta nell’atteggiamento di indifferenza verso chi cerca una vita migliore o la fuga dalle sofferenze. Anche Andra e Tati sono state profughe e addirittura in Italia, quando scelsero l’Italia al posto della Jugoslavia, e non ricordano un bel clima anche se erano italiane e di pelle bianca.

 

18 gennaio 2019 – La memoria va allenata o sfuma nell’indistinto

Medici all’opera ad Auschwitz

Sembra che la contemporaneità viva e coltivi un progressivo vuoto di memoria. Ovvero esiste tanta memoria come celebrazione imposta e istituzionale che la ricerca dell’approfondimento sembra quasi superflua.

Puntualmente alla ripresa, dopo le feste natalizie, si avvicina la giornata dedicata al ricordo della Shoah e si moltiplicano le richieste di interventi nelle scuole programmati con frettolosa urgenza ai quali verrebbe tanta voglia di dire di no.

No grazie, non ci interessa questa memoria frettolosa, poi però pensiamo al clima che si torna a vivere nell’Europa dei nazionalismi che sembra la stessa che le recenti celebrazioni del primo conflitto mondiale ci hanno fatto conoscere.
Quando si sentono dichiarazioni sovraniste, piene di orgoglio e superiorità che rasentano il razzismo, quando si vedono reticolati e muri eretti a circondare ghetti e uomini e donne respinti verso i luoghi insanguinati e miserabili da cui provengono, allora ci si fa forza e si riprende a lavorare.
Il razzismo biologico è un tema scottante e che sta alla base di ogni distinzione di quanto la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” aveva unificato nel 1948, ossia gli elementari diritti dell’uomo.
Sulle premesse pseudoscientifiche che portarono molti a considerare alcuni esseri umani indegni di vivere e altri semplice materiale su cui sperimentare ci soffermeremo con l’aiuto del dottor Andrea Sensidoni.   Il neurochirurgo studioso delle vicende che portarono all’eliminazione di milioni di uomini donne e bambini nei lager di tutta Europa ci aiuterà a ripercorrere le origini delle teorie che superarono ogni decenza e calpestarono il giuramento d’Ippocrate per toccare i gradini più bassi della scienza medica.

Joseph Mengele “l’angelo della morte”, tra due ufficiali nazisti

Dal male più grande si risale e si studiano antidoti e così parleremo anche di come sia stato necessario introdurre un Codice Deontologico dopo una pericolosa deriva della scienza medica.
L’appuntamento per chi vuol conoscere è per venerdì 18 gennaio, ore 21.00, alla Biblioteca “Manfred Buchaster” di Costa di Rovigo un piccolo borgo che ha vissuto sulla pelle e ha interiorizzato nella sensibilità dei suoi amministratori la shoah nel suo volto italiano e fascista.

12 ottobre 2018 – ‘SPETA CHE TI RACCONTO”…DI EBREI A ROVIGO SOTTO IL FASCISMO E LA REPUBBLICA SOCIALE

Ebbene si vogliamo raccontare la nostra storia, sempre uguale e sempre diversa.  Uguale come quella di tutti i diritti negati in tempi ed epoche diversi ma nelle stesse forme. Diversa perché ogni famiglia di cui ci siamo occupati nella ricerca sull’internamento libero” degli ebrei stranieri sotto il fascismo, ha una propria storia.

Nell’ambito della Giornata Europea della Cultura Ebraica che ha quest’anno come tema portante lo “story telling” abbiamo voluto raccontare a Rovigo la storia degli Hendel un nutrito nucleo familiare di ebrei jugoslavi fuggiti appena in tempo per non cadere nelle mani dei nazisti che invadevano la Jugoslavia, o  in quelle degli ustascia di Ante Pavelic , fantoccio di Mussolini.

Lo abbiamo fatto in collaborazione con l’associazione culturale Teradamar, con il Centro di Documentazione Polesana e con l’Anpi per provare a sognare insieme che la cultura si possa trasmettere e con essa la giustizia.  “La giustizia deve essere di questo mondo”   scrive Donatella di Cesare  nel libro in cui analizza il pensiero ebraico e l’azione che ne consegue nel segno della tzedakà – la giustizia ebraica – e nell’impegno preso nell’Esodo, «faremo e ascolteremo».

La giustizia non è nella “sacralità della legge” ma nella sua applicazione alla vita dell’uomo e alle sue molte sfaccettature perché  la legge è sacra in quanto data da  Dio   ma è l’uomo a doverla applicare secondo giustizia ossia proporzionando diritti e doveri.

Nei 70 anni dalle leggi razziali e razziste promulgate dal fascismo nel 1938 abbiamo fatto passi avanti ma non siamo immuni da molti passi indietro e per questo dobbiamo coltivare il sogno che conoscere la storia possa servire per correggere gli errori.

Settembre 1938-2018 – Il razzismo in cattedra

Trieste è una citta emblema del ‘900 italiano.

Divisa tra Italia,  Austria e mondo slavo, come terra di confine e importante porto sull’Adriatico è stata contesa tra l’Impero Austro-Ungarico, l’Italia che vinse la prima Guerra Mondiale e la Jugoslavia di Tito che in quelle terre si voleva insediare per diritto del vincitore stavolta della seconda Guerra Mondiale.

La città ha sofferto ogni crisi e cambiamento dei rapporti di forza in campo, così ogni volta che la convivenza tra le sue molte anime si stabilizzava, qualche conflitto finiva per rimettere in discussione quella convivenza.

Voci autorevoli hanno parlato di Trieste e del clima che vi si viveva negli anni tra otto e novecento, uno su tutti Boris Pahor, rappresentante della comunità e della cultura slovena perseguitato da nazisti e fascisti, deportato nei campi di concentramento tedeschi e sopravvissuto tra i più longevi dall’alto dei suoi 105 anni appena compiuti.

Allo scrittore sloveno si deve la descrizione delle violenze del primo fascismo soprattutto in quest’area di confine in cui gli “slavi” furono le prime vittime della nascente dittatura.

Ma a volerla vedere dalla parte degli italiani sono stati gli studenti del “Liceo Petrarca” della città. Nell’ambito di un progetto di alternanza scuola –lavoro hanno condotto una ricerca accurata nell’archivio di Trieste e hanno preparato per il triste anniversario una mostra sulle “leggi Razziali” nella città.

A partire dall’annuncio di Mussolini in Piazza Unità proprio nel settembre del 1938, l’applicazione delle leggi razziali ebbe il suo rapido svolgimento in tutti i settori ed in tutto il paese e i primi ad essere colpiti furono insegnanti e studenti espulsi dalle scuole del regno a partire dall’anno scolastico 1938-39.

Storia, non fantasia. Storia documentata da lettere, decreti, gazzette ufficiali, testimonianze e prime pagine dei giornali dell’epoca.

Proprio una pagina de “Il Piccolo” di Trieste è stata scelta dagli studenti del Liceo Petrarca per sovrapporla all’immagine di ragazze felici cui poi è stato negato il diritto all’istruzione, per il manifesto della mostra patrocinata dal Comune.

La storia purtroppo non soddisfa più la politica, o almeno la politica che amministra oggigiorno, e quindi il sindaco Dipiazza ha sollevato obiezioni sull’opportunità del manifesto ritenuto “troppo forte”(citazione).

Il manifesto è quello che vediamo e lasciamo a tutti voi il giudizio sulla sua forza o debolezza.

La cosa più grave detta dal Sindaco però è l’affermazione secondo cui di fronte alla complessità del ‘900 dovremmo” metterci tutti sull’attenti e chiedere scusa: da una parte e dall’altra”(citazione).

A leggere queste parole si drizzano i capelli perché che scuse dovrebbero chiedere gli ebrei di Trieste e del resto d’Europa ai nazifascisti che li hanno bruciati in Risiera?

Quali scuse signor Sindaco vanno a chi  ha assassinato?

E, inoltre, chi fa “da distributore di benzina” (sempre citazione), i giovani studenti topi d’archivio o altri topi meno nobili che hanno organizzato un raduno neofascista per il 3 novembre in piazza a Trieste?

Dilemmi incredibili del nuovo millennio

19 aprile 2018 – La ragazza con la Leica raccontata dall’autrice Helena Janeczek a Ferrara e Adria

Doppio incontro per Il Fiume , a Ferrara e Adria per presentare il libro “La ragazza con la Leica” di Helena Janeczek sulla figura di Gerda Taro, compagna e ispiratrice di Robert Capa.

Roberto Muroni, storico,  con Chiara Fabian in collaborazione con ISCOFE ne parlerà alle 17.00 nella Sala dell’Arengo presso il Municipio di Ferrara.

Alla 21.00 ad Adria presso il MAAD (Museo Arte di Adria e del Delta) in Corso V. Emanuele,  l’Associazione il Fiume  e i rappresentanti di importanti istituzioni ritroveranno l’autrice per altri spunti di riflessione.   A introdurre l’incontro segue una nota di Cristiana Cobianco collaboratrice di REM (Ricerca Esperienza Memoria) il periodico di cultura del Delta del Po.

“E’ di evidente attualità l’incontro con Helena Janeczek, autrice del libro “La ragazza con la Leica”, giovedì 19 aprile alle 21:00 presso il MAAD di Adria in Corso Vittorio Emanuele.    L’incontro organizzato dall’Associazione Il Fiume” (http://www.associazioneilfiume.it/) in collaborazione con MAAD (http://www.museomaad.it/), Fondazione Bocchi (http://www.fondazionecarlobocchi.it/la-fondazione/), Voci per la Libertà Amnesty Rovigo (http://www.vociperlaliberta.it/) e l’Associazione Nazionale Partigiani sez. di Rovigo si inserisce in un momento storico particolare in cui temi quali guerra civile, rifugiati, giornalismo d’indagine e fotografia di guerra sono ancora di grande attualità. A partire dal passato la vicenda di Gerda Taro ci aiuta ad affrontare il presente.

L’Associazione “Il Fiume” è da anni impegnata a raccontare la grande storia partendo dalle storie individuali per ragionare e cercare di capire anche il nostro presente; Amnesty international cerca puntando i riflettori sui singoli di far valere i diritti universali dell’uomo; l’Associazione Nazionale Partigiani cerca di non farci dimenticare il coraggio della resistenza ai fascismi che in Spagna ha visto i primi caduti. Tutti insieme si sono dati appuntamento al MAAD con la scrittrice Helena Janeczeck, intellettuale che ha nella cassetta degli attrezzi molte storie individuali e autobiografiche per aiutare la comprensione di meccanismi umani, troppo umani fino a diventare eroici.

La scrittrice e’ cofondatrice della rivista culturale “Nazione Indiana” e collabora con la rivista letteraria fondata da A. Moravia e P.Pasolini “Nuovi Argomenti”. Sicuramente da leggere anche “Le rondini di Montecassino” libro precedente è un mosaico di storie e tempi che aiutano a comprendere da più punti di vista la situazione storica della seconda guerra mondiale  in Italia partendo da una battaglia. Ne “La ragazza con la Leika” , invece, si parte da alcuni fotogrammi che Helena Janeczek descrive e compara all’inizio delineando pian piano il ritratto di una donna coraggiosa, artista nel senso più alto del termine, di quando l’arte serviva a far crescere e a svegliare le coscienze.

Gerda Taro frequenta gli intellettuali antinazisti nella Francia degli anni venti e giovanissima parte per la Spagna per testimoniare i coraggiosi che al fascismo tentano di resistere. “Da vicino” Gerda voleva fotografare da vicino con la sua Leica, perchè le foto venivano meglio e per questo era disposta a rischiare anche la vita. E così andò che la foga di documentare le costò il respiro, schiacciata sotto un carrarmato nell’epica battaglia di Brunete.

Foto che riuscivano con sensibilità a cogliere la guerra vista anche dai civili, dai bambini e non solo dagli eroi combattenti. L’inferno vissuto assieme al compagno Robert Capa, con cui in quegli anni condivise lavoro, vita, pericoli e arte. Ma forse proprio questa morte prematura a ventisette anni non ha permesso che Gerda trovasse una sua autonomia storica e artistica, tanto che Helena Janeczek decide di farcela raccontare da altri due uomini Willy Chardack lo spasimante borghese, Georg Kuritzkes il fidanzato rivoluzionario. La guerra di Spagna vede le donne scendere in campo, non solo Gerda Taro ma anche una delle prime corrispondenti di guerra Martha Gellhorn. Anche lei, sempre associata ai cinque anni di matrimonio con Hemingway, è uno sguardo diverso alle vicende degli ultimi, dei civili. Donne che hanno affascinato artisti, intellettuali, rivoluzionari per il loro coraggio e per il loro talento.     Dal Medio Oriente, ai diritti umani dei rifugiati, dalla guerra vista dai civili all’autonomia e indipendenza artistica femminile, di tutto questo approfondiremo al MAAD con l’autrice presentata da Chiara Fabian instancabile ricercatrice di storie di passaggi. E ci piace concludere proprio con una citazione dal libro frutto della ricerca dell’Associazione il Fiume “… Siamo qui solo di passaggio” perchè pensiamo che incontri e libri di questo tipo servano proprio a renderci tutti più civili.              “Vedi, ci sono ancora deboli residui di civilizzazione rimasti in questa barbara carneficina che un tempo era conosciuta come umanità.”

“Grand Hotel Budapest”, dal film di Werner del 2014 ispirato all’opera di Stefan Zweig

Per approfondire consigliamo il sito della scrittrice con le foto e il materiale relativo alla ricerca su Gerda Taro http://www.helenajaneczek.com/

Cristiana Cobianco