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Negare l’esistenza dell’Olocausto significa uccidere una seconda volta vittime innocenti. Cancellare la memoria è tipico dei regimi totalitari. Bisogna reagire contro queste pratiche con la massima energia.
Nicolai Lilin

18 gennaio 2019 – La memoria va allenata o sfuma nell’indistinto

Medici all’opera ad Auschwitz

Sembra che la contemporaneità viva e coltivi un progressivo vuoto di memoria. Ovvero esiste tanta memoria come celebrazione imposta e istituzionale che la ricerca dell’approfondimento sembra quasi superflua.

Puntualmente alla ripresa, dopo le feste natalizie, si avvicina la giornata dedicata al ricordo della Shoah e si moltiplicano le richieste di interventi nelle scuole programmati con frettolosa urgenza ai quali verrebbe tanta voglia di dire di no.

No grazie, non ci interessa questa memoria frettolosa, poi però pensiamo al clima che si torna a vivere nell’Europa dei nazionalismi che sembra la stessa che le recenti celebrazioni del primo conflitto mondiale ci hanno fatto conoscere.
Quando si sentono dichiarazioni sovraniste, piene di orgoglio e superiorità che rasentano il razzismo, quando si vedono reticolati e muri eretti a circondare ghetti e uomini e donne respinti verso i luoghi insanguinati e miserabili da cui provengono, allora ci si fa forza e si riprende a lavorare.
Il razzismo biologico è un tema scottante e che sta alla base di ogni distinzione di quanto la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” aveva unificato nel 1948, ossia gli elementari diritti dell’uomo.
Sulle premesse pseudoscientifiche che portarono molti a considerare alcuni esseri umani indegni di vivere e altri semplice materiale su cui sperimentare ci soffermeremo con l’aiuto del dottor Andrea Sensidoni.   Il neurochirurgo studioso delle vicende che portarono all’eliminazione di milioni di uomini donne e bambini nei lager di tutta Europa ci aiuterà a ripercorrere le origini delle teorie che superarono ogni decenza e calpestarono il giuramento d’Ippocrate per toccare i gradini più bassi della scienza medica.

Joseph Mengele “l’angelo della morte”, tra due ufficiali nazisti

Dal male più grande si risale e si studiano antidoti e così parleremo anche di come sia stato necessario introdurre un Codice Deontologico dopo una pericolosa deriva della scienza medica.
L’appuntamento per chi vuol conoscere è per venerdì 18 gennaio, ore 21.00, alla Biblioteca “Manfred Buchaster” di Costa di Rovigo un piccolo borgo che ha vissuto sulla pelle e ha interiorizzato nella sensibilità dei suoi amministratori la shoah nel suo volto italiano e fascista.

12 ottobre 2018 – ‘SPETA CHE TI RACCONTO”…DI EBREI A ROVIGO SOTTO IL FASCISMO E LA REPUBBLICA SOCIALE

Ebbene si vogliamo raccontare la nostra storia, sempre uguale e sempre diversa.  Uguale come quella di tutti i diritti negati in tempi ed epoche diversi ma nelle stesse forme. Diversa perché ogni famiglia di cui ci siamo occupati nella ricerca sull’internamento libero” degli ebrei stranieri sotto il fascismo, ha una propria storia.

Nell’ambito della Giornata Europea della Cultura Ebraica che ha quest’anno come tema portante lo “story telling” abbiamo voluto raccontare a Rovigo la storia degli Hendel un nutrito nucleo familiare di ebrei jugoslavi fuggiti appena in tempo per non cadere nelle mani dei nazisti che invadevano la Jugoslavia, o  in quelle degli ustascia di Ante Pavelic , fantoccio di Mussolini.

Lo abbiamo fatto in collaborazione con l’associazione culturale Teradamar, con il Centro di Documentazione Polesana e con l’Anpi per provare a sognare insieme che la cultura si possa trasmettere e con essa la giustizia.  “La giustizia deve essere di questo mondo”   scrive Donatella di Cesare  nel libro in cui analizza il pensiero ebraico e l’azione che ne consegue nel segno della tzedakà – la giustizia ebraica – e nell’impegno preso nell’Esodo, «faremo e ascolteremo».

La giustizia non è nella “sacralità della legge” ma nella sua applicazione alla vita dell’uomo e alle sue molte sfaccettature perché  la legge è sacra in quanto data da  Dio   ma è l’uomo a doverla applicare secondo giustizia ossia proporzionando diritti e doveri.

Nei 70 anni dalle leggi razziali e razziste promulgate dal fascismo nel 1938 abbiamo fatto passi avanti ma non siamo immuni da molti passi indietro e per questo dobbiamo coltivare il sogno che conoscere la storia possa servire per correggere gli errori.

01 febbraio 2018 – Meglio non sapere? Il peso della conoscenza

Tatiana Bucci, Sergio de Simone e Andra Bucci all’epoca della deportazione

È meglio sapere anche se la verità fa male. Prendendo spunto dal titolo del libro della scrittrice napoletana Titti Marrone che ha raccontato la storia di Sergio De Simone e delle cugine Andra e Tatiana Bucci, deportati ad Auschwitz da Fiume con parte della famiglia, abbiamo voluto far sapere ai ragazzi di alcune scuole di Ferrara cosa significa essere stati bambini nell’inferno del campo di sterminio.

M.Chiara Fabian, Andra Bucci, Titti Marrone, Anna Quarzi, l’assessore Massimo Maisto e il rappresentante dela comunità ebraica di Ferrara assieme al signor Finzi

Andra Bucci ha portato per la prima volta a Ferrara la sua testimonianza grazie al  lavoro dell’Associazione Il Fiume, unito a quello dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e della sua Presidente Anna Quarzi.  Hanno avuto un grande ruolo anche le istituzioni e soprattutto l’Amministrazione comunale della città che diverrà sede del Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah.  Il  Sindaco e gli assessori Maisto e Corazzari,  hanno appoggiato l’iniziativa e compreso l’importanza di avere ancora testimonianze dirette di chi ha vissuto nel corpo e nell’anima l’esperienza della persecuzione antiebraica del fascismo e del nazismo.

Nonostante Titti Marrone abbia dato un taglio narrativo ma anche storico al racconto di Andra, e nonostante quest’ultima abbia sempre sottolineato che allora era bambina e i suoi ricordi sono piuttosto flash, frammenti di immagini mescolati a sensazioni, il pubblico ha provato emozioni molto forti.   Le emozioni che può dare una storia come quella di tre bambini catapultati un un mondo irreale in cui l’incubo era diventato vita quotidiana e giocare tra i grigi cadaveri era cosa normale.

Il libro “Meglio non sapere” (Edizioni Laterza. 2003) di Titti Marrone ha raccontato in maggior parte la storia di Sergio de Simone che era stato selezionato da Mengele, il “dottor Morte”, per esperimenti e venne accomunato nella triste sorte ad altri 19 ragazzini di tutta Europa, trasferiti  nel campo di Neuengamme per manipolazione inutili e poi uccisi nei sotterranei di una scuola di Amburgo poco prima dell’arrivo delle truppe liberatrici russe.

Ogni anno il 20 aprile in quella che ancor oggi è una scuola, si ricorda con una cerimonia molto toccante, la storia dei “20 bambini di Bullenhuserdamm” e anche questa vicenda è stata fortunatamente ricostruita da un ostinato giornalista tedesco Günther Schwarberg e, per l’Italia, dalla professoressa Maria Pia Bernicchia,  autrice del libro “Chi vuol vedere la mamma faccia un passo avanti” ( Proedi editore).

Accanto al racconto della vicenda di Sergio de Simone, Titti Marrone ha dipanato anche la vicenda delle cuginette Tati ed Andra che a sei e quattro anni sembravano gemelle e riuscirono a scampare alla selezione grazie all’aiuto di una kapò che le aveva prese a cuore. Di loro l’autrice racconta la memoria del campo ma soprattutto la difficoltà del ritorno alla vita normale e alla madre, che avevano cancellato dalla memoria.

Il loro è racconto esemplare di quello che avrebbero potuto raccontare migliaia di altri bambini in quelle condizioni se non fossero stati inviati direttamente al gas, un racconto che almeno un milione di loro non potè fare.

Andra Bucci e Titti Marrone difronte al castello di Ferrara

Un racconto che attraverso le loro parole pacate e sommesse ci emoziona e ci fa riflettere sulla brutalità del male ma anche sul destino che salva alcuni e condanna altri e tuttavia abbiamo la sensazione che la conoscenza paradossalmente non serva. Quanto è accaduto continua ad accadere anche oggi in luoghi in cui la vita umana, specie quella dei bambini vale meno di zero.

Ma l’ostinazione al male va pareggiata con l’ostinazione a combatterlo e la conoscenza è l’unico modo che sappiamo.

25 gennaio 2018 – I Giusti tra le Nazioni

Quest’anno abbiamo programmato per gli interventi nelle scuole una diversa  lettura della ricerca sull’internamento libero in Polesine. Abbiamo voluto mettere in risalto il ruolo svolto dai comuni cittadini nel far sentire i profughi sostenuti e appoggiati fino al punto da metterli in salvo a rischio della vita loro e delle loro famiglie. Lo scopo era quello di far capire ai ragazzi l’importanza delle scelte personali e la possibilità che queste “facciano la differenza” nel salvare vite umane.

A Montagnana abbiamo incontrato tre classi delle terze medie dell’Educandato San Benedetto, una grande struttura scolastica dotata di convitto e molto ben organizzata. Con la collaborazione e grazie alla volontà dell’ Anpi locale ai ragazzi è stato proposto un incontro durato più di due ore. Sorprendente l’attenzione dei ragazzi sicuramente frutto del lavoro degli insegnanti.  L’intervento si è focalizzato sulla salvezza di sette persone nascoste nella soffitta di Pontemanco dalla famiglia Brunazzo e dal riconoscimento che questo atto ha ricevuto dallo Yad Vashem.

Gli alunni hanno ascoltato in silenzio e , anche se gli argomenti non erano dei più facili, hanno capito il messaggio. Lo hanno confermato le domande e gli interventi di molti di loro. Hanno capito il senso e i protagonisti della storia e hanno tirato fuori dai loro vissuti familiari i racconti uditi ormai dai nonni e a volte dai bisnonni (se pensiamo che in terza media ci sono ragazzi nati nel 2005).

Il nostro grazie va all’ Anpi per aver voluto questa forma di trasmissione del giorno della Memoria, costruita per tempo e con la collaborazione del Memoriale de la Shoah, nella figura di Laura Fontana, che ci ha indicato come depositari di storie che possono essere utili anche ad affrontare meglio il presente.   Non abbiamo mostrato nemmeno una immagine di morte e orrore, ma pensiamo sia più importante aver fatto riflettere anziché emozionare.

25 gennaio 2018 – Costa di Rovigo.   In contemporanea ai ragazzi delle scuole medie di Costa di Rovigo abbiamo proposto un intervento del prof. Fausto Ciuffi, direttore della Fondazione Villa Emma di Modena.   In occasione della inaugurazione della mostra sul salvataggio a Nonantola di settanta ragazzi ebrei in fuga da Hitler nel ’43, che si può vedere per alcuni giorni all’archivio di Stato di Rovigo, il professor Ciuffi ha raccontato ai ragazzi la storia di un salvataggio clamoroso.    I nostri ragazzi hanno dimostrato oltre che interesse, anche una grande preparazione, non a caso Costa di Rovigo  da anni fa un lavoro di recupero della Memoria  in collaborazione con l’Associazione il Fiume, e ha posto in atto iniziative di grande spessore tra le quali, nel 2016, la posa delle “pietre d’inciampo” in nome della famiglia Buchaster.

La medaglia che lo Yad Vashem conferisce ai giusti tra le nazioni

 

 

19 gennaio 2018- Ebrei in Piemonte e in Polesine storie diverse e uguali

19 gennaio 2018 – Costa di Ro (RO) Biblioteca Buchaster – ore 20.30, – Adriana Muncinelli   dell’ISRC presenterà il libro, “Oltre il nome.  Storia degli ebrei stranieri deportati dal campo di Borgo San Dalmazzo”, sulla vicenda della deportazione di oltre 355 ebrei stranieri da Borgo San Dalmazzo (CN).

Il libro frutto di una lunga e approfondita ricerca, è un affresco delle vicende delle terre di confine durante le due Guerre mondiali.  Oltre a ripercorrere le storie e gli spostamenti di 355 “persone” costrette ad essere sempre senza patria, il testo fa capire come in tutta Europa i paesi avessero lo stesso approccio alle politiche di accoglimento dei profughi, soggette a restrizioni e a repentini mutamenti che le trasformavano all’improvviso in politiche di respingimento.

Dossier stranieri e fascicoli nelle prefetture e nei Ministeri,  visti di ingresso, campi di raccolta e concentramento, i mezzi e le procedure in Belgio, Olanda,  Francia, Svizzera,  Italia erano gli stessi.   Una sorprendente uniformità tra paesi diversi, alcuni dei quali con la pretesa di essere baluardi della democrazia. E come esito finale la persecuzione di migliaia di famiglie innocue ed innocenti.  Come ogni anno l’Amministrazione di Costa di Rovigo si distingue per la voglia di approfondire le innumerevoli facce della persecuzione antiebraica confrontando quello che accadeva nei comuni del Polesine con il più vasto panorama che circondava l’Italia.

La professoressa Adriana Muncinelli darà voce ad una ricerca condotta con la collega e storica Elena Fallo, con una sensibilità molto femminile. Non per sostenere che esiste una storiografia di genere, ma per sottolineare come l’interesse sia stato dato ai piccoli ma significativi eventi famigliari che si susseguono anche in mezzo alle più terribili vicende della storia. Un affresco che ricorda le saghe dei fratelli Singer, e che sottolinea come la vita e la famiglia nella cultura ebraica prevalessero su ogni difficoltà.

Una storia che pone anche degli interrogativi: perché non lasciar migrare le persone senza visti, sulla base della loro capacità di lavorare e trovare una sistemazione, in modo che ciascuno trovi il suo posto sulla terra?