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Si ha democrazia quando il popolo può controllare l’operato del governo: accetterò il controllo del popolo, ho bisogno dell’energia del popolo, voglio ascoltare la voce del popolo.
Aung San Suu Kyi, 14 novembre

12 -13 giugno 2011 – L’ITALIA E’ CHIAMATA A SCEGLIERE SU ACQUA PUBBLICA, NUCLEARE E LEGITTIMO IMPEDIMENTO

Domenica 12 giugno e lunedì 13 giugno, si svolgeranno i referendum popolari su 4 quesiti fondamentali che i cittadini italiani, con oltre 1 milione di firme, hanno chiesto di mettere in discussione, dopo le leggi approvate dal Parlamento:

ACQUA / SCHEDA ROSSA

1 – si chiede se abrogare l’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008 che favorisce la privatizzazione del servizio idrico

 

2 – si chiede se abrogare il comma 1 dell’art. 154 del D.L. n° 152/2006 che autorizza il gestore dell’acqua ad ottenere dei profitti garantiti sulla tariffa, caricando la bolletta dei cittadini di un 7% in più senza un collegamento a logiche di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio

NUCLEARE / SCHEDA GRIGIA  

3 – si chiede l’abrogazione del decreto 112 del 2008 nel quale si prevede di tornare a costruire centrali nucleari per la produzione di energia elettrica e nel quadro di provvedimenti per lo sviluppo economico

LEGITTIMO IMPEDIMENTO/ SCHEDA VERDE

4 – si chiede l’abrogazione di alcuni articoli della L.51 del 2010 che stabiliscono la possibilità per le alte cariche dello stato a non comparire in udienza penale, stabilendo così l’impunità di alcuni cittadini rispetto al resto del paese

Al di la di una spiegazione approfondita dei quesiti scritti in politichese e pieni di riferimenti ad articoli e commi di legge, per la quale si rimanda ai molti siti che  sostengono le ragioni del SI o quelle del NO, la nostra Associazione vuole ribadire l’importanza dell’atto stesso della partecipazione referendaria.

Le schede sono 4 e non vanno sovrapposte, pena l’annullamento del voto.  Bisogna avere scheda elettorale e documento di identità.

Ma soprattutto bisogna andare in tanti e portare più persone possibile, perché, indipendentemente da opinioni o convinzioni in merito ai temi, bisogna ribadire che gli italiani vogliono esprimersi sulle decisioni che li riguardano e ne hanno tutta la capacità. 

Per il resto, volendo entrare appena appena nel merito, ci sentiamo di riflettere sui quesiti.

Si può vivere senza petrolio, male, ma si può provare.  Se qualcuno però chiude i rubinetti dell’acqua, siamo finiti! Che si studi  il modo perché questo bene sia gestito al meglio e, come dice il geologo Tozzi, non importa se i tubi son rotti e l’acqua ritorna in falda, quel che importa è che la fonte primaria della sopravvivenza della terra sia garantita agli esseri viventi che ne son costituiti in buona parte. 

Sul nucleare basta non fermarsi davanti alla porta della necessità di energia, ma aprirla ed entrare a vedere il mare dei problemi che ha questa forma di produzione di elettricità, dall’approvvigionamento allo smaltimento delle scorie, per capire che tornare a costruire centrali nucleari, non è una soluzione.

Il  “legittimo impedimento” a comparire davanti al giudizio della legge, non dovrebbe essere nemmeno un problema sul nostro tavolo se, chi fa politica, avesse il minimo senso del bene pubblico  anzichè del proprio personale interesse.

Andiamo a votare in tanti e difendiamo i nostri diritti.

31 maggio 2011 – Spostato a questa data l’incontro con Antonio Ingroia

Spostato per impegni di lavoro del magistrato, l’incontro del 25 maggio a Stienta.
Antonio Ingroia sarà, invece, a presentare il proprio libro sulla mafia e i suoi condizionamenti il martedì successivo.

La mafia è dappertutto e, soprattutto, fa scuola e rete nel mondo intero. Le forze dell’ordine mettono a segno colpi importanti all’organizzazione che , però, si rigenera continuamente e tenta di incidere sulle strutture stesse della nostra democrazia per avere sempre più  campo libero.

Per questo il magistrato è sceso in piazza a difesa della Costituzione e alle polemiche che ne sono seguite il dott. Ingroia ha risposto con un’intervista a Repubblica nella quale ha affermato:

“Non vedo nulla di strano che un magistrato partecipi ad una manifestazione e dica la sua su un progetto di riforma costituzionale della giustizia. La magistratura non vuole sostituirsi al potere legislativo ma nel rispetto del potere legislativo un magistrato può esprimere il suo punto di vista tecnico su scelte che rischiano di essere uno strappo rispetto ai principi fondanti dell’assetto costituzionale della giustizia e ai diritti fondamentali dei cittadini».

Per il magistrato siciliano, molti italiani sono «vittime di una disinformazione massiccia», simile a quella che vent’anni fa «attaccò Paolo Borsellino quando fece una denuncia pubblica sul calo di tensione nella lotta alla mafia». Secondo Ingroia, in quel caso, si trattava di «una denuncia che investiva contemporaneamente la politica e la magistratura. L’attacco fu non sui contenuti ma direttamente alla sua persona. Oggi vedo la stessa intolleranza, con uno spiegamento di uomini e mezzi molto piu’ massiccio».

 

25 maggio 2011 – Nel labirinto degli Dei

Nel labirinto degli dei è l’ultimo libro scritto dal Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che “Il Fiume” avrà il piacere di presentare, con l’aiuto dell’autore, mercoledì 25 maggio al teatro Jubilaeum a Stienta.

Si tratta, non di un “libro di storia” ma di un libro “di storie”, tratte dalla sua esperienza personale e professionale come magistrato. Nel primo capitolo del libro, intitolato Il caso e la necessità, Antonio Ingroia racconta della sua formazione e di come sia nato in lui l’interesse per la mafia, in giovanissima età, leggendo alcuni scritti di Leonardo Sciascia e guardando i film tratti dalle sue opere.

Nel libro  il magistrato racconta dei suoi studi presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo e del suo interesse per l’antimafia, che lo mette in contatto con il Centro siciliano di documentazione dedicato a Peppino Impastato. Qui, poi, l’incontro con alcuni magistrati, lo spinge a dedicarsi all’antimafia in modo professionale, decisione che, qualche anno dopo, lo porta sulla strada dei due grandi magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: il primo, in particolare, al momento del suo tirocinio come uditore giudiziario; il secondo quando, al momento della scelta del suo primo incarico, decide di affiancare Paolo Borsellino, come sostituto procuratore a Marsala.

Antonio Ingroia si racconta e attraverso se stesso parla della nostra storia, approfondendo alcuni eventi legati alla sua vita professionale.

Il libro, quindi, parla di uno dei periodi più oscuri dell’Italia in generale, e della Sicilia, narrando eventi che affondano le loro radici nel passato più o meno recente e nei fatti di cronaca che hanno per protagonisti pentiti, mafiosi e politici. Scopo del libro, come spiega lo stesso autore, è quello di svolgere un esercizio di memoria insieme ai lettori, al fine di andare oltre le “chiacchiere urlate” in tv, per riappropriarci del nostro passato e per “ritornare ai fatti, richiamare al terreno concreto della realtà”.

A proposito dell’assassinio di Vittorio Arrigoni attivista per i diritti della Palestina

bologna

L’associazione Il Fiume ha legami profondi con le tematiche della pace, della legalità, dei diritti dei più deboli, della shoah e della questione Mediorientale.

La vicenda dell’assassinio di Vittorio Arrigoni, attivista pro Palestina, ha scosso noi come tutto il mondo del pacifismo e abbiamo letto tante opinioni e tante posizioni, pro o contro la sua persona ma anche pro o contro Israele e la Palestina.

Premesso che la semplificazione non giova alla complessità della situazione, ci è sembrato molto bello il pensiero di Edgar Keret, uno dei giovani scrittori israeliani più promettenti che nei suoi romanzi e racconti ben esprime il senso di incertezza del futuro che rende la vita in Israele e in Palestina quasi surreale, senz’altro drammatica.

Keret era a Venezia in occasione del festival letterario “Incontri di civiltà” e ha rilasciato al Corriere della Sera la dichiarazione che riportiamo integralmente perchè ci sembra degna di essere divulgata.


 

 

La notizia dell’ omicidio di Vittorio Arrigoni mi è giunta improvvisamente mentre mi trovo impegnato nel festival letterario a Venezia, che verte sul tema a dir poco ambizioso degli «incontri di civiltà».

Riguardo agli esecutori materiali del delitto, è impossibile penetrare nella mente di un gruppo di persone capaci di uccidere a sangue freddo un pacifista che era venuto ad aiutare il loro stesso popolo.

Ancor più difficile farlo, quando ci si trova nella splendida cornice di Venezia.

La madre di Vittorio Arrigoni ha chiesto che il corpo del figlio venga riportato in Italia senza passare da Israele, perché l’ attivista aveva combattuto tutta la vita contro lo Stato ebraico.

Il suo gesto, è stato detto, è simbolico. E difatti incarna un simbolo potente.

È il simbolo della deprimente radicalizzazione della regione in cui vivo e si traduce nell’ intransigenza di Israele, che occupa da più di quarant’ anni i territori palestinesi; nell’ intransigenza degli assassini fondamentalisti islamici che le hanno ucciso il figlio e nell’ intransigenza del gesto della madre.

Un gesto che, nel voler distinguere il bene dal male, nega completamente la possibilità di qualsiasi ambiguità e di ogni sfumatura di grigio.

La terra di Israele è forse tanto empia da non poter essere attraversata da un morto? E i suoi abitanti sono forse tanto abbietti che il loro semplice contatto rischia di profanare quel corpo?

Sarà forse la negazione dell’ esistenza di Israele e dei sette milioni di ebrei e musulmani che vi abitano ad accelerare quel processo di pace e quella liberazione per la quale il figlio aveva varcato i mari e combattuto per tutta la sua vita?

Mi auguro che Vittorio Arrigoni sia stato più pro palestinese che anti israeliano. Eppure, anziché incarnare un gesto di compassione e di umanità verso il popolo che aveva voluto aiutare, il suo ultimo viaggio diventa simbolo dell’ odio e del rifiuto verso coloro che considerava nemici.

E se questo è quanto la mia regione sa offrire in memoria di un pacifista assassinato, quali possono essere le speranze per una pace futura? 
Keret Etgar
(Traduzione di Rita Baldassarre)  “corriere della sera” 17/04/2011


 

Costituzione della Repubblica Italiana – Disposizione transitoria XII

l'ultima pagina della Costituzione

Sei sono i Titoli della Costituzione Italiana, e 139 i suoi Articoli.
Poi troviamo le Disposizioni Transitorie e finali che sono 18, alla fine le firme di Enrico de Nicola, Umberto Terracini e Alcide De Gasperi, la data è 27 dicembre del 1947.

Oltre a queste firme va ricordata la composizione dell’Assemblea Costituente, il fior fiore delle forze politiche di schieramenti diversi, unite nella comune opposizione ad una dittatura, il fascismo, che aveva decretato la distruzione del paese con l’entrata nella seconda guerra mondiale.

La Costituzione ebbe il compito di tracciare le linee guida per l’ordinamento dello Stato, in modo da scongiurare il più possibile la tentazione di governi autoritari, affidando al Parlamento l’esercizio delle principali funzioni democratiche.

Per quanto, oggi, la pratica metta in secondo piano la dinamica democratica e tenda a forzare le prerogative del Parlamento, c’è la Disposizione Transitoria n. XII che recita:

“E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”

Lo scorso 29 marzo a firma dei senatori del Pdl Cristiano De Eccher, Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e del senatore Fli Egidio Digilio (poi ritiratosi) è stato presentato un DDL Costituzionale volto ad abolire questa disposizione, nonché il reato di apologia del fascismo.

Firme illustri le prime che abbiamo citato, di persone che avevano combattuto e rischiato la loro vita nella lotta di resistenza al nazifascismo. 

Firme di qualche politico dell’ultima ora, le seconde.  Politici della Seconda Repubblica, che corrono l’unico rischio non essere rieletti alla prossima tornata elettorale.

E sulle motivazioni?  Meglio non indagare perché, abbiam capito che i treni partivano in orario, che le paludi sono state bonificate, e che la storia è diversa a seconda della prospettiva da cui la guardi, ma non possiamo privilegiare la prospettiva di chi ha preso il potere con la violenza, in un momento di latitanza della politica e dello Stato, con conseguenze gravissime per il paese e per il mondo.

Non può essere la fortuna o la sfortuna a decretare la bontà di un sistema politico, ma l’oggettività della sua azione, così il fascismo non sarebbe stato positivo se solo la Germania avesse vinto la guerra!

Non si cancellano i crimini della storia, certo si può relativizzarli, ma la sostanza resta e nel caso dell’esperienza dell’Italia fascista, il peso è di quelli che curvano le spalle e che ancora oggi ci fanno tenere la faccia a terra, incapaci di essere guida di un’Europa che arranca.

Terremo alta la guardia e sottolineeremo i nomi dei firmatari del decreto, in attesa di trovarli e contrastarli, nelle liste di chi si propone come portavoce dei diritti dei cittadini e del progresso della Nazione.

 

wendy di paoli

                                    Università di Bologna, concorso fotografico “Scatti di Democrazia”
                                                             Wendy De Paoli “Non sempre”