
A 70 anni dalla liberazione dal nazifascismo ci sono ancora molte storie da raccontare. Una è quella di Pontemanco e delle famiglie Brunazzo e Bertin.
A Pontemanco, borgo antico ai piedi dei Colli Euganei (oggi frazione di Due Carrare) settant’anni fa erano quasi tutti socialisti, di quelli che si riferivano a Matteotti, non a Craxi. Dopo l’8 settembre del 1943 arrivarono in paese alcuni profughi ebrei che fuggivano dall’internamento libero a Rovigo. Clandestini e ricercati dal ricostituito governo fascista della Repubblica di Salò e dai Nazisti.
Per loro si aprirono le porte di casa Brunazzo; Guerrino, la moglie e due figli maschi, uno in seminario, Achille, e l’altro, Isidoro ventenne, diedero ospitalità dal 31 dicembre 1943 al 27 aprile 1945 a ben 7 persone, quattro adulti e tre ragazzi a rischio della vita.
Tutto il paese che sapeva aiutò e chi non sapeva ma intuiva tenne la bocca chiusa. Da 7 persone a 11 la differenza è tanta e in tempi di guerra col razionamento e la scarsità di viveri non fu facile far bastare le tessere annonarie. Il mugnaio Bertin fornì legna e farina e quanto poteva, il farmacista dottor Fortin fornì medicine e assistenza. Fu così che gli Hasson e i Mevorach con la cuginetta Estica, in fuga da Jugoslavia e Bosnia Erzegovina riuscirono a salvarsi e continuare a vivere.
Oggi sarebbe stato molto più difficile. Chi scappa con i barconi a una morte sicura per una morte ”probabile” non può far conto della solidarietà e della apertura delle famiglie. Chi scappa da una guerra non diversa dal secondo conflitto mondiale, anzi forse più complessa e meno facile da capire e affrontare, deve contare solo sulla salvezza dovuta dei governi. Questi ultimi si palleggiano oneri e responsabilità ma per fortuna intervengono.
In un piccolo paese della bassa padovana il Sindaco, di base leghista, ospita alcuni profughi, ma i suoi stessi cittadini protestano e insorgono.
Intorno a noi decine di case vuote marciscono con il cartello “vendesi” appeso alle cancellate rugginose, ma non c’è posto per i profughi. Non si tratta di buonismo, il buonismo era quello dei Brunazzo e dei Bertin e della Pontemanco resistente.