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20 gennaio 2021-UN NUOVO PRESIDENTE PER L’AMERICA

Il nuovo Presidente democratico degli Stati Uniti d’America, Joe Biden e la sua vice Kamala Harris si sono insediati oggi a Capitol Hill,  in una splendida giornata di sole che ha reso ancor più bello l’evento.

Dopo quattro anni di presidenza Donald Trump che ha fatto della discriminazione razziale e della menzogna  mediatica il suo pane quotidiano, il nuovo corso porta un vento di speranza per il mondo intero. 

Nel frattempo alla politica si è aggiunto il virus Covid-19 che ci ha calato in una realtà che ancora facciamo fatica a comprendere soprattutto negli esiti che avrà in futuro.  Mesi di pandemia hanno impoverito molte classi sociali e di sicuro alcune categorie economiche ma hanno soprattutto diviso le persone, esasperato gli animi, sfilacciato i rapporti sociali e anche quelli parentali.  Allo slogan fastidioso “andrà tutto bene” non ha fatto seguito un percorso della società civile che sia andato in quel senso. Le conversazioni, per lo più telefoniche o video, si incentrano  su “Come stai” “Sei positivo?” “Hai fatto il secondo tampone?” ecc, quando non si sviluppano attorno alle difficoltà del lavoro che non c’è o che è sfibrante, se si lavora nella sanità.

Le scuole stanno arrancando nella fatica immane di tenere i giovani, soprattutto gli adolescenti, allacciati ad un esile filo che nei casi più difficili  si è già spezzato, dietro le telecamere spente dei telefonini con cui si “marca lezione”, senza parteciparvi realmente.  Tra collegamenti internet intermittenti, mancanza di strumentazione, tempi ridotti di attenzione, interrogazioni con lunghi tempi morti, la quantità di sapere che si trasmette è il 30% di quanto avveniva in presenza. Con qualche eccezione sicuramente, ma la maggioranza de casi segue queste percentuali. 

In questa situazione è difficile parlare di programmi scolastici, figuriamoci di aggiungere contenuti come ci impongono in primis i dettati europei (educazione civica) e in secundis il calendario civile delle nostre memorie.

L’ATTIVITA’ DEL FIUME PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA 2021

In una situazione in cui il distanziamento e la chiusura di teatri ed auditori rende impossibile riunire più persone, se non per necessità, risulta molto difficile per il Fiume seguire la mission che si è data. Diffondere la conoscenza della storia del ‘900 ed in particolare della persecuzione antiebraica in Italia e nel Polesine per noi è portare nei nostri paesi studiosi di grande spessore che trasmettano le conoscenza su questo tema così delicato e purtroppo sempre attuale.     Dall’esperienza di didattica a distanza abbiamo tratto la conclusione che l’incontro in video non ha la valenza di quello in presenza e, inoltre, la mole di appuntamenti Zoom, Meet, Teams… che si sono succeduti in questo annus horribilis nel tentativo di sopperire alla distanza, ha ingenerato una stanchezza proprio in chi dovrebbe fruire maggiormente di questo mezzo. 

Per questo abbiamo declinato molti inviti delle istituzioni che solitamente ci chiedevano di dare il nostro contributo.  Le istituzioni hanno l’obbligo di organizzare “qualcosa” ma noi possiamo anche frenare la nostra corsa e quindi  ne approfitteremo per dare a breve indicazioni su alcuni contributi che nel frattempo hanno visto la luce.

16 OTTOBRE 2020 – UN ALTRO TESTIMONE CI LASCIA

E’ mancato un altro testimone eccezionale dell’orrore nazista, Ytzhak Reichenbaum che abbiamo conosciuto in un viaggio in Israele del 2009. Di lui e della moglie Bella pubblichiamo il saluto di  Maria Pia Bernicchia (autrice del libro “Chi vuol vedere la mamma…faccia un passo avanti”, Proedi Editore)

“Mi spetta un compito doloroso. Dare un saluto che sia una carezza a Bella e a Yitzhak… Già il cognome è un programma: Reichenbaum “albero ricco”…    Ed è da qui che comincerei a raccontare questa coppia, queste due anime gemelle, che realizzano il desiderio di Filemone e Bauci,  che staranno insieme sempre e per sempre.

Bella se ne va per prima, quasi a voler aspettare il suo uomo. E poco dopo la segue Yitzhak

Sia benedetta la loro memoria!  Ricco di doni Yitzhak, buono, generoso, paziente, sempre con il sorriso, intelligente, combattivo. Bella sempre con Yitzhak, sapeva tutto di lui, lei che grazie alla vista lunga dei suoi era riuscita a sfuggire al carnefice nazista scappando dalla Polonia e cercando rifugio in quella terra che diventerà nel 1948 Israele.   Bella conosce l’orrore di riflesso quindi. Insieme a Yitzhak faranno famiglia. Avranno figli e nipoti.  Yitzhak è fratello di Eduard Reichenbaum, uno dei 20 bambini di Bullenhuser Damm, e qui la storia si fa orrore.  Solo io so quanta pazienza ha avuto Yitzhak con me. Quante volte gli ho scritto nel corso degli anni per avere conferme. Sempre mi ha risposto e insieme a Guenther Schwarberg abbiamo messo a punto le informazioni sul dramma di Bullenhuser Damm e poi con l’editore Proedi lo abbiamo consegnato alla storia.  Generosamente Yitzhak mi ha inviato anche la sua testimonianza in inglese. La stessa che ha consegnato all’Archivio del Museo di Auschwitz. E anche l’intervista che verrà inserita nel docufilm del regista Miligi Gianluca “Rose bianche su sfondo nero” per Rai Storia.

Con Bella e Yitzhak sono stata il 20 aprile alla commemorazione annuale ad Amburgo dal 2004. Incredibile come sia nata fra conoscenti e parenti una relazione forte, vera, unica. Davvero un filo d’oro ci lega!  Stupenda la visita della famiglia Reichenbaum a Verona in agosto del 2007. Ore meravigliose, indimenticabili. Bellissimo il mio viaggio a Gerusalemme. Con Yitzhak in un liceo a parlare dei 20 bambini  e poi al Village Godstein dove c’è il Giardino di Rose Bianche dedicato ai 20 bambini

Ma il cuore fa fatica a ricordare quella discesa al buio. Sono andata a Yad Vashem con Yitzhak e Bella. Non lo dimenticherò mai. Yitzhak era un bambino. Un bambino sopravvissuto alla Shoah e ha dedicato la vita a raccontare la verità senza mai ferire, con quella “leggerezza” tipica dei sopravvissuti e Bella è stata sempre al suo fianco. Mi consola un po’ pensarli insieme ancora e per sempre, li penso che volteggiano come gli innamorati nei dipinti di Marc Chagall.

Grazie, dal cuore!”

maria pia bernicchia

03 agosto 2020 – Corrispondenze afghane

“Oltre ad essere creata dall’uomo(..) la guerra ha anche altre caratteristiche che la rendono unica tra i disastri planetari. Alla guerra ci si abitua, la si trasforma in un fatto normale, si riesce persino a dimenticarla, a non farci caso, come per i gesti ripetuti e quotidiani di una vita ordinaria: camminare, andare in bagno, pettinarsi, scendere le scale, respirare.”

Sono tra le parole con cui Nico Piro, reporter di guerra, di quelli che nella guerra ci mettono il naso per provare ad informarci e a scalfire la nostra indifferenza, inizia il suo libro sulla guerra in Afghanistan.

Una guerra dimenticata, come tutte le guerre in cui non muore nessun soldato italiano, una guerra che ogni giorno fa centinaia di vittime civili ma che vengono considerate “effetti collaterali”.

E’ una guerra in cui il governo italiano investe milioni di euro ma che nel balletto delle cifre dei milioni che chiediamo in prestito per risollevare la nostra economia,  non hanno nessuna risonanza.

Non vogliamo dimenticare nessuna guerra e per questo ne parleremo con Nico Piro venerdì 7 agosto  in due appuntamenti che l’Associazione il Fiume ha organizzato in collaborazione con il Gruppo Emergency di Rovigo.

Per tutti gli interessati sarà possibile incontrare Nico Piro alle ore 17.30 a Rovigo presso la Sala della Gran Guardia, e alle

21.00 a Stienta in Località Zampine nello stand degli incontri presso la Festa del PD

In tutte le sedi dell’incontro saranno applicate le vigenti norme di sicurezza, visibili sull’apposita segnaletica.  Sono a disposizione dispenser per l’igienizzazione delle mani all’ingresso.

E’ obbligatorio presentarsi con autocertificazione compilata e firmata,   reperibile all’ingresso. E’ altresì obbligatorio indossare la mascherina protettiva all’entrata e fino al raggiungimento del posto assegnato; può essere tolta durante l’incontro e reindossata al momento di uscire . Il personale di sala si prenderà cura degli spettatori in fase di entrata, uscita e per ogni spostamento e verrà chiesto di dichiarare nome e cognome con e-mail o numero di telefono all’ingresso.

E’ preferibile, visto il numero contingentato di posti,  telefonare ai numeri  339- 1820970 o   437-2466267 per annunciare la partecipazione

12 aprile 2020 – Pasqua del capretto e dell’angelo della morte

Da qualche anno, grazie ad amici veneziani, ho il privilegio di celebrare il séder di Pesach, ossia la cena della Pasqua ebraica, nella ricchezza e allo stesso tempo nella dimensione familiare del suo rito.

Ieri sera (giovedì santo per gli ebrei non per i cristiani a parte chi di religione sa poco) la cena si è svolta via Zoom, una delle tante piattaforme di video chiamate! Nel tempo di Covid-19 anche i riti religiosi si devono adeguare e così l’ebraismo come il cattolicesimo si trasformano in banchi di prova della nostra tecnologia.

La cena di Pasqua, il sèder, viene introdotta da un articolato rituale in cui la lettura dell’Haggada’ racconta della schiavitù in Egitto, delle piaghe mandate al Faraone, della fuga senza possibilità di preparare il pane, non essendoci il tempo per la lievitazione, e del passaggio del Mar Rosso con la liberazione finale. Come sempre la Bibbia è un archetipo che sintetizza la condizione dell’essere umano con i suoi momenti che si ripetono e ne’ caratterizzano l’essenza.

L’uomo è sottoposto a ristrettezze e privazioni per la sua natura terrena che rimanda ad un assoluto in cui tutto viene risolto. Il Santo Benedetto è un soprannaturale che è però tanto vicino all’uomo e lo segue nei suoi passi. Questa circolarità storica ma anche filosofica viene sintetizzata in un canto la Chad Gadya che gli ebrei di tutto il mondo cantano in molte lingue e versioni. Per far capire a tutti di che si tratta basta citare “Alla fiera dell’est” di Angelo Branduardi che ne è la versione pop. I “giudii veneziani” ne hanno una versione in dialetto che narra del “Sior pare che ga compra’ on capretto par on susetto”.   Per legare questo sèder via Zoom  ancor più ai tempi che corrono devo confessare che il 16 febbraio sono stata a Vo’ Vecchio alla presentazione di un libro sulla vicenda delle famiglie ebree padovane internate nella villa Venier dopo l’8 settembre e da qui deportate ad Auschwitz.
Dentro la villa/campo di concentramento,  c’erano alcuni bambini, prigionieri, che nel Capodanno del ‘44 diedero vita ad un piccolo spettacolo basato sul canto del Chad Gadya. Prima di essere deportati e uccisi i bambini di Vo’ rappresentarono quella circolarità del tempo dell’uomo oltre che  del popolo ebraico.

Nella storia tutto si lega e tanto più nell’ebraismo. Dal focolaio di Vo’ (piccolo borgo tra i Colli Euganeii ) è partita una piaga, sotto forma di virus invisibile, che tiene prigionieri i nostri bambini e stavolta non sono stati i Babilonesi o i Nazisti ma la natura stessa che ha colpito l’uomo duramente.
La coincidenza mi ha colpito e accompagnato in questo tempo speciale.  Da Vo’ Vecchio, alle piaghe, al canto che cura, alla prigionia, alla liberazione per alcuni ma anche alla morte per quei bambini di Vo’, tutto si tiene nel mondo e si ripete.

Il soprannaturale si offre come elemento salvifico e preannuncia, sia per gli ebrei che per i cristiani, il tempo dell’uscita dalle strettezze della schiavitù con un passaggio e una resurrezione a nuova libertà. La Resurrezione (Scrovegni)" di Giotto

31 gennaio 2020 – Sopra le nostre teste aleggia lo stesso fumo

Al teatro “Rossi” di Costa di Rovigo, per l’appuntamento annuale della Giornata della Memoria, abbiamo assistito ad un reading teatrale che l’attore Mario Palmieri ha inscenato con la collaborazione di  due giovani attori, Alberto De Gaspari e Silvia Ruberti.

Non è nostro costume parlare di memoria usando la spettacolarizzazione della Shoah ma abbiamo voluto fare un’eccezione in questa occasione perché lo spettacolo non è stato che  narrazione attraverso le parole di Elie Wiesel , di Primo Levi e di Anna Frank.

La capacità interpretativa di Mario Palmieri ha introdotto il pubblico nell’atmosfera della cittadina di Sighet che assiste, senza voler capire, al dramma della deportazione progressiva di tutti gli ebrei del luogo. Una serie angosciante di lunghe notti si succede nei pochi anni della vicenda di Elie Wiesel ragazzo. Il giovanissimo ebreo devoto e studioso della Torah,  sale tutti i gradini della disperazione dalla deportazione, attraverso la morte della madre e delle sorelle, fino alla morte del padre che era stato motivo per lui di resistere e sopravvivere.   Elie Wiesel e Primo Levi scrivono la loro esperienza senza aggiungere pathos a quando la realtà già esprime, straordinari narratori, rendono la pura realtà un romanzo ma a sua volta  il romanzo non si scosta dalla cronaca della realtà.

Narratori straordinari e con loro la giovanissima Anna Frank, ci hanno fatto emozionare lucidamente leggendo le loro opere e ancor più ascoltandole dalla voce degli attori che hanno impersonato per due ore buone le loro vite.