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Si ha democrazia quando il popolo può controllare l’operato del governo: accetterò il controllo del popolo, ho bisogno dell’energia del popolo, voglio ascoltare la voce del popolo.
Aung San Suu Kyi, 14 novembre

30 ottobre 2021 – PARLAR DI GUERRA NON E’ MAI ABBASTANZA

Rovigo e Villadose sono stata una bella doppietta di approfondimento della storia del confine orientale. Del resto i nostri affezionati sono abituati a farlo da anni con i migliori storici sulla piazza. Tra i più giovani Alessandro Cattunar, Federico Tenca Montini ed Eric Gobetti, ma con noi ne ha parlato più volte anche il grande professor Boris Pahor (107 e non li dimostra!).

Sentirsi dare del negazionista come è successo ad Eric Gobetti, di questi tempi è facile.

In questi ultimi tragici dieci anni le parti si sono invertite, non è più un tabù dirsi fascisti e invece sembra quasi una vergogna festeggiare la liberazione dal nazi-fascismo.

Gli storici per fortuna vanno oltre, studiano i documenti, raccolgono le testimonianze, le classificano e le confrontano. Gli storici sanno distinguere ciò che accade realmente  dalla partecipazione emotiva mentre  quando si dice “foibe” chi ha interesse a nascondere le vicende, gioca sulla crudeltà e sull’orrore mistificando i fatti e amplificando i numeri.

Le atrocità di una guerra durata vent’anni nelle terre di confine non hanno bisogno di essere amplificate, raccontate sì ed è questo che in sintesi fa il libro “e allora le foibe” tracciando un percorso divulgativo con precisi riferimenti bibliografici.

L’esodo poi va ugualmente raccontato senza mescolarlo con le foibe perché i due fatti non sono strettamente collegati visto che si parla di 1943 e 1945 contro il 1949-54.

La guerra è il male. La guerra rompe tutti i freni alla violenza primordiale dell’uomo e scompagina gli schemi che nei secoli hanno garantito la convivenza civile.

Ne abbiamo parlato con Nico Piro, inviato di guerra di Rai 3 a proposito dell’Afghanistan nella serata interessante e coinvolgente tenutasi al Forum San Martino nella cittadina veneta di San Martino di Venezze con la collaborazione della nuova Amministrazione Comunale e degli amici del gruppo Emergency di Rovigo rappresentati da Gabriele Casarin.

Nico Piro ha presentato il suo documentario “Un ospedale in guerra”, in cui ha raccontato le condizioni in cui si trova ad operare l’ospedale di Emergency a Kabul, mettendo in risalto il prezioso lavoro di Gino Strada, morto il 13 agosto, e del suo staff.

Il documentario è stata l’occasione per conoscere ancor più il grande lavoro dei medici e infermieri di Emergency, per poi riflettere sul ruolo che hanno giocato e giocano tutt’ora gli attori della politica internazionale, a partire dagli americani e dalla loro fallimentare gestione ventennale del paese, ma senza risparmiare critiche al governo italiano e non solo, che ha speso miliardi per impiegare contingenti militari nel paese asiatico senza risolvere i problemi della popolazione.

Una serata quest’ultima che si aggiunge e completa, attualizzandola, quella di Rovigo e Villadose e che getta un a speranza contraddistinta oggi dai tre segni orizzontali rossi, che porta il nome di Emergency.

 

 

20 gennaio 2021-UN NUOVO PRESIDENTE PER L’AMERICA

Il nuovo Presidente democratico degli Stati Uniti d’America, Joe Biden e la sua vice Kamala Harris si sono insediati oggi a Capitol Hill,  in una splendida giornata di sole che ha reso ancor più bello l’evento.

Dopo quattro anni di presidenza Donald Trump che ha fatto della discriminazione razziale e della menzogna  mediatica il suo pane quotidiano, il nuovo corso porta un vento di speranza per il mondo intero. 

Nel frattempo alla politica si è aggiunto il virus Covid-19 che ci ha calato in una realtà che ancora facciamo fatica a comprendere soprattutto negli esiti che avrà in futuro.  Mesi di pandemia hanno impoverito molte classi sociali e di sicuro alcune categorie economiche ma hanno soprattutto diviso le persone, esasperato gli animi, sfilacciato i rapporti sociali e anche quelli parentali.  Allo slogan fastidioso “andrà tutto bene” non ha fatto seguito un percorso della società civile che sia andato in quel senso. Le conversazioni, per lo più telefoniche o video, si incentrano  su “Come stai” “Sei positivo?” “Hai fatto il secondo tampone?” ecc, quando non si sviluppano attorno alle difficoltà del lavoro che non c’è o che è sfibrante, se si lavora nella sanità.

Le scuole stanno arrancando nella fatica immane di tenere i giovani, soprattutto gli adolescenti, allacciati ad un esile filo che nei casi più difficili  si è già spezzato, dietro le telecamere spente dei telefonini con cui si “marca lezione”, senza parteciparvi realmente.  Tra collegamenti internet intermittenti, mancanza di strumentazione, tempi ridotti di attenzione, interrogazioni con lunghi tempi morti, la quantità di sapere che si trasmette è il 30% di quanto avveniva in presenza. Con qualche eccezione sicuramente, ma la maggioranza de casi segue queste percentuali. 

In questa situazione è difficile parlare di programmi scolastici, figuriamoci di aggiungere contenuti come ci impongono in primis i dettati europei (educazione civica) e in secundis il calendario civile delle nostre memorie.

L’ATTIVITA’ DEL FIUME PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA 2021

In una situazione in cui il distanziamento e la chiusura di teatri ed auditori rende impossibile riunire più persone, se non per necessità, risulta molto difficile per il Fiume seguire la mission che si è data. Diffondere la conoscenza della storia del ‘900 ed in particolare della persecuzione antiebraica in Italia e nel Polesine per noi è portare nei nostri paesi studiosi di grande spessore che trasmettano le conoscenza su questo tema così delicato e purtroppo sempre attuale.     Dall’esperienza di didattica a distanza abbiamo tratto la conclusione che l’incontro in video non ha la valenza di quello in presenza e, inoltre, la mole di appuntamenti Zoom, Meet, Teams… che si sono succeduti in questo annus horribilis nel tentativo di sopperire alla distanza, ha ingenerato una stanchezza proprio in chi dovrebbe fruire maggiormente di questo mezzo. 

Per questo abbiamo declinato molti inviti delle istituzioni che solitamente ci chiedevano di dare il nostro contributo.  Le istituzioni hanno l’obbligo di organizzare “qualcosa” ma noi possiamo anche frenare la nostra corsa e quindi  ne approfitteremo per dare a breve indicazioni su alcuni contributi che nel frattempo hanno visto la luce.

03 agosto 2020 – Corrispondenze afghane

“Oltre ad essere creata dall’uomo(..) la guerra ha anche altre caratteristiche che la rendono unica tra i disastri planetari. Alla guerra ci si abitua, la si trasforma in un fatto normale, si riesce persino a dimenticarla, a non farci caso, come per i gesti ripetuti e quotidiani di una vita ordinaria: camminare, andare in bagno, pettinarsi, scendere le scale, respirare.”

Sono tra le parole con cui Nico Piro, reporter di guerra, di quelli che nella guerra ci mettono il naso per provare ad informarci e a scalfire la nostra indifferenza, inizia il suo libro sulla guerra in Afghanistan.

Una guerra dimenticata, come tutte le guerre in cui non muore nessun soldato italiano, una guerra che ogni giorno fa centinaia di vittime civili ma che vengono considerate “effetti collaterali”.

E’ una guerra in cui il governo italiano investe milioni di euro ma che nel balletto delle cifre dei milioni che chiediamo in prestito per risollevare la nostra economia,  non hanno nessuna risonanza.

Non vogliamo dimenticare nessuna guerra e per questo ne parleremo con Nico Piro venerdì 7 agosto  in due appuntamenti che l’Associazione il Fiume ha organizzato in collaborazione con il Gruppo Emergency di Rovigo.

Per tutti gli interessati sarà possibile incontrare Nico Piro alle ore 17.30 a Rovigo presso la Sala della Gran Guardia, e alle

21.00 a Stienta in Località Zampine nello stand degli incontri presso la Festa del PD

In tutte le sedi dell’incontro saranno applicate le vigenti norme di sicurezza, visibili sull’apposita segnaletica.  Sono a disposizione dispenser per l’igienizzazione delle mani all’ingresso.

E’ obbligatorio presentarsi con autocertificazione compilata e firmata,   reperibile all’ingresso. E’ altresì obbligatorio indossare la mascherina protettiva all’entrata e fino al raggiungimento del posto assegnato; può essere tolta durante l’incontro e reindossata al momento di uscire . Il personale di sala si prenderà cura degli spettatori in fase di entrata, uscita e per ogni spostamento e verrà chiesto di dichiarare nome e cognome con e-mail o numero di telefono all’ingresso.

E’ preferibile, visto il numero contingentato di posti,  telefonare ai numeri  339- 1820970 o   437-2466267 per annunciare la partecipazione

12 ottobre 2018 – ‘SPETA CHE TI RACCONTO”…DI EBREI A ROVIGO SOTTO IL FASCISMO E LA REPUBBLICA SOCIALE

Ebbene si vogliamo raccontare la nostra storia, sempre uguale e sempre diversa.  Uguale come quella di tutti i diritti negati in tempi ed epoche diversi ma nelle stesse forme. Diversa perché ogni famiglia di cui ci siamo occupati nella ricerca sull’internamento libero” degli ebrei stranieri sotto il fascismo, ha una propria storia.

Nell’ambito della Giornata Europea della Cultura Ebraica che ha quest’anno come tema portante lo “story telling” abbiamo voluto raccontare a Rovigo la storia degli Hendel un nutrito nucleo familiare di ebrei jugoslavi fuggiti appena in tempo per non cadere nelle mani dei nazisti che invadevano la Jugoslavia, o  in quelle degli ustascia di Ante Pavelic , fantoccio di Mussolini.

Lo abbiamo fatto in collaborazione con l’associazione culturale Teradamar, con il Centro di Documentazione Polesana e con l’Anpi per provare a sognare insieme che la cultura si possa trasmettere e con essa la giustizia.  “La giustizia deve essere di questo mondo”   scrive Donatella di Cesare  nel libro in cui analizza il pensiero ebraico e l’azione che ne consegue nel segno della tzedakà – la giustizia ebraica – e nell’impegno preso nell’Esodo, «faremo e ascolteremo».

La giustizia non è nella “sacralità della legge” ma nella sua applicazione alla vita dell’uomo e alle sue molte sfaccettature perché  la legge è sacra in quanto data da  Dio   ma è l’uomo a doverla applicare secondo giustizia ossia proporzionando diritti e doveri.

Nei 70 anni dalle leggi razziali e razziste promulgate dal fascismo nel 1938 abbiamo fatto passi avanti ma non siamo immuni da molti passi indietro e per questo dobbiamo coltivare il sogno che conoscere la storia possa servire per correggere gli errori.

Settembre 1938-2018 – Il razzismo in cattedra

Trieste è una citta emblema del ‘900 italiano.

Divisa tra Italia,  Austria e mondo slavo, come terra di confine e importante porto sull’Adriatico è stata contesa tra l’Impero Austro-Ungarico, l’Italia che vinse la prima Guerra Mondiale e la Jugoslavia di Tito che in quelle terre si voleva insediare per diritto del vincitore stavolta della seconda Guerra Mondiale.

La città ha sofferto ogni crisi e cambiamento dei rapporti di forza in campo, così ogni volta che la convivenza tra le sue molte anime si stabilizzava, qualche conflitto finiva per rimettere in discussione quella convivenza.

Voci autorevoli hanno parlato di Trieste e del clima che vi si viveva negli anni tra otto e novecento, uno su tutti Boris Pahor, rappresentante della comunità e della cultura slovena perseguitato da nazisti e fascisti, deportato nei campi di concentramento tedeschi e sopravvissuto tra i più longevi dall’alto dei suoi 105 anni appena compiuti.

Allo scrittore sloveno si deve la descrizione delle violenze del primo fascismo soprattutto in quest’area di confine in cui gli “slavi” furono le prime vittime della nascente dittatura.

Ma a volerla vedere dalla parte degli italiani sono stati gli studenti del “Liceo Petrarca” della città. Nell’ambito di un progetto di alternanza scuola –lavoro hanno condotto una ricerca accurata nell’archivio di Trieste e hanno preparato per il triste anniversario una mostra sulle “leggi Razziali” nella città.

A partire dall’annuncio di Mussolini in Piazza Unità proprio nel settembre del 1938, l’applicazione delle leggi razziali ebbe il suo rapido svolgimento in tutti i settori ed in tutto il paese e i primi ad essere colpiti furono insegnanti e studenti espulsi dalle scuole del regno a partire dall’anno scolastico 1938-39.

Storia, non fantasia. Storia documentata da lettere, decreti, gazzette ufficiali, testimonianze e prime pagine dei giornali dell’epoca.

Proprio una pagina de “Il Piccolo” di Trieste è stata scelta dagli studenti del Liceo Petrarca per sovrapporla all’immagine di ragazze felici cui poi è stato negato il diritto all’istruzione, per il manifesto della mostra patrocinata dal Comune.

La storia purtroppo non soddisfa più la politica, o almeno la politica che amministra oggigiorno, e quindi il sindaco Dipiazza ha sollevato obiezioni sull’opportunità del manifesto ritenuto “troppo forte”(citazione).

Il manifesto è quello che vediamo e lasciamo a tutti voi il giudizio sulla sua forza o debolezza.

La cosa più grave detta dal Sindaco però è l’affermazione secondo cui di fronte alla complessità del ‘900 dovremmo” metterci tutti sull’attenti e chiedere scusa: da una parte e dall’altra”(citazione).

A leggere queste parole si drizzano i capelli perché che scuse dovrebbero chiedere gli ebrei di Trieste e del resto d’Europa ai nazifascisti che li hanno bruciati in Risiera?

Quali scuse signor Sindaco vanno a chi  ha assassinato?

E, inoltre, chi fa “da distributore di benzina” (sempre citazione), i giovani studenti topi d’archivio o altri topi meno nobili che hanno organizzato un raduno neofascista per il 3 novembre in piazza a Trieste?

Dilemmi incredibili del nuovo millennio